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19 feb 2006Lutto nazionale in Libia per i morti di Bengasi

BENGASI, 19 FEB.(Italia Estera) -  Oggi, in Libia, è giorno di lutto nazionale. Si commemorano i  "Martiri" come ha definito il parlamento libico gli undici morti e i trentacinque feriti degli scontri di due giorni fa a Bengasi , una bellissima cittadina sul mare Mediterraneo nel golfo della Sirte a 1000 chilometri da Tripoli, durante una manifestazione di protesta davanti al consolato italiano.
. Intanto la tensione rimane alta, anche se gli scontri, a Bengasi, sono stati sedati. I familiari delle vittime, insieme ad altri manifestanti, si sono riuniti ieri per protestare davanti al consolato italiano. Ma stavolta, dopo la strage di venerdì, la polizia libica ha controllato a distanza, evitando di intervenire.
 I vertici delle forze di sicurezza sono sotto accusa, per quello che è successo. Il ministro dell'interno è stato sospeso, proprio nelle stesse ore in cui in Italia si dimetteva il ministro Calderoli: "uso smodato della forza", ha definito il parlamento libico la repressione nel sangue di venerdì davanti al consolato italiano.
Il presidente del consiglio Berlusconi ha parlato a lungo al telefono con il leader libico Muhammar Gheddafi. Ha espresso profondo dolore per le vittime di Bengasi e lo ha ringraziato per l'intervento delle forze di sicurezza che ha consentito di portare in luogo sicuro il personale del consolato italiano.
Anche Romano Prodi ha parlato con Gheddafi: "L'unica via percorribile è quella del dialogo, del confronto e della reciproca comprensione", ha detto il leader dell'Unione. Ma le violenze scatenate dalle vignette satiriche su Maometto sono proseguite anche ieri in varie parti del mondo: gli incidenti più gravi in Nigeria, dove negli scontri con la polizia sono morte sedici persone: i manifestanti hanno attaccato negozi gestiti da cristiani saccheggiandoli e dandoli poi alle fiamme.
. Se in Libia si cerca di riportare la situazione alla calma, con l'Italia politicamente il caso sembra chiuso. Ed è di poco fa una dichiarazione del nostro vicepremier e ministro degli Esteri Gianfranco Fini intervistato a ‘Telecamere’: ''Non ci sono motivi per pensare che i rapporti con la Libia siano destinati a peggiorare''. Fini è convinto che il rapporto tra l'Italia e la Libia, dopo i fatti di Bengasi, non siano destinati a modificarsi. ''Certo -ha concluso il titolare della Farnesina- bisogna riannodare i fili del dialogo non solo con la Libia, ma con tutti i Paesi del Medio Oriente''.
E nel pomeriggio  il ministro degli Esteri Gianfranco Fini, intervistato da Lucia Annunziata su Rai 3 alla trasmissione In mezz'ora ha puntualizzato che "Il nemico non è la Libia, ma l'integralismo e il fanatismo che rischiano di alimentare lo scontro fra civiltà ".  Secondo il vicepremier "vi è chi sta alimentando lo scontro di civiltà. Molte delle manifestazioni che si registrano non sono spontanee, c'é una regia, ci sono i gruppi terroristici, c'é al Qaida. In alcuni casi, non abbiamo le prove, ci sono gli Stati: quello che sta accadendo in Siria, in Iran, non è immaginabile senza il consenso delle autorità" Fini ha sottolineato, invece, che con il regime di Gheddafi "c'é collaborazione non solo economica, ma soprattutto per la lotta all'immigrazione clandestina. Se non ci fosse questa collaborazione il rischio sarebbe più grave".
La radicale Emma Bonino, invece, intervistata dal Corriere della Sera ha detto che il "rammarico" di Gheddafi per la strage di Bengasi "suona un pochino in malafede, per non parlare della sospensione del ministro degli Interni", "A Bengasi, come è successo per altro in Iran e Siria, non si muove foglia che il regime non voglia". E Tripoli, aggiunge, "ha soffiato sul fuoco da subito".   "Attratti dal gas e dal petrolio libici - sostiene - abbiamo pensato agli affari e non ai diritti negati. Mai una volta noi italiani abbiamo sollevato interrogativi sulle 'stranezze' del regime", conclude Bonino.
Ieri l’ambasciatore italiano a Tripoli Francesco Trupiano è stato ricevuto dal Vice Ministro degli Esteri libico Al Obeidi, in assenza del Ministro Shalgam che si trova fuori Tripoli.
Il Vice Ministro, ex Ambasciatore libico a Roma, Al Obeidi ha ribadito la ferma condanna del suo Governo agli avvenimenti di ieri rivolti contro un Paese amico come l' Italia, assicurando che le autorità di polizia libiche hanno avviato le indagini per individuare i responsabili e hanno già effettuato degli arresti.
Il Vice Ministro degli esteri libico ha assicurato al nostro Ambasciatore l'impegno del Governo e delle Autorità del suo Paese ad adoperarsi in tutti i modi per garantire la necessaria sicurezza tanto alle sedi diplomatiche e consolari italiane ed al loro personale quanto a tutta la collettività italiana residente nel Paese.
I due interlocutori hanno condiviso il loro profondo rammarico per la perdita di vite umane, concordando pienamente nel ritenere che i tragici eventi di ieri non devono comportare alcuna ripercussione sulle relazioni bilaterali.
 
Undici libici morti e 25 feriti, venerdì, a Bendasi per una protesta contro l'iniziativa del ministro italiano per le Riforme, Roberto Calderoli, di indossare nei giorni scorsi una maglietta anti Islam sulla quale era stampata una delle vignette satiriche su Maometto.
Il presidente del Consiglio Berlusconi si è detto totalmente in disaccordo con l'iniziativa di Calderoli, e ha chiesto le immediate dimissioni del ministro leghista.  Ad assaltare il consolato, secondo quanto ha detto il console generale Giovanni Pirrello, raggiunto telefonicamente nell'edificio dove era stato portato dalla polizia assieme alla moglie e agli altri dipendenti, sono state "un migliaio" di persone: le forze dell'ordine, una sessantina di agenti, sono state praticamente travolte e non sono riuscite a contenere la protesta. 
 
All'interno del consolato nel corso dei disordini c’era solo un addetto, l'italo-portoghese Antonio Simoeshgon Calves : "Stanno cercando di sfondare la porta. Potrebbero entrare da un momento all'altro. Arrivano da tutte le parti, come i funghi", ha raccontato Calves, nel corso di un drammatico collegamento telefonico con Sky Tv. "Sono dovuto rimanere - ha spiegato Calves - per cercare di evitare che i dimostranti entrino. Se me ne fossi andato anch'io, nessuno avrebbe sbarrato le porte da dentro, sarebbero già entrati e avrebbero fatto a pezzi tutto".
In serata, attorno al Consolato Generale la folla si è riunita nuovamente. La polizia libica è però riuscita a disperderla. "La calma è tornata in tarda serata e il consolato è presidiato dalle forze dell'ordine" ha detto un portavoce dell'ambasciata italiana a Tripoli.
La condanna delle autorità libiche. Un comunicato delle autorità della città di Bengasi, ripreso dall'agenzia libica Jana, "denuncia energicamente gli atti irresponsabili di quelle persone, che non esprime la moralità del popolo libico ed il suo comportamento civile e la sua fermezza nei confronti delle offese cui sono sottoposti l'Islam ed i musulmani, sia che si tratti di ciò che è stato pubblicato dalla stampa danese, o di ciò che è stato dichiarato dal ministro italiano per le Riforme".  Comunque l'ambasciatore italiano a Tripoli, Francesco Paolo Trupiano, ha escluso inizialmente che la protesta scoppiata a Bengasi sia stata innescata dall'iniziativa di Calderoli. Secondo il diplomatico, la manifestazione è partita da un sermone del venerdì "contro la pubblicazione delle vignette satiriche su Maometto". "Ma non escludo che altri fattori a noi vicini abbiano potuto influire", ha detto in seguito Trupiano. Nella tarda serata di due giorni fa Berlusconi si riuniva a Palazzo Chigi con il il vicepresidente del consiglio e ministro degli Esteri Gianfranco Fini e il sottosegretario alla presidenza del consiglio Gianni Letta, per seguire l'evolversi della situazione a Bengasi.
Ed ieri il ministro per le Riforme, Roberto Calderoli, si dimetteva . Una decisione presa al termine di un vertice a Gemonio con il Senatur Umberto Bossi e il ministro del Welfare Roberto Maroni. ''Lascio per senso di responsabilità e non certo perche' sollecitato da maggioranza e opposizione", ha detto l'esponente leghista in un comunicato, in cui non rinuncia ad esprimere preoccupazione per ''il vero e proprio attacco che c'è in questo momento contro l'Occidente''. Carlderoli lascia l'incarico  nel mezzo di una giornata frenetica e convulsa dopo i morti per la protesta anti-italiana in Libia, scatenata proprio dalla maglietta anti-Islam indossata e che il ministro ha mostrata alla tv.
 ''Questo vero e proprio attacco all'Occidente - dice  Calderoni - mi preoccupa molto e dovrebbe preoccupare tutti coloro che hanno responsabilita' di governare il pacifico vivere tra culture diverse. Nei giorni scorsi ho espresso a modo mio la solidarieta' a tutti coloro che sono stati colpiti dalla cieca violenza del fanatismo religioso e per questo io e la Lega Nord siamo finiti sul banco degli imputati''.
''Ma non e' mai stata mia intenzione - aggiunge il responsabile delle segreterie nazionali leghiste - quella di offendere la religione musulmana ne' di essere di pretesto alla violenza di ieri''. In ogni caso l'ex titolare delle Riforme ci tiene a precisare che non intende ''rinunciare alla battaglia per affermare i valori in cui credo, quelli che mi hanno tramandato i miei genitori e i miei nonni, vale a dire gli insegnamenti della religione cristiana e di essere un uomo libero''. Da qui la richiesta alla Cdl affinché ponga ''al primo punto del programma il riconoscimento delle radici cristiane della millenaria storia dell'Europa, che devono prevalere su ogni forma di interesse economico che non tenga presenti i diritti e la liberta' dei popoli''.
Il pressing sull'esponente del Carroccio era iniziato nel corso della notte seguita all'assalto al consolato italiano in Libia. Da entrambi i Poli era arrivata unanime la richiesta di dimissioni. In prima fila il ministro degli Esteri Gianfranco Fini che le ha definite ''doverose''. Nel pomeriggio il titolare della Farnesina si è recato alla Moschea di Roma per una visita altamente ''simbolica'', ''a significare che non solo il governo italiano ma la maggioranza del popolo italiano partono dal presupposto che il reciproco dovere e' quello del rispetto''. Per Fini, però, la ''provocazione'' di Calderoli non incide sull'alleanza politica con la Lega. ''Non fa venire meno, per quello che mi riguarda, - puntualizza - la possibilita' di governare con la Lega. Sempre che gli italiani ci diano la maggioranza... ''.
Anche il presidente del Senato Marcello Pera è convinto che l'addio di Calderoli sia ''un atto finalmente di responsabilita', dopo un comportamento che ho giudicato inaccettabile''.

refrech ore 20,00




 
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