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04 feb 2006Polizia e comportamenti etici, La Toscana a scuola dalle Giubbe Rosse

Prima in Italia, la Toscana lavora su un modello di polizia comunitaria e su un codice etico. Gelli: 'Dal Canada un'esperienza che faremo nostra per le polizie municipali e provinciali'
FIRENZE, 4 FEB. (Italia Estera) - Tutto è iniziato lo scorso di ottobre, con l'adesione della Regione Toscana a una indagine internazionale promossa dal Quèbec sulla cultura e l'etica della polizia nei vari paesi, ma già allora l’obiettivo era più ambizioso: portare in Toscana l’esperienza canadese e farne un punto di riferimento per le nostre polizie, in particolare per i corpi municipali e provinciali. Pochi sanno infatti che le celebri Giubbe Rosse - la polizia federale protagonista di tanti film e di tanti fumetti - non si distinguono solo per i cavalli e le divise, ma anche perché da molti anni, assieme ad altri corpi canadesi, sono impegnati nella promozione e nella diffusione di comportamenti etici del proprio personale, imperniati su un modello unico al mondo di polizia comunitaria che beneficia della partecipazione dei cittadini. 
E’ un esperienza che la Regione Toscana ha deciso di fare sua, nella consapevolezza che un aspetto importante della prevenzione risiede proprio nella qualità dei rapporti che legano le forze di polizia e i cittadini. Per illustrarla ai loro colleghi toscani, i rappresentanti della polizia canadese si sono dati appuntamento a Firenze, per il seminario 'L’etica nell’azione di polizia” organizzato dalla Regione Toscana nell’ambito delle sue politiche per la sicurezza. “E’ l’inizio di un percorso che certamente non si esauririrà con qualche seminario - spiega il vicepresidente della Regione Toscana Federico Gelli, che tra le sue deleghe ha quella alla sicurezza – Quando la polizia del Quèbec ci ha proposto di aderire alla sua indagine, unica regione italiana, lo abbiamo fatto con entusiasmo, perché sapevamo che il Canada è il paese che più di tutti ha da insegnare al mondo su questo terreno. Da molti anni, infatti, non si limita a teorizzare, ma ha messo in pratica un modello di polizia fortemente integrato nella comunità in cui opera, tanto che addirittura le priorità di azione e le modalità di intervento sono definite da commissioni miste di poliziotti e cittadini. Immaginatevi quali implicazioni questo potrebbe avere per le nostre città”.
Il codice etico. L’impegno della Regione Toscana concretizza quanto, in via generale, stabilisce il Codice di comportamento dei dipendenti delle pubbliche amministrazioni del novembre 2000, in relazione al rapporto di fiducia e collaborazione tra i cittadini e l’amministrazione e alla massima disponibilità che va assicurata perché i cittadini possano esercitare i propri diritti. Ma è una concretizzazione che riguarda compiti particolarmente delicati e un personale che più di altri – pensiamo ai vigili urbani – sta a contatto con la popolazione e ha bisogno di regole comportamentali certe. “In questi anni – spiega Gelli - è stato ampiamente dimostrato che le imprese private possono trarre grandi benefici da iniziative di certificazione etica, figurarsi quanto può essere importante che le forze di polizia e i cittadini dispongano di regole certe e condivise. Per questo stiamo lavorando a definire un Codice etico regionale che sarà alla base anche di uno specifico percorso formativo da strutturare in modo permanente per il personale delle polizie municipali e provinciali”.
Tutto questo sulla base del già esistente Codice europeo di etica per la polizia, adottato dal Consiglio d’Europa nel 2001, che fissa già importanti linee guida in relazioni ai diritti e ai doveri delle forze di polizia, per esempio rispetto alla privacy e all’uso della forza.
In Toscana, insomma, si sta lavorando a un vero e proprio percorso di accreditamento etico, che potrà prevedere anche specifici incentivi per le amministrazioni che decideranno di farvi parte.
“Tutto questo – ricorda ancora il vicepresidente - con una precisa convinzione, che è anche la nostra convinzione: che i comportamenti etici della polizia servono non solo ai cittadini, ma anche alla stessa polizia, che non si può che avvantaggiare da procedure corrette, trasparenti, senza discriminazioni, in grado di suscitare la piena collaborazione dei cittadini. Penso solo ai benefici che possono derivare da una polizia percepita dalle comunità di cittadini stranieri come organismi di cui ci si può pienamente fidare, magari anche solo perché più attenta e sensibile alle differenze culturali”.
Il questionario. Il progetto di collaborazione con il Canada prevede come tappa successiva la distribuzione tra le forze di polizia di un questionario predisposto dalla Scuola nazionale di polizia del Quèbec nell’ambito dello studio comparato internazionale della cultura e dell’etica di polizia attraverso l’analisi delle attitudini e delle modalità con le quali gli operatori svolgono la loro professione. Gli agenti toscani partecipano a questa indagine assieme ad altri colleghi americani ed europei.
L’indagine permetterà di fare luce, con modalità assolutamente anonime, su comportamenti e valutazioni degli operatori della sicurezza su temi quali, ad esempio, l’uso della forza – e la possibilità che essa sia usata più facilmente nei confronti di minoranze etniche e di persone disagiate – sul rispetto dei regolamenti, sulla disponibilità a denunciare abusi e comportamenti scorretti di colleghi, ma anche sui possibili vantaggi del poliziotto di quartiere. 
La prossima primavera una delegazione toscana visiterà la Scuola di polizia del Quèbec e alcune strutture della Royal Canadian Mounted Police – ovvero le Giubbe Rosse propriamente dette – ponendo una particolare attenzione alla fase formativa della “polizia comunitaria”.
  Paolo Ciampi/Italia Estera




 
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