Fondato nel 2000 Direttore Responsabile Giuseppe Maria Pisani                  
HomeArgomentiArchivioNewsletter gratuitaChi siamoI nostri serviziContattiSegnala il sito
 
Cerca nel sito
»www.ItaliaEstera.tv
»Paolo Gentiloni é il Ministro degli Esteri italiano
»Emigrazione: Note storiche per non dimenticare - Quanti sono gli italiani all'estero?
»Direzione Generale per gli Italiani all'Estero
»Rappresentanze Diplomatiche - in aggiornamento
»AIRE Anagrafe degli Italiani all'Estero
»Servizi Consolari per gli italiani all'estero
»Autocertificazione
»Patronati italiani all'estero
»Cittadinanza Italiana all'Estero
»Il voto degli italiani all’estero
»COMITES
»CGIE Consiglio Generale degli Italiani all'Estero
»Assessorati Regionali con Delega all'Emigrazione e all'Immigrazione
»IL PASSAPORTO ELETTRONICO
»Viaggi Usa, comunicare i dati in anticipo - Registrazione anche da turisti italiani
»STAMPA ITALIANA ALL'ESTERO: quanta, dove, quanti fondi, chi li prende
»LA CONVENZIONE ITALIA-STATI UNITI PER EVITARE LE DOPPIE IMPOSIZIONI FISCALI
»La convenzione Italia-Canada per evitare le doppie imposizioni fiscali
»Ascolta la radio di New York: ICN
RomaneapoliS
www.romaneapolis.tv


Il voto degli Italiani all'Estero

Elezioni Politiche 2008

Elezioni Politiche 2006


Infocity
Messaggero di sant'Antonio
Italiani d'Argentina
  
08 gen 2006A modo mio. I quindici anni del CGIE di Silvana Mangione

NEW YORK, 8 gen.(Italia Estera) - Con le prossime elezioni di dodici deputati e sei senatori, espressione delle comunità italiane nel mondo, si rende sempre più importante avviare un’approfondita riflessione sulla natura e le funzioni del Consiglio Generale degli Italiani all’Estero. Ai sensi della legge vigente: «Il CGIE è l’organismo di rappresentanza delle comunità italiane all’estero presso tutti gli organismi che pongono in essere politiche che interessano le comunità all’estero», (Art. 1, comma 1bis, legge 18.6.1998, n. 198). Esso costituisce dunque, per ora, il massimo livello di rappresentanza degli italiani all’estero. Il CGIE non è un Com.It.Es. glorificato, perché, come abbiamo già visto, il Comitato degli Italiani all’Estero è invece «organo di rappresentanza degli italiani all’estero nei rapporti con le rappresentanze diplomatico-consolari», (Art. 1, comma 2, legge 23 ottobre 2003, N. 286).
È bene ripercorrere rapidamente i quindici anni di vita del Consiglio, per ricavarne gli elementi che ci consentiranno di avviare un dibattito serio sulla futura esistenza, composizione e attività del CGIE.
La prima bozza di legge istitutiva del Consiglio fu presentata alla seconda Conferenza Nazionale dell’Emigrazione nel 1988. Come componente del Comitato Ristretto della 2CNE, facevo anche parte del gruppo di lavoro, che esaminò il disegno di legge con il coordinamento del rimpianto Sen. Aldo De Matteo, e con esperto a latere l’uscente Ambasciatore d’Italia in Canada, Min. Marco Colombo. Il gruppo di lavoro presentò – e l’assemblea della 2CNE fece proprie – alcune proposte di integrazione e revisione del testo, che vennero in parte adottate nella versione finale approvata il 6.11.1989, con il numero 368. Fra le altre cose, il Gruppo di lavoro suggerì la diminuzione del numero totale di componenti: da 119 (75 dall’estero e 44 dall’Italia) a 94 (65 dall’estero e 29 dall’Italia), nonché l’aumento dei compiti e la facoltà di contribuire con pareri e proposte all’elaborazione di tutte le forme di legislazione e di accordi concernenti le comunità all’estero. Il primo CGIE, insediato nel dicembre del 1991, era «presieduto dal Ministro degli affari esteri o, in sua assenza, dal Sottosegretario di Stato delegato ai problemi delle comunità italiane all’estero». Il Comitato di Presidenza era composto da un Vice presidente Vicario e sei componenti eletti fra i rappresentanti esteri (me compresa), un Vice Presidente e quattro componenti eletti fra i consiglieri di nomina governativa. Il Consiglio Generale si abituò alla presenza costante del rappresentante del Governo, perché i sottosegretari (che cambiavano più o meno ogni volta che c’era un rimpasto di governo) erano sempre presenti e conducevano la maggior parte delle riunioni del Comitato di Presidenza e dell’Assemblea plenaria. Le funzioni del CGIE, allora come adesso, sono di quattro tipi: consultive – il CGIE esprime parere obbligatorio sulle materie elencate per legge; conoscitive – il CGIE promuove studi e ricerche su materie riguardanti le comunità italiane nel mondo e vi collabora; programmatiche – il CGIE elabora una relazione da presentare tramite il Governo al Parlamento sullo status delle comunità e le proposte di intervento per il triennio successivo; propositive – il CGIE formula proposte e raccomandazioni sulle iniziative legislative dello Stato e delle Regioni, accordi e trattati internazionali. Oltre ai sessantacinque eletti all’estero (cinque per gli Stati Uniti), fanno parte del CGIE tutte le componenti della società civile italiana che si occupano, direttamente o indirettamente, di emigrazione: associazioni nazionali dell’emigrazione, partiti, sindacati, patronati, stampa italiana e italiana all’estero, frontalieri. Le Regioni sono presenti con sette esperti – una loro partecipazione con pieni poteri deve essere prevista nel prossimo assetto del CGIE, in riconoscimento del loro ruolo fondamentale nella vita delle collettività italiane all’estero, in particolare in virtù delle riforme costituzionali che ne hanno enormemente aumentato le attribuzioni. In parole povere: il CGIE è uno strumento squisitamente politico che, esercitando fino in fondo i poteri concessi dalla legge istitutiva, diventa importante strumento di definizione e promozione delle politiche degli interventi a favore e in collegamento con le comunità italiane all’estero.
Il primo CGIE dovette, per così dire, inventare se stesso. Si rimboccò le maniche e iniziò a «studiare». Il primo successo/insuccesso si ebbe nell’estate del 1993. Per la prima volta – per merito dei parlamentari che ci sono sempre stati vicini, ma anche dell’ulteriore strumento di pressione rappresentato proprio dal CGIE – la questione dell’esercizio in loco del diritto di voto per gli italiani all’estero approdò nell’aula della Camera dei Deputati. Per la prima volta, a trentotto anni di distanza dalla presentazione del primo progetto di legge, infatti dal ’55 all’88 erano state presentate 48 proposte, 34 alla Camera e 14 al Senato, incluse sette di natura costituzionale, ma nessuna di esse era mai arrivata alla discussione in aula. Al primo tentativo, nel ’93, l’idea venne approvata dalla Camera, poi subito bocciata, se non erro, al Senato La storia del voto è lunga e complessa. La faremo, con tutti i nomi e i contributi, in un prossimo articolo.
Nel ’93 si fecero le giornate di studio sulla previdenza sociale e sulla formazione professionale. Poi il CGIE decise di fare una serie di Conferenze sugli altri temi di maggiore importanza per gli italiani all’estero. Scegliemmo la definizione «conferenza», perché essa ha una connotazione politica. Di solito si parla di conferenza quando si riuniscono i rappresentanti di diverse realtà sociali o nazionali, per uno scambio di vedute teso a risolvere questioni di particolare importanza per i rappresentati. Ecco dunque che la prima materia scelta per le nostre Conferenze fu l’informazione. Ma il termine ci venne scippato e sostituito, fino a quella finale, con il titolo Convegno. Facemmo quattro incontri: il primo, che coordinai io stessa, a New York nel maggio del 1994, fu intitolata: «Il fattore informazione. Convegno intercontinentale dell’informazione per le comunità italiane nei paesi anglofoni». Il secondo a dicembre dello stesso anno a San Paolo del Brasile: Convegno dell’informazione per le comunità italiane in America Latina; il terzo a Berlino, a luglio del 1995: Informazione e comunicazione nell’Italia fuori d’Italia – Europa e Mediterraneo; il quarto ed ultimo a Milano, nel dicembre del 1996, finalmente con il titolo: «Conferenza mondiale per una politica dell’informazione italiana all’estero». Quel che dicemmo allora è ancora valido, anche se non è stato realizzato fino in fondo.
Ben diversa – per fortuna – è stata la sorte del «Convegno sulle iniziative per l’insegnamento e la diffusione della cultura italiana all’estero nel quadro della promozione culturale e della cooperazione internazionale», Montecatini, marzo 1996. Le indicazioni e gli orientamenti contenuti nel documento finale sono stati usati come base della strategia delle attività nei nostri paesi di lingua inglese e in particolare negli Stati Uniti con risultati molto positivi.
Ci avevamo preso gusto. Si fa per dire. Trovavamo presso Ministeri e Regioni i finanziamenti necessari per realizzare questi momenti di discussione allargata a componenti di Com.It.Es., associazioni e operatori nei campi scelti per l’analisi, fondamentali per individuare nuovi indirizzi e dare una svolta decisiva agli interventi, spesso fossilizzati su linee superate o troppo appiattite su alcune realtà geografiche. Il letto di Procuste – una misura va bene per tutti, alti o bassi, magri o grassi – non può essere usato in ambiti quali informazione, lingua e cultura. Europa, Africa, America Latina, Paesi Anglofoni hanno esigenze diverse. I nostri approfondimenti miravano a coniugare gli orientamenti generali con le applicazioni specifiche per le varie realtà. Nel frattempo continuava la battaglia per il voto, con ripetuti «giri delle sette chiese»: in pellegrinaggio di pressione concettuale, in particolare noi del Comitato di Presidenza, andavamo a bussare alle porte dei Gruppi parlamentari, dei Ministri per le riforme, del Presidente della Repubblica (allora era Oscar Luigi Scalfaro), senza mai perderci d’animo o perdere la pazienza.
Nel 1997, la Sala per le Conferenze Internazionali del Ministero degli Esteri venne rivoluzionata dall’invasione rosa: divelto un lato del tavolone quadrato per ammettere le delegate, vi si tenne il Primo Seminario delle Donne Italiane nel Mondo, con il patrocinio di Commissione e Ministro per la Parità e Pari Opportunità, Regione Lazio, Comune di Roma e il sempre presente Ministero degli Affari Esteri, che contribuì generosamente alla realizzazione di questa impresa, prima nella storia. Il segretario generale della Farnesina, l’ambasciatore Umberto Vattani, si lasciò scappare di bocca: «Perché non ci abbiamo pensato noi a fare questa cosa bellissima?» e l’allora presidente della Commissione PO gli rispose: «perché voi siete tutti uomini». Molte cose sono cambiate da allora anche nel mondo diplomatico.
Gli ultimi due atti della vita del primo CGIE ebbero un effetto molto importante sul futuro sia dell’organismo stesso, che di tutte le comunità italiane nel mondo. Il primo fu la proposta di modifica della legge istitutiva del Consiglio generale, prodotta da un gruppo di lavoro del CGIE che ho coordinato io stessa e che è stata approvata dall’Assemblea plenaria, prima di essere presentata al Parlamento e diventare legge della Repubblica, con poche modifiche – lesive del nostro tentativo di acquisizione di maggiore autonomia – ed un’importante integrazione: l’istituzione della Conferenza permanente Stato – Regioni – Province Autonome – CGIE. Il secondo fu l’ennesima bocciatura della riforma costituzionale per l’esercizio in loco del diritto di voto per gli italiani all’estero. Avvenne nel 1998, a poche settimane dalle elezioni per il rinnovamento del CGIE. Convocammo un’assemblea straordinaria, nella Sala della regina, a Montecitorio, nel cuore del Parlamento italiano e invitammo i capigruppo parlamentari delle due Camere. Vennero. Il resto è storia.
A risentirci al prossimo articolo.
Silvana Mangione
Consiglio di Presidenza  del CGIE
 



 
Opzioni


Stampa  Stampa

Invia ad un Amico  Invia ad un Amico


Copyright © Italia Estera 2001- 2014. Tutti i diritti riservati