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13 gen 2006Una nota sull’annullamento della riunione della Commissione Informazione e Comunicazione del CGIE

C’è anche mancanza di responsabilità istituzionale
 ROMA, 12 GEN (Italia Estera) - Il rinvio “sine die” della riunione straordinaria del 16-17 gennaio della I Commissione (Informazione e Comunicazione) del CGIE, come prima conseguenza destabilizzante della sentenza del TAR Lazio favorevole all’annullamento della designazione dei 29 Consiglieri di nomina governativa e della susseguente diffida dei legali di CNA-EPASA dallo svolgimento delle funzioni statutarie del massimo organo di rappresentanza degli italiani all’estero fino a nuova decretazione sostitutiva dei componenti del plenum decaduti, riveste un duplice aspetto negativo. Oltre che negativo, allarmante. Compromette la conduzione, la sostanza e l’esito di una campagna d’informazione istituzionale adeguata al significato e alla portata della prima espressione di voto politico all’estero, e mette in luce una sottile e perfida linea di fastidio, indifferenza e passività, confinanti con l’ostilità, di taluni ambienti governativi e ministeriali nei confronti delle istanze del CGIE, quando non proprio nei confronti della stessa esistenza della struttura.
 
 A prescindere dalle svariate, complesse e sempre opinabili implicazioni, interpretazioni, considerazioni di merito, reazioni e meccanismi legalistici innescati dal contenzioso venutosi a determinare, resta il fatto essenziale che ancora una volta si consente alle competenti autorità di sfuggire alle proprie responsabilità, di venir meno al compito fondamentale d’impostare una urgente “capillare campagna d’informazione e sensibilizzazione delle collettività italiane all’estero sull’esercizio del voto”, come recitava il primo punto all’ordine del giorno della convocata e disdetta riunione straordinaria della I Commissione.
 
 E’ agli atti delle ultime assemblee plenarie del CGIE, delle riunioni della I Commissione e dei relativi ordini del giorno la costante e circostanziata denuncia di come e perché già nelle prime tre occasioni dell’esercizio del voto per corrispondenza – due referenda e l’elezione dei Comites – il corpo elettorale all’estero è stato posto di fronte al “fatto compiuto” (forse sarebbe meglio dire “incompiuto”) di un’informazione istituzionale lacunosa, irrazionale, incomprensibile alla media degli elettori cui si dirigeva, fuori tempo, confusa e confusionaria, quando non addirittura inaccessibile o assente del tutto. A tanto bisogna aggiungere un tipo d’informazione generale (per lo più tramite Rai International, peraltro cieca e muta per quanto riguarda il comparto maggiore degli italiani all’estero, quello dell’Europa) non sempre illuminante, e i proclami politici di parte, camuffati da paterni e fraterni appelli di qualche esimia autorità di governo. In tutta questa operazione fallimentare è consistita l’attività, il fervido dinamismo degli esecutori della volontà del patrio governo per promuovere, spiegare, facilitare lo storico esercizio del voto all’estero.
 
 Ora, alla vigilia del voto politico del 9 aprile, siamo alla quarta volta in cui si sperimenta una frustrante ed umiliante presa in giro dell’elettorato all’estero in un settore così vitale e determinante come quello dell’informazione. Parecchi colleghi Consiglieri della I Commissione mi hanno fatto, giustamente e comprensibilmente, osservare in questi giorni che di fronte a un’autentica “emergenza informazione”, unanimemente riconosciuta come tale, anche l’autorizzazione ad una riunione informale sarebbe stata giustificabile, considerato il peso delle istanze in questione e i progettati incontri chiarificatori e interventi (annunciati fin dalla convocazione formale della riunione, in data 21 dicembre 2005) del ministro Tremaglia, del presidente Calabrò dell’Authority per le Garanzie nelle Comunicazioni, del presidente Petruccioli della RAI, del direttore Magliaro di Rai International, del direttore generale della DGIEPM ministro Benedetti, del presidente della FUSIE De Sossi. Ma tant’è, col blocco improvviso imposto d’autorità il limite temporale massimo nello scadenzario pre-elettorale, ai fini di utili interventi della Commisione Informazione, va considerato raggiunto e superato. Si è ormai di fatto in piena fase di campagna elettorale e già pervengono alle sedi diplomatiche e consolari i primi consistenti prodotti cartacei – istruzioni procedurali e non – sfornati da chi, solitamente in linea di masima, dietro scrivanie ministeriali a Roma conosce poco o nulla della realtà italiana all’estero.
 
 Perché era, e rimane, tutto qui il nocciolo del problema che la Commissione Informazione e Comunicazione si proponeva di affrontare. Elaborare un progetto di consultazione sistematica tra l’Ufficio VII (Elettorale) della Direzione Generale per gli Italiani all’Estero e le Politiche Migratorie e la I Commissione del CGIE (che a sua volta si sarebbe avvalsa di consultazioni alla base con i Comites) per una campagna agile, semplice, accessibile e mirata d’informazione/educazione civica nelle realtà italiane all’estero in relazione al voto del 9 aprile. Dare uno sguardo ai testi e alle immagini di qualche messaggio informativo istituzionale o spot radiofonico o televisivo già in cantiere, ed eventualmente suggerire qualche ritocco relativo alle differenziate situazioni e sensibilità delle comunità all’estero. Venire aggiornati su tempi, modi, criteri, stanziamenti del programma d’informazione istituzionale (se un programma degno del nome c’è). E non è cosa da poco, se in un intervento ai lavori della I Commissione e ad un quesito nel “Question Time” dell’assemblea Plenaria del CGIE dello scorso luglio i responsabili dell’Ufficio VII della DGIEPM non sono stati in grado di chiarire come, dove e quando sia stata utilizzata la spesa preventivata, ufficialmente dichiarata, di un milione e mezzo di euro per l’informazione istituzionale all’estero per il fererendum di giugno 2005 sulla fecondazione medicalmente assistita.
 
 L’altro aspetto poco bello di questa infelice congiuntura è di natura prettamente politica. Perché, a due settimane dall’urgente comunicazione (in data 28 dicembre 2005) del segretario generale del CGIE Franco Narducci al presidente del Consiglio Silvio Berlusconi – in cui si pregava il capo del governo di “esplicare tutte le forme di ricorsi amministrativi” alla sentenza del TAR e si chiedeva di chiarire se la sentenza riguardasse tutti e 29 i consiglieri di nomina governativa oppure “soltanto quelli che fanno riferimento alle associazioni e ai patronati”, non risulta essere pervenuto ancora cenno di risposta. E meraviglia che non si siano ancora attivati neppure il ministro degli Esteri, Fini, che del CGIE è presidente, e il ministro per gli Italiani all’Estero, Tremaglia. In questo frangente, che non ammette molte possibilità di rimediare alle deficienze di una campagna di informazione istituzionale all’estero per le imminenti elezioni politiche, il segretario esecutivo del CGIE, ministro Bernardo Carloni, ha comuniucato, a conclusione di un breve nota, che “si sta operando per accelerare al massimo il processo di chiarimento” e rimarcato la volontà di “ribadire gli obiettivi della riunione convocata e ora annullata”. Come, nelle presenti circostanze, la validità degli “obiettivi” possa venire rispettata, e resa operativa tramite interventi coordinati, resta un mistero al quale francamente non si scorge una soluzione, se non  a insediamento avvenuto del nuovo Parlamento.
 
 Aleggia, per molti anzi è palpabile, il sospetto che il CGIE sia oggetto di una neppure troppo larvata forma di ritorsione politica per non essere stato…quello che in certi laboratori ideologici del conservatorismo si sperava. Ma, nonostante tutto, restiamo fermi alla conclusione della relazione della I Commissione all’assemblea plenaria del CGIE dell’8 luglio 2005 sul concetto della “informazione, istanza centrale di tutta la politica per gli italiani nel mondo”: “Senza un’adeguata informazione, di cui dovremo farci carico noi e dovrà farsi carico il governo concordando con il CGIE una precisa e mirata strategia, i cittadini italiani nel mondo non potranno mai ottenere un livello ottimale della sperata, auspicata e meritata partecipazione diretta alla vita democratica del Paese”.
 
NINO RANDAZZO
Presidente della I Commissione del CGIE
 
 
 



 
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