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31 mar 2006ECUADOR: Continua la resistenza contro il Trattato di libero commercio andino


Di Tancredi Tarantino e Cristiano Morsolin
 
QUITO, 31 mar  (Selvas/Italia Estera) - Si riaccende il dibattito sulla firma del Trattato di libero commercio andino (TLC) in Ecuador. In assemblea straordinaria, si riuniranno oggi 250 dirigenti della CONAIE, la principale confederazione di organizzazioni indigene del Paese, per discutere sull’opportunità o meno di riprendere le proteste che di recente e per due settimane, hanno paralizzato, da nord a sud, l’Ecuador andino.
Questa volta, però, le popolazioni indigene intendono andare fino in fondo: chiedono che venga convocata una Assemblea Costituente, che possa rifondare uno Stato disgregato da anni di instabilità politica, preannunciando una sollevazione popolare, un levantamiento, che non avrebbe di mira soltanto le negoziazioni per il libero commercio ma lo stesso presidente Alfredo Palacio, accusato di avere tradito le aspettative di quel movimento dei forajidos che, nell’aprile dello scorso anno, lo aveva portato al potere dopo aver costretto alla fuga l’ex colonnello Lucio Gutierrez.
Da parte sua, Palacio si è riunito ieri con i vertici delle Forze Armate per prendere le contromisure che, secondo quanto denunciato da El Commercio, il più autorevole quotidiano del piccolo Paese andino, potrebbero prevedere anche l’intervento dell’esercito per impedire lo svolgimento dell’assemblea straordinaria della CONAIE. Per tale ragione, i vertici della confederazione indigena mantengono un certo riserbo sul luogo in cui realizzeranno l’incontro.
Già ieri, Humberto Cholango, leader di Ecuarunari, organizzazione che raggruppa le popolazioni autoctone delle Ande ecuadoriane, aveva denunciato l’intervento dei militari in due assemblee indigene nel sud della capitale, Quito. “È la dimostrazione che viviamo in un regime dittatoriale”, ha commentato Cholango.
Il divieto di associazione è imposto al momento in cinque province del Paese, dichiarate “in stato di emergenza” dal Presidente Palacio, con la conseguente limitazione dei diritti civili e maggiori poteri attribuiti alle Forze Armate, nonostante la situazione sia in questi giorni di relativa tranquillità. “Un Paese democratico non può essere governato con misure di emergenza e coprifuoco”, ha aggiunto Cholango, che ha chiesto a Palacio l’interruzione dello stato di emergenza. “Non cerchiamo uno scontro con il Governo ma, per impedire che il TLC venga firmato da senza che i cittadini vengano consultati – ha intimato Cholango – siamo disposti a tutto, perfino alla sollevazione popolare”.

Intanto a Washington, da una settimana, sono in corso i negoziati che dovrebbero portare alla firma del Trattato commerciale già siglato in precedenza da Colombia e Perù.
Un trattato che ha nel settore agricolo e nella proprietà intellettuale i due nodi ancora da sciogliere. Da una parte, gli Stati Uniti mirano all’esportazione di grandi quantità di riso e latte in polvere, dall’altra le mobilitazioni indigene fanno pressione sui negoziatori ecuadoriani, nel tentativo di tutelare dal rischio brevetti le risorse naturali ed il patrimonio genetico di una delle regioni più biodiverse al mondo.

Dopo le forti mobilitazioni delle scorse settimane i movimenti indigeni e popolari dell'Ecuador non si arrendono alla repressione dello Stato ma rimangono sul “piede di guerra”. Le varie nazionalità indigene che formano la CONAIE (www.conaie.org ) ed ECUARUNARI (www.ecuarunari.org ) sono ritornate nelle zone di origine dopo le marce e le manifestazioni che hanno bloccato il paese andino. Il presidente de la Confederación de Nacionalidades Indígenas del Ecuador (Conaie), Luis Macas sta partecipando a varie riunioni locali per decidere come organizzare le proteste per le prossime settimane.
Humberto Cholango - ECUARUNARI - sottolinea che “i popoli indigeni hanno identificato nel trattato di libero commercio la grande minaccia per la nostra sopravvivenza perché consegna le risorse naturali, il petrolio, l'acqua, la biodiversità, le piante dei territori indigeni nelle mani degli interessi delle multinazionali che provocano la distruzione della nostra agricoltura e il disconoscimento dei Diritti Collettivi. Per questi motivi abbiamo deciso di promuovere la mobilitazione nazionale a partire dal 13 marzo e abbiamo paralizzato il paese ed è un segno del buon esito della protesta”.
Salvador Quispe, deputato indigeno del Movimento Pachakutik (www.diputadospk.org ) evidenzia in un comunicato stampa (diffuso dall'amica giornalista Martha Santillan) che “questo processo di lotta ha reso visibile la forza e l'unità dei popoli indigeni mentre la borghesia e il Governo di Alfredo Palacio credevano che fossimo sconfitti e quindi potevano fare quello che volevano come firmare il TLC senza dare importanza all'opinione del popolo ecuadoriano; ora sanno che siamo qui presenti e la nostra resistenza va avanti”.



 
Colpisce quest'unità dei movimenti sociali in Ecuador che, oltre ai movimenti indigeni, vede protagonisti tante e tanti militanti e difensori dei diritti umani come Alexis Ponce - APDH e Piattaforma Interamericana Diritti Umani, democrazia e sviluppo PIDHDD, di donne ambientaliste come la profetica ACCION ECOLOGICA (Cecilia Cherrez è stata intervistata da Manuela Canadesi, ma non posso dimenticare le amiche Ivonne Ramos, Aurora Donoso, Elisabeth Bravo, Esperanza Martinez).
Lo stesso Alexis Ponces quotidianamente invia aggiornamenti: il 20 marzo ha lanciato una nota firmata dai principali organismi dei diritti umani dell'Ecuador, dove si sottolinea che “in riferimento alle dichiarazioni del portavoce presidenziale Enrique Proano del 17 marzo, esprimiamo il nostro ripudio alla satanizzazione che il Governo rivolge alle organizzazioni indigene e contro le Ong e organismi della cooperazione internazionale che li appoggiano, minacciando di investigare il finanziamento internazionale mentre il Governo non capisce che la nostra opposizione al TLC è democratica, perché vogliamo uscire dalla miseria”.

In un paese dove il 60% della gente è schiacciato dalla povertà (che provoca oltre un milione e mezzo di emigranti, esportando anche i fenomeni pandillas - bande giovanili come succede tra Guayaquil e Genova) diventa sempre più scomodo denunciare la violazione dei diritti umani, com'è successo a Buenos Aires il 23 marzo scorso a Fidel Narvaes, membro di APDH Ecuador e Piattaforma Interamericana Diritti Umani, democrazia e sviluppo PIDHDD davanti alle cancellerie dei paesi del MERCOSUR riuniti in una conferenza ufficiale. Fidel Narvaes ha denunciato “il rifiuto del presidente Palacio alla mediazione della chiesa cattolica, le violazioni dei diritti umani perpetrati dalle forze di sicurezza pubblica commesse durante lo Stato di Emergenza che ha provocato molti feriti, il divieto alla libera circolazione dei cittadini indigeni nella Sierra andina, la criminalizzazione della protesta, l'agressione ai manifestanti e anche il pestaggio dell'attivista di APDH Anaite Vargas, 30 anni”.

Il 31 gennaio 2006 il Presidente della Repubblica Alfredo Palacio ha designato le persone che formano la Commissione di auditing sul debito estero, incaricata di analizzare il debito estero degli ultimi 30 anni. La Commissione è presieduta da Monsignor Luna Tobar, Arcivescovo di Cuenca che ha affermato che “la nostra posizione non è politica, né governativa, bensì è etica, sociale e di Stato”, sottolineando l'importanza di “difendere, promuovere e vigilare la severità di questa auditoria, costituisce l'impegno del popolo ecuadoriano, con la sua storia, la sua dignità e la sua sovranità”.
Gli altri membri della Commissione sono gli esperti economisti Leonardo Vicina, Carlos Cortez e Hugo Arias, coordinatore generale della rete di organizzazioni sociali “Giubileo 2000 Guayaquil”. Nel 2005 l'Ecuador ha destinato il 45% del proprio PIL al pagamento del debito estero stimato a 11.300 milioni di dollari.

I movimenti popolari dell'Ecuador hanno identificato nel giogo del debito estero, nel saccheggio delle multinazionali che rubano le risorse e il petrolio dell'Amazzonia (come da tempo documentano OILWATCH e ACCION ECOLOGICA), e nel trattato del Libero Commercio (come documentato dall'economista Alberto Acosta) i principali tentacoli della piovra neoliberale che calpesta la dignità dei popoli e violenta l'ecosistema.

Tancredi Tarantino e Cristiano Morsolin,Selvas/Italia Estera




 

 




 
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