NEW YORK, 5 genn. (Italia Estera) - Per il Sistema Italia converebbe investire sull'italiano all'estero. Questo, per il Paese, rappresenta il migliore Roi (return on investment) ora possibile e non ha nulla a che vedere con quell'elemento sentimentale o nostalgico tanto caro ad intellettuali, giornalisti, industriali e politici che non perdono occasione per mostrare tutto il loro "affetto" continuando a dipingerci con le valigie di cartone.
Ora parliamo esclusivamente di affari, o di "bisiness", per spiegarci con il linguaggio preferito dai nostri detrattori in Italia.
Con la ripartizione dell'Europa Unita, all'Italia e' toccato relegarsi su di un'economia basata sull'esportazione di materiale prodotto dalle piccole e medie imprese, mentre agli altri e' toccata l'industria pesante (Germania), quella finanziaria (GB) e agricola (Francia).
Questo era all'epoca ottimale per l'Italia in quanto paese flessibile dal punto di vista sia occupazionale che dell'innovazione e della competitivita'.
A creare lo squilibrio e' stata l'entrata in campo della tigre asiatica e del drago cinese. Tutto ad un tratto i cinesi e gli indiani sono riusciti a duplicare la qualita' ed unicita' dei prodotti italiani, ma a costi stracciati non ottenibili in Italia.
L'attacco ai prodotti italiani e' arrivato a toccare tutti i settori, inclusi quelli rispetto ai quali l'Italia pensava di essere invulnerabile, come i generi alimentari. Ma presto il Paese si e' trovato a competere con il "parmisan" fatto in Australia, il chianti proveniente dal Cile ed il "parma" dal Canada.
La conseguenza e' che l'Italia sta perdendo il suo tradizionale mercato per prodotti di qualita' ma con un costo piu' alto della concorrenza.
Naturalmente, questa spirale in discesa per il Sistema Italia e' stata accelerata dalle stesse industrie italiane che, per mantenere i profitti, hanno cominciato a produrre in Cina a costi cosi' bassi da potersi permettere scarti fino al 60%.
Mentre il 40% viene immesso nel circuito ufficiale delle vendite (seppur con delle rifiniture in loco), lo scarto e' cio' che vediamo in giro per le strade e che viene offerto dai vu' cupra'.
Le prospettive non sono quindi rosee, seppur l'Italia continui ad essere un paese ricco (il 70% della popolazione puo' permettersi di mettersi in viaggio ad ogni piccolo ponte), il futuro si presenta problematico con esuberi, alti costi, tasse elevate e servizi sociali ridotti.
Sotto queste prospettive, cosa fa il Sistema Italia? A livello di Confindustria si continua ad usare il volano Stato affinche' questo assorba gli esuberi con la cassa integrazione. A livello politico si pensa a fare grandi opere, cercando di generare lavoro con un mutuo a carico delle generazioni future. A livello di comunicazione ci si chiude su se stessi, facendo leva sulla superficilita' dello spettacolo e delle curiosita'.
Mentre il grande mercato tradizionale ora tende a favorire prodotti italiani riconoscibili (come il Parmigiano) ad un costo minore, come quello proveniente da altre parti del mondo, l'italiano all'estero e' disposto a spendere quei dollari extra per un prodotto originale, sia questo formaggio, pasta, vini o altri generi.
Questo grande ed importante mercato non viene pero' riconosciuto dal Sistema Italia, anzi viene sottovalutato, denigrato ed ignorato. Il Sistema Italia, inoltre, quasi a voler accelerare il suo declino sociale ed economico, fa di tutto per rendere piu' difficile il commercio con quel mercato naturale che e' la comunita' italiana all'estero; rendendo piu' difficile i collegamenti aerei, eliminando l' assistenza sanitaria, riducendo la diffusione della lingua e cultura italiana. In altre parole, invece che investire sul suo futuro, il Sistema Italia preferisce ignorarlo.
Dom Serafini