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26 ott 2006Prodi e moglie spiati 128 volte

Per circa due anni premier e consorte sarebbero stati presi di mira in relazione alla loro posizione tributaria.
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Nella foto il presidente del Consiglio, Romano Prodi, e la moglie Flavia (Infophoto)MILANO, 26 OTT. (Italia Estera) -  Il presidente del Consiglio, Romano Prodi, e sua moglie Flavia Franzoni sarebbero stati oggetto di circa 128 'spiate' relative alla loro posizione tributaria. Per questo sono in corso in tutte le regioni italiane 128 perquisizioni nei confronti di presunti autori degli accessi abusivi. I provvedimenti riguardano, in particolare, impiegati dell'Agenzia delle Entrate, due impiegati alle dogane, una persona in servizio presso il demanio e alcuni militari della Guardia di Finanza. Gli interventi sono condotti dallo Scico della Guardia di Finanza di Roma. Il fenomeno sarebbe durato circa due anni. Gli autori delle 'spiate' sono stati iscritti nel registro degli indagati con l'ipotesi di accesso abusivo al sistema informatico.

Oltre al Professore e alla moglie, erano spiati anche una ventina di altri politici. Sui loro nomi però è calato il top secret degli inquirenti. Tutto quello che si sa è che i politici in questione non appartengono tutti ad una stessa area di riferimento. Ad essere stati spiati sono anche personaggi pubblici e soubrette.

L'indagine è iniziata una ventina di giorni fa con una denuncia presentata dal ministero dell'Economia, lo scorso 29 settembre. Stando a quanto è stato ricostruito fino ad oggi, impiegati civili e militari della Gdf avrebbero fatto interrogazioni capillari approfondite soprattutto attraverso l'anagrafe tributaria a carico di soggetti 'spiati' dei quali si voleva sapere un po' tutto: redditi percepiti, partecipazioni societarie, atti di compravendita, donazioni e altro.

Gli accessi informatici ritenuti illeciti risultano particolarmente frequenti in date specifiche. Si tratta di giornate durante le quali, o immediatamente prima o dopo, sono seguite delle pubblicazioni giornalistiche relative, in particolare, alle donazioni presunte di Romano Prodi ai figli.
Intanto, mentre il viceministro Vincenzo Visco in una nota si è affrettato a precisare che il sistema dell'Anagrafe Tributaria ''presenta condizioni di assoluta sicurezza sull'accesso e sulla consultazione dei dati. Possono accedere e operare sui dati solo soggetti abilitati'', il ministro dell'Interno, Giuliano Amato, lamenta come ''quello dell'accesso alle banche dati e dell'uso che si può fare dei dati in esse contenuti è un problema che abbiamo segnalato da tempo. L'authority per la Privacy si è spesso sbracciata invano. Le nostre vite oggi sono schedate nelle banche dati: in quella dell'Interno, in quella della banca, in quella della Asl, ma il livello di protezione dei dati è spesso equivalente a quello di un colabrodo alle prese con l'acqua''.
Il portavoce del presidente del Consiglio, Silvio Sircana, una dichiarazione diffusa da Palazzo Chigi, sottolinea che ''siamo sconcertati e profondamente turbati per la notizia di controlli abusivi e 'mirati' nei confronti del presidente del Consiglio e della sua famiglia. Vicenda che coinvolge altri personaggi istituzionali e cittadini la cui vita personale sarebbe stata indecentemente setacciata negli ultimi due anni al fine di rilevare irregolarità che, per quanto riguarda il presidente Prodi e sua moglie, si sono rilevati lavoro inutile e, come emerge oggi, controproducente''.
Sircana assicura ''piena fiducia nella magistratura e nel suo lavoro, fiducia che va ribadita anche verso quegli uffici dello Stato coinvolti loro malgrado a causa del comportamento illecito di pochi e indegni loro rappresentanti''.

E se Romano Prodi taglia corto su Silvio Berlusconi, secondo il quale l'inchiesta milanese sullo spionaggio fiscale non costituisce ''un complotto'' nei confronti dell'attuale premier (''Non commento le parole di Berlusconi'' dice il Professore) la vicenda tiene però banco nel 'Palazzo'. Con il centrosinistra compatto che parla di ''fatto gravissimo'' e chiede di accertare subito la verità, puntando il dito contro i ''fini politici'' dietro gli accessi abusivi.
Il segretario dei Ds, Piero Fassino, vuole chiarimenti dal precedente esecutivo. ''Credo che il presidente del Consiglio dell'epoca precedente, Berlusconi, e il ministro dell'Economia precedente da cui dipendevano direttamente i funzionari dell'Agenzia delle Entrate o di altri organismi che sono al centro di questa vicenda debbano rendere conto al Parlamento e al Paese di quello che è successo'' sottolinea il segretario della Quercia.

Chiamato in causa l'ex ministro dell'Economia, Giulio Tremonti, dice che dietro le 'spiate' non c'è stato nessun complotto, ma si è trattato soltanto di un caso di '''guardonismo'. Sono dei 'guardoni fiscali'''. ''Solo un tizio che è alla canna del gas - sostiene - sto parlando del presidente Prodi, può dire che questo è un complotto politico''.

''Sul sistema dell'anagrafe ci sono dati pubblici che non sono inaccessibili. Non conosco il caso - afferma Tremonti - rispetto assolutamente le attività della magistratura, però mi sembra di capire che sono coinvolte centinaia di persone. Francamente questo indica un cattivo uso dello strumento, sanzionabile, che va perseguito, ma francamente escludo la fenomenologia del complotto politico, perché uno che vuole fare il complotto politico non coinvolge 280 persone per avere dei dati che sono pubblici. Se si vogliono avere i dati di un uomo politico si trovano in Parlamento, se si vogliono avere i dati di Prodi fino al 2004 si trovano sul sito dell'Unione europea, i dati del patrimonio e del reddito''.

Anche Paolo Bonaiuti, già portavoce del governo Berlusconi, interviene sulla vicenda con una nota. ''Abbiamo la certezza che sia in atto un tentativo di creare un polverone per distogliere l'attenzione degli italiani dalle difficoltà nelle quali versa l'attuale governo. Nessuno deve permettersi di chiamare in causa il governo precedente'' afferma Bonaiuti chiedendo che ''la magistratura faccia luce su questo episodio e su altri analoghi che stanno emergendo''.

Dal canto suo il leader di An, Gianfranco Fini, ritiene che ''come altre vicende analoghe c'è il dovere per le istituzioni di garantire che sia fatta luce su avvenimenti inquietanti, perché il confine tra Stato democratico e Stato in cui ci sono attività illegali è molto netto e non deve essere superato''.

A chi sostiene che sul caso dovrebbe far luce Silvio Berlusconi, presidente del Consiglio all'epoca dei fatti, Fini replica: ''E' il modo più evidente per buttarla in politica. Eventuali responsabilità penali sono personali e prima di arrivare al presidente del Consiglio ce ne vuole''. ''Non è con le boutade propagandistiche, tipo 'Berlusconi riferisca', che si fa chiarezza su questi aspetti inquietanti. E' una situazione che non fa onore all'Italia. E' nell'interesse di tutti - dice Fini - non strumentalizzare politicamente e punire in modo esemplare i responsabili''.

Per An interviene anche Ignazio La Russa. ''Siamo tutti sotto controllo, Prodi non mi fa tanto pena, non capisco questi piagnistei...'' afferma il capogruppo di Alleanza nazionale alla Camera e aggiunge: ''Poi certo, se c'è qualcuno che ha sbagliato è giusto che paghi''.

Solidale con il Professore è Marco Follini, fondatore dell'Italia di mezzo. ''Un conto sono le difficoltà di Prodi, gli errori del governo e le buone ragioni dell'opposizione - osserva -. Un altro conto, tutt'altro conto, sono i 128 controlli illegali. Su questo argomento il presidente del Consiglio ha diritto alla solidarietà di tutta l'opposizione. Comincio con l'esprimergli la mia''.
Attilio Pisani/Italia Estera




 
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