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26 set 2006CGIE sì o no?

L’editoriale di Marco Basti su Tribuna Italiana

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BUENOS AIRES 7 SET-Tribuna Italiana/Italia Estera - La settimana scorsa si è tenuta la riunione del Comitato di Presidenza del Consiglio Generale degli Italiani all’Estero, preparatoria della seduta plenaria del CGIE, che si riunirà a Roma  tra mercoledì e venerdì della settimana ventura. La riunione della settimana scorsa non ha evitato la polemica che si sta sviluppando da qualche giorno e cioè se dopo l’elezione dei nostri 18 parlamentari, il CGIE ha ancora una ragione di esistere oppure se sia più giusto decidere che il suo tempo è già passato.

 

Al riguardo conviene ricordare che il Consiglio Generale degli Italiani all’Estero nacque nel 1986 come “parlamentino” degli italiani all’estero. Si tratta di un organo di rappresentanza delle  comunità italiane nel mondo, di secondo grado. Ciò significa che non viene eletto direttamente dai cittadini italiani residenti all’estero, ma da una assemblea che si svolge in ognuno dei Paesi che ospitano le comunità italiane più numerose, della quale fanno parte tutti i consiglieri dei Comites del Paese, e un numero quasi pari, di esponenti delle Associazioni rappresentative della comunità, designate dalla sede diplomatica italiana.
In rappresentanza dell’Argentina, sono eletti otto consiglieri al CGIE e dal 1987 quando è stato eletto per la prima volta, il CGIE si è rinnovato quattro volte, l’ultima due anni fa, in coincidenza con il rinnovo dei Comites.
Oltre ai 67 consiglieri eletti dalle comunità all’estero, ci sono 29 consiglieri nominati dal governo, in rappresentanza di partiti, sindacati o enti in qualche modo legati agli italiani all’estero.
Interlocutori del CGIE sono il governo e il Parlamento e tra i compiti del Consiglio, c’è anche l’espressione di un parere obbligatorio, sui capitoli di spesa della Finanziaria, che riguardano gli italiani residenti all’estero.
Tornando alla domanda dell’inizio, il dibattito in corso, che sarà riproposto durante l’assemblea che comincerà il 4 ottobre,  dovrà mettere giù le basi per capire se il CGIE continuerà ad esistere o se sarà cancellato.
Tra chi sostiene la seconda tesi, si afferma che esso diventa una spesa inutile, con spostamenti e alloggi in diverse città dei quattro continenti (ci sono quattro vicesegreterie continentali) per i consiglieri e le loro riunioni continentali e plenarie e che la loro funzione ormai dev’essere assunta dai nuovi parlamentari.
C’è invece chi sostiene che il CGIE, pur se bisogna adeguarlo alla mutata situazione, resta un valido strumento di legame con le comunità, perché si sostiene, tra l’altro, che i parlamentari non hanno nemmeno il tempo materiale per prendere contatto con ognuna delle comunità italiane sparse nel mondo (si pensi a quelle dell’America Meridionale, costituite in ognuno dei grandi Paesi del Sudamerica). Allora i consiglieri del CGIE  dovrebbero diventare efficaci interlocutori dei parlamentari eletti all’estero, in modo da segnalare le attese e le richieste delle varie comunità, ai nostri rappresentanti.
Durante il suo intervento davanti al Cdp del CGIE, il Vice ministro agli Esteri con delega per gli italiani nel mondo, Franco Danieli, non si è manifestato in modo netto sull’argomento, manifestando però che dovrebbe essere riformato.
Netta invece la posizione a difesa del Consiglio di Franco Narducci che da tre periodi è il suo segretario generale: E’ evidente - ha detto Narducci dopo aver sottolineato che Comites, Cgie e parlamentari eletti all’estero dovranno interagire fra di loro secondo compiti precisi - che il Consiglio generale degli italiani all’estero, che negli ultimi anni ha operato svolgendo mansioni consultive, programmatiche, di indagine e di proposta legislativa, è un organismo importante che deve continuare ad esercitare il ruolo che ha portato avanti sinora". Un nuovo Cgie - quello ipotizzato dal segretario generale - rappresentativo di tutte le collettività, aperto all’associazionismo, alleggerito nel numero dei consiglieri, in rapporti più stretti con i Comites e forse eletto direttamente dagli italiani all’estero.
E nella nostra comunità, quale è la posizione?
La domanda è aperta a tutti. Si ricevono interventi.
Marco Basti-Tribuna Italiana/Italia Estera

 



 
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