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Messaggero di sant'Antonio
Italiani d'Argentina
  
00 0000MARCINELLE 8 AGOSTO ++di Gianni Farina ++


In occasione della  Giornata del Sacrificio del Lavoro Italiano nel Mondo Italia Estera ha deciso di pubblicare l'intervento di Gianni Farina, autorevole membro del CGIE, tenuto al Al Centre Espace Meeting Européen di Charleroi l'8 agosto del 2003 che é di viva attualità

…….Siamo qua a rinnovare memoria e affetto, dolore e riconoscenza per i tanti piccoli grandi uomini che hanno seminato la terra con limpide storie di vita.


Storie che sono dentro noi.
Dentro ogni famiglia e in ogni villaggio di una Italia che non vuole,non deve dimenticare il suo passato.
Il passato di figli suoi che hanno avuto coraggio.
Che hanno travolto i sentimenti, spezzato le radici che li legavano ad una terra avara e matrigna violentata dall’alba al tramonto per carpire la tenue speranza di un futuro più giusto, più umano.


2
Che cosa sei venuto a fare tu , fanciullo lucano , in terra di Francia !
Assunto a noleggio-siamo a fine ottocento-per servire i vetrai della Loira e del Rodano in uno dei mestieri più bestiali e malsani esistenti.
Un negriero che ti estorce gran parte del tuo misero salario e ti costringe persino a mendicare per strada nel giorno del raccoglimento e del riposo.
Che cosa sei venuto a fare tu, giovane ligure , alle saline di Fangousse se non per essere vittima del massacro di Aigues Mortes di un maledetto Agosto 1893.
Vittima , tra decine , della guerra tra i poveri per un misero tozzo di pane.

Mort aux Italiens !
Il grido si alza possente.
Sono i lavoratori francesi scesi a combattere lo
sfruttatore sbagliato, colpevole solo della sua disarmata miseria.


3
Che cosa sei venuto a fare giovane dell’Emilia o dell’agro pontino,veneto ,calabro ,figlio dei monti d’Abruzzo o della misera terra campana se non per fuggire incontro all’ignoto laggiù sul Rio de la Plata o ancor più lontano , nel nuovissimo mondo, in quel Queensland a violentare canneti per carpirne la dolce mistura.
Che cosa sei venuto a fare ?
Non stavi bene lassù o laggiù , tra i tuoi colli o le tue montagne , tra il tuo sole e il tuo mare.
Protagonista ,ognuno di loro,dell’ esodo di massa di cui é assieme ricca e vittima la storia della nostra Patria .
E allora , come affermammo solennemente alla 1° Conferenza degli Italiani nel mondo , insegnamola questa storia nelle scuole della repubblica , recuperiamo quei tanti valori di cui é ricca quella lunga e spesso drammatica vicenda.
Insegnamola nelle scuole ai nostri ragazzi e alle nostre ragazze che si apprestano a vivere la grande avventura dell’Unione dei popoli d’Europa,dell’Unione dei liberi dei diversi e solidali.


4
Insegnamola anche attraverso l’istituzione in ogni regione e provincia italiana dei musei dell’emigrazione.
Se si parte da quel passato recuperando quelle radici, allora si possiamo costruire un sogno : cittadini italiani che vivono in Italia, in Europa e nel mondo offrendo ogni giorno il loro sapere di uomini e donne liberi,tra popoli ,etnie,nazioni libere e uguali.
Liberi come non furono gli « schiavi bianchi » nella agghiacciante descrizione di un giornale italiano di Sao Paolo in Brasile nel novembre del 1892.
Fuggiti dalla miseria allettati dalle promesse degli agenti dell’emigrazione e poi costretti a vendere l’unica loro ricchezza , le braccia da lavoro , a condizioni sovente persino più disumane che in Italia.
Il loro unico conforto , l’opera misericordiosa degli Scalabriniani.
Liberi come non furono i « piccoli vagabondi descritti da Hector Malot addetti,sin nei primi decenni del secolo scorso ai lavori più umili e miserevoli : saltimbanchi , lustrascarpe,spazzacamini,vetrai.

5
Liberi come vollero esseri quei sognatori dell’utopia realizzata,che, raccogliendo l’eredità di Luigi De Negrelli, liberarono le acque del Mediterraneo per congiungerle attraverso il Mar Rosso all’immensità degli oceani.
Liberi come nell’invocazione lirica del « Canto a la Argentina di Rubén Dario.
Liberi come i Matarazzo e i Lunardelli,i Borghi ed i Morganti protagonisti dello sviluppo economico e sociale delle grandi metropoli brasiliane,i Perfetto in Cile,i Pittalunga in Uruguai,i Giannini negli Stati Uniti d’America.
Liberi nei cuori e nelle menti i milioni di anonimi protagonisti delle rimesse verso la patria , la fonte gocciolante del sudore degli onesti a cui si abbeverarono masse di gente italica immiserite in un atavico sottosviluppo.
Liberi come aspiravano ad essere quei nostri emigranti calabri incontrati solo poco più di vent’anni fa in uno dei periodi più bui della storia dell’Argentina moderna in un circolo italiano della capitale attanagliata dalla repressione e dalla violenza totalitaria.

6
L’inno verdiano del dolore -« o mia patria si bella e perduta »- era il loro canto e la loro bandiera.
Quel « Canto dei prigionieri » assunto a simbolo della perduta libertà,senza conoscerne forse l’autore,il grande maestro.
Liberi come i combattenti della libertà che osarano sollevarsi sino al sacrificio contro le tirannidi in ogni parte dell’Europa e del mondo , impersonati tutti dalla straordinaria figura di Giuseppe Garibaldi.
Liberi come i milioni di uomini e di donne costretti ad abbandonare la terra tanto amata in quell’esodo di massa di un dopoguerra figlio di una umiliante sconfitta storica e morale.
Storia del sacrificio italiano nel mondo.
Storia di ieri.
Storia vissuta sulla nostra pelle.


7
Tutti noi , milioni di cittadini italiani hanno ben impresso nella memoria le desolanti scene degli addii.
Quell’andare casa per casa a salutare i parenti, i conoscenti ,i commilitoni con i quali si era vissuta la terribile vicenda della guerra al fronte , o più tardi,sulle montagne, a cercare la via maestra del riscatto e dell’onore.

E poi l’ultimo saluto :
alla sposa,alla fidanzata ,ai figli,alla donna amata.
Da li veniamo .
Da quel sacrificio.
Da quel giuramento nell’attimo dell’arrivederci, o tante,troppe volte,dell’addio : riscattare un destino cinico e baro,costruire con la forza delle tue braccia
un avvenire più giusto per i tuoi cari , per i figli della terra amata.

L’Italia , la nostra Repubblica, é oggi un paese libero e sviluppato nel contesto dei popoli e delle nazioni ,grazie anche e in tanta parte, al realizzarsi di quel giuramento e di quel sogno.


8
La Democrazia italiana é oggi più forte perché i figli di quegli eroi del lavoro e della libertà stanno per entrare nel tempio della sovranità popolare , in quel parlamento repubblicano in cui porteranno la miscela delle intelligenze,la ricchezza dei diversi, i colori dell’universabilità , la forza dei saperi per fare l’Italia ancora più bella e più libera.
Altri assolvono già ad alte funzioni nelle professioni,nelle città , nei parlamenti e nei governi in Europa e nel mondo.
Il quarto stato che riscatta la sua vita costruendo un degno avvenire per tutti.

Abbiamo vissuto combattendo la poverta,l’emarginazione e la solitudine,cosi limpidamente espressa in uno struggente sonetto di Salvatore Quasimodo
« Ognuno sta solo sul cuor della terra
trafitto da un raggio di sole
ed é subito sera »


9
Abbiamo combattuto per i Diritti e i Doveri di ogni persona.
Perché sappiamo che in ogni uomo c’é un cuore che batte,un’anima,un’aspirazione,una speranza.
Ed é per questo che tanti di noi hanno lottato e lottano per sconfiggere gli istinti razzisti e xenofobi di cui noi stessi siamo stati vittime.
Lavoreremo , in Italia ,in Europa e nel mondo, alla costruzione delle unioni dei liberi e dei diversi come solennemente affermato nella costruenda costituzione europea.
Se ci riusciremo, anche il sacrificio degli eroi del lavoro dell’otto Agosto del 1956 al Bois du Cazier, non sarà stato vano.
Sia loro leggera la terra


Gianni Farina,  dal discorso tenuto a Marcinelle l'8 agosto del 2003 




 
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