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07 set 2006Mentre continuano a passare i giorni. A quando il trasferimento del Consolato generale di Buenos Aires nella nuova sede?

L’editoriale di Marco Basti su Tribuna Italiana
-
BUENOS AIRES 7 SET-Tribuna Italiana/Italia Estera - Siamo già a settembre, fra poco arriverà la primavera e con essa  giornate più miti. Una buona notizia per tanti connazionali che ogni mattina, molto prima che si aprano le porte del Consolato generale d’Italia a Buenos Aires, sono costretti a fare le file quando il sole appena si fa intravedere e quando il freddo è ancora intenso. Una buona notizia che ci porta la nuova stagione - speriamo che effettivamente cominci ad aumentare la temperatura - visto che dall’Italia non arriva nemmeno l’eco lontana di qualche decisione che faccia presagire l’avvio del trasloco alla nuova - ormai non tanto - sede consolare.
Infatti, chi con ansia attende l’inaugurazione della sede di via Reconquista, non può fare a meno di notare che, mentre nel vecchio palazzo di via Marcelo T. de Alvear continuano ad esserci le file, l’attesa, i malumori e la confusione all’inizio di ogni mattina, il nuovo palazzo, più grande, più comodo, più accogliente, più moderno, rimane in attesa, come se fosse lo sposo che attende la sposa davanti all’altare. Il prete è pronto, la chiesa è tutta infiorata, ognuno veste gli abiti migliori, c’è anche la gente fuori che aspetta, ma la sposa non si decide ad arrivare.
Lo stesso vale per la nuova sede consolare. Ormai non si vedono più operai al lavoro, i lavori di restauro o adeguamento sembrano finiti, è già tutto pulito e dietro alle porte ci sono le guardie. Ma del trasferimento nel nuovo edificio non ci sono notizie.
Che cosa manca ancora? Ci sono lavori da fare? Manca qualche firma di qualche funzionario romano? Ci vuole una visita ufficiale per l’inaugurazione definitiva (perché di inaugurazioni sono già state fatte tre)?
Quale è la ragione per la quale un palazzo di otto piani acquistato quattro anni fa per diventare la nuova, necessaria sede del Consolato generale d’Italia a Buenos Aires, dopo che i lunghi lavori di adeguamento sembrano essere stati conclusi, non viene abilitato, utilizzato e reso disponibile per consentire ai nostri connazionali, almeno, di non dover fare la fila fuori dalla sede consolare? Perché viene rinviata la decisione di un trasloco che consentirebbe almeno, di non continuare a dare l’immagine di consolato di Paese di terzo mondo o, come fu descritto perfettamente dall’ex ministro Tremaglia, indegno di un Paese civile?
Non lo sappiamo con certezza, ma supponiamo che i diplomatici italiani in Argentina, hanno tutto l’interesse a fare il trasloco e ad avviare il trasferimento verso la nuova sede. La vergogna che proviamo noi quando vediamo le file,  dev’essere uguale a quella che sentono loro. Inoltre, per quanto riguarda specificamente chi lavora in quel palazzo assediato che è  la sede di Marcelo T. de Alvear, diplomatici, funzionari o impiegati, non potrà che vivere come una liberazione il trasferimento verso il palazzo di via Reconquista. Per il Console generale Vigo, che sta per concludere la sua missione, non potrebbe esserci un finale migliore che il taglio dei nastri - per la volta buona - dell’inaugurazione della nuova sede.
Qual è allora il motivo per il quale non è stato fatto ancora il trasferimento?
Sarà che il governo è tanto impegnato con l’emergenza immigrati che non ha il tempo di pensare agli italiani all’estero nemmeno per autorizzare il trasloco verso una sede già pronta? Sarà che quella sede potrebbe essere troppo grande per la quantità di personale che pensano di assegnarle? Forse il governo spera di includere le spese del trasferimento nella prossima Finanziaria, facendo trascorrere qualche mese in più, tanto, chi li vede gli anziani italiani di qui in fila davanti al Consolato? Infatti, l’immagine con cui abitualmente Rai International presenta la nostra comunità, la sua determinante presenza più che centenaria, la quantità di cittadini qui residenti, la attivissima partecipazione al voto, è  quella della fila davanti al Consolato. Ma Rai International la vediamo solo noi italiani residenti all’estero. Le immagini degli immigrati clandestini in Sicilia invece si possono vedere in ogni tg e in tutti i quotidiani.
Non si tratta certo di mettere a confronto le tragedie dei disgraziati portati dalla disperazione a tentare la via dell’immigrazione illegale, con i drammi dei cittadini italiani che furono costretti a emigrare - rispettando però ognuna delle leggi di espatrio e di immigrazione sia italiane che argentine - che oggi devono fare una pratica al Consolato. Si tratta invece di reclamare che lo Stato italiano riconosca ai suoi cittadini residenti all’estero, la stessa dignità umana che lo obbliga a soccorrere gli immigrati illegali che giungono alle sue coste. Non è che gli anziani italiani che sono costretti a fare le file siano in pericolo di morte come i clandestini, o per lo meno -  pensando ai rischi di viaggiare nel Gran Buenos Aires quando è ancora buio e al freddo e alle lunghe attese e alle tensioni che sopportano fino a che riescono a presentare le carte ai banconi - non lo sono in un grado tanto elevato come quelli che attraversano il mare in imbarcazioni di fortuna. Ma la loro dignità umana è la stessa. Se poi vogliamo parlare dei loro diritti come cittadini...
C’è da augurarsi quindi che le autorità diplomatiche e consolari insistano presso i responsabili della Farnesina e questi, se necessario, presso i massimi responsabili del governo. Che il Comites di Buenos Aires, come organo di rappresentanza eletto col voto democratico dagli italiani della Circoscrizione, insista presso le autorità consolari per ottenere concrete risposte. E che i nostri parlamentari si facciano sentire, protestando pubblicamente, visto che le richieste personalmente che sicuramente hanno presentato a chi di dovere, sembrano rimaste inascoltate.
L’interrogazione parlamentare, come ha spiegato giorni fa l’on. Merlo, è un buon strumento per ottenere risposte concrete dai responsabili del governo. Speriamo che le presentino, che queste risposte arrivino o che il trasferimento avvenga fra poco, e quindi che non sia necessaria l’interrogazione.
Ma lo sposo non può continuare ad aspettare per tutta la vita. O gli sposi, visto che la situazione del Consolato in Buenos Aires si ripete in altre sedi, come a Rosario, a Lomas de Zamora, ecc. Dove fra l’altro non c’è nemmeno la prospettiva di una sposa. Leggasi nuova sede consolare.  
Marco Basti-Tribuna Italiana/Italia Estera



 
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