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30 mar 2006La brutale uccisione dell' imprenditore italiano Filippo Sindoni ha prodotto un grandissimo dolore in Venezuela ed in Italia.

Servizio di Amanda Olivares
CARACAS, 30 MAR -  (Italia Estera) - Filippo Sindoni, doveva rientrare in Italia la scorsa settimana insieme alla moglie, ma era rimasto in Venezuela per votare. Sindoni è  uno di quelli che si era battuto per il riconoscimento del diritto di voto degli italiani all' estero e per sette anni  aveva fatto parte del CGIE, Consiglio generale degli italiani all' estero.
 
I suoi familiari erano molto preoccupati per i frequenti rapimenti di italiani in questo Paese. "Ma cosa vuoi che mi facciano, non ho mai avuto nemici, chi vuoi che mi tocchi?". Rispondeva così  Filippo Sindoni, l'imprenditore sequestrato e ucciso, quando voleva tranquillizzare la moglie Basilia e la figlia che gli esprimevano preoccupazione.  Lo ha  ricordato  oggi a Milano la figlia Giovanna, 48 anni, psicologa dell' educazione. Giovanna Sindoni vive a Milano dove ha lavorato per l'Asl e poi per l'Università Cattolica, con la quale ora, dopo la nascita dei suoi due figli, mantiene solo un rapporto di collaborazione. Racconta di aver detto, proprio di recente, al padre: "Stai attento, stattene di più qui con i tuoi nipoti".
Ma Filippo Sindoni che era conosciuto in Sudamerica come il 'Re della Pasta', era un uomo incapace di star fermo, di riposarsi a lungo. Ricorda il fratello Vittorio che lui voleva rimanere qui in  Venezuela. Sindoni sarebbe dovuto rientrare in Italia la scorsa settimana, insieme alla moglie, per passare la Pasqua con i nipotini, ma era rimasto ancora in Venezuela, appunto, per la coincidenza di  queste prime votazioni degli italiani all’estero e lui voleva votare prima di partire.
 l' imprenditore, infatti, si è battuto per anni per il riconoscimento del diritto di voto degli italiani all' estero, e per sette anni era stato il rappresentante, per gli emigrati in Venezuela, nel Consiglio generale degli italiani all' estero.
 
Filippo Sindoni era un po' l'emblema dell'italiano che vive fuori dai confini. "Era andato in Venezuela giovanissimo, seguendo le orme di suo padre, che si era trasferito là prima di lui, nei primi anni del Novecento.  Ma lui ha  fatto prima il liceo in Italia e poi si è trasferito in Venezuela dove c’era il padre.  Poi il padre tornò mentre  lui decise di stabilirsi li.  
 
La figlia Giovanna ricorda che suo padre era il classico uomo che si era fatto da solo e "non aveva mai voluto aderire ai grandi marchi delle multinazionali alimentari". "Preferiva tenere le cose sue, piuttosto che cederle".
 
 A Maracay, sua città d'adozione, l'imprenditore si sentiva inattaccabile e i familiari appaiono smarriti e non   riescono a spiegarsi quello che è successo: "Non riusciamo a capire...Il rapimento, sì: per quello attendevamo una richiesta di riscatto e invece c'é stato il ritrovamento del suo corpo. Non capiamo cosa sia successo: mio padre aveva un carattere impetuoso, era un omone, forse ha cercato di scappare".
 
 "Io e mio marito siamo stati avvertiti ieri sera da uno dei miei due cugini. Poi abbiamo atteso le conferme ufficiali, che purtroppo sono arrivate stamani". "Ora stiamo cercando di organizzare il rientro della salma prosegue Giovanna Sindoni - ma ci vorrà un po' per via delle indagini che sta conducendo la polizia venezuelana. L' ambasciatore italiano in Venezuela e quello venezuelano in Italia mi hanno comunque subito telefonato offrendomi la massima disponibilità". E chiude amaramente: "Volevamo passare Pasqua tutti insieme...Tutto questo non ha alcun senso".
 
L'ambasciatore italiano a Caracas, Gerardo Carante ha detto: "Oggi é un giorno di lutto, non solo per la comunità italiana del Venezuela, ma credo anche per la Madrepatria e in particolare per la nostra classe industriale, che aveva nel Cavaliere del Lavoro Filippo Sindoni, in assoluto, uno dei suoi uomini migliori". "Munito all'inizio solo della sua forza di volontà - ha ancora detto Carante - e delle sue capacità, ha saputo creare un impero nel cuore del Venezuela che dà lavoro a migliaia di persone ed è riuscito, nello stesso tempo, a convogliare sulla sua persona stima, rispetto ed ammirazione da parte di tutti: ne é prova il dolore per la sua perdita, in questo momento percepito da moltissimi venezuelani e da moltissimi italiani, a cominciare dal Presidente Chavez per finire con la mia stessa persona". "Ora - ha concluso - bisogna far sì che il suo sacrificio non sia invano, ma che nasca a livello bilaterale italo-venezuelano una collaborazione concreta ed articolata per combattere insieme il gravissimo fenomeno del sequestro di persona"
 
Dopo la tragica fine dell'imprenditore  Filippo Sindoni, e dopo l'identico destino toccato a metà febbraio all'imprenditore Mario Vassallo e alla studentessa Rosina di Brino, sono tre i cittadini italiani, o di origine italiana, di cui ancora si attende la liberazione in Venezuela. Si tratta dell'italo-venezuelana Ornella Ferranti e di Anita Capuozzo di 36 anni di Pomigliano D'Arco in provincia di Napoli, delle quali non si sa nulla da tempo, e dell'imprenditore Rocco Minicucci, nato nel 1934 a Lucito, in provincia di Campobasso, rapito invece a San Fernando de Apure, nello stato di Tachira.
 
Si deve ricordare inoltre che il 12 marzo scorso è stato liberato Salvador Ferrante Landaeta, 54enne figlio di genitori irpini, sequestrato il 16 febbraio scorso nella sua azienda agricola di Sierra de Perija, nella zona di Maracaibo, stato di Zulia.
 
Per seguire da vicino le indagini su questi sequestri, si trova in Venezuela Bruno Pirrello, l'ispettore del ministero degli interni italiani che ha preso il posto del collega Emanuele Trofé, dislocato a suo tempo dal governo di Roma, non solo per collaborare con la polizia locale ma anche per avere degli incontri con la comunità dei nostri connazionali e spiegare loro la metodologia per evitare i sequestri.
 Ormai  sono anni che  l"industria del sequestro è più che mai in auge in Venezuela e gli esponenti più benestanti della comunità italiana sono tra quelli più presi di mira, tanto che dal 2000 ad oggi circa 55 esponenti della comunità italiana sono finiti nelle mani dei rapitori, ed in 30 casi la soluzione è venuta anche grazie all'intervento degli specialisti antirapimenti giunti dall'Italia
 
 
Amanda Olivares/Italia Estera
 
Nei fermo immagine del TG1 dall'alto in basso. Filippo Sindoni, la vecchia azienda dei Sindoni, Sindoni papà felice, La Casa d'Italia da lui fondata, Sindoni a Gran Bazar anni addietro, Il fratello Vittorio, Il manifesto antisequestri 
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