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01 feb 2006Hanno paura della diversità

L’editoriale di Marco Basti su Tribuna Italiana
BUENOS AIRES -Tribuna Italiana/Italia Estera - Nell'ultimo numero della TRIBUNA ITALIANA, a pagina 11, abbiamo pubblicato un'intervista di Silvia Ciuffolini dell'agenzia Grtv a Guido Rampoldi, inviato speciale del quotidiano romano "la Repubblica". L'intervista è seguita a un servizio che ha destato non poche reazioni e repliche ma stranamente poche dall'Argentina e da quanti sono citati nel servizio, nel quale Rampoldi, che ha alle spalle reportage negli angoli più caldi del mondo a cominciare dall'Iraq e l'Afghanistan, presentava la sua visione della nostra comunità, dei nostri dirigenti e candidati alle prossime elezioni politiche, conosciuti durante la presentazione al Coliseo del programma di mille borse di studio, lo scorso 17 dicembre. Nell'intervista alla Grtv, ha ribadito quanto aveva scritto su "la Repubblica". Invitiamo a leggere l'intervista, chi non l'avesse fatto.
In un primo momento eravamo tentati di ribattere molte delle considerazioni dell'inviato speciale di "la Repubblica". Come quando sembra voler dire che chi ha fatto l'America non è interessato al voto, mentre chi non l'ha fatta, è legato alle associazioni e voterà per rivincita e per puro interesse economico, senza capire che le associazioni italiane in Argentina in un secolo e mezzo di vita, si sono sostituite validamente e nella misura delle proprie forze, ad uno Stato che non voleva sapere niente degli emigrati. Dando ai connazionali assistenza sanitaria, tramandando cultura e tradizioni, insegnando la lingua italiana. E che sono frutto del volontariato, dell'impegno anche economico di tanti connazionali che benestanti o meno, per fare le loro associazioni hanno donato tempo, sacrificio, cattivo sangue e soldi. O come quando si allarma per l'itagnol che - dice - parlano alcuni nostri dirigenti e ironizza sulla necessità di trovare traduttori per il futuro parlamento italiano, pur se poi riconosce che questa strana lingua si può comprendere facilmente. O quando torna ad allarmarsi e a sconfinare nella discriminazione, per la possibilità che, in un eventuale pareggio tra Berlusconi e Prodi, siano i deputati o senatori del Sud America a decidere chi forma il governo. "Sarebbe un po' sorprendente - ha detto nell'intervista - che il destino dell'Italia fosse deciso in questo modo: da un elettorato che non paga tasse, parla a stento l'italiano sa poco dell'Europa ed è stato formato dalle vicissitudini d'un altro continente". Come se tutti i parlamentari nei circa 145 anni di storia italiana moderna fossero stati grandi statisti! Ma su alcuni meglio lasciar cadere un pietoso silenzio.
Ma abbiamo respinto la tentazione cercando di andare un po' più in là, chiedendoci quali intenzioni avevano Rampoldi, e quanti si sono fatti eco del suo articolo e quanti - naturalmente liberissimi di farlo - la pensano come lui. La risposta l'abbiamo trovata nella stessa intervista, nella risposta alla domanda successiva, quando la collega vuole sapere: "Pensi che questa difficoltà a prendere una chiara posizione politica sia una peculiarità dei candidati argentini? "Si - è la risposta di Rampoldi -, penso che l'Europa sia diversa, perché c'è una cultura politica che corrisponde a quella italiana, c'è una destra e una sinistra nette e ideologicamente distinte. In Sud America, invece, destra e sinistra sono termini un po' vaghi, nel senso che ci sono formazioni trasversali che noi chiameremo populiste che non hanno una collocazione definita in Italia. Probabilmente per le circoscrizioni estere avremo una serie di seggi politicamente orientati, che non saranno sul mercato, e altri che, poiché intendono rappresentare gli interessi concreti di un certo elettorato, saranno invece a disposizione di chi vince".
A pagina 10 pubblichiamo un servizio di Walter Ciccione che fa il punto sulle liste di candidati, che presenta due certezze, cioè le candidature di Pallaro e di Merlo in rappresentanza dell'Associazionismo e le incertezze dei partiti sia di destra che di sinistra, sui candidati da proporre agli elettori.
La paura, lo scandalo, l'allarme di quanti la pensano come Rampoldi, sta proprio nel fatto che si tratta di candidati diversi, che non sono politicamente orientati, che intendono rappresentare gli interessi concreti di chi li voterà. Perché anche la nostra è una comunità diversa, nella quale ognuno ha le sue idee politiche, ma che in maggioranza e da decenni, ha lavorato in una politica "delle larghe intese", proprio perché abbandonata dall'Italia. L'Europa è sempre stata vicina, c'erano gli emigrati che potevano tornare in patria per votare e quindi erano coccolati dai partiti. Il Sud America è ancora oggi, troppo lontano, difficilmente dà fastidio, è quasi impossibile rientrare per votare e quindi conta molto poco. Ma una certa diversità, provocata dalla lunga assenza degli emigrati dall'Italia e, soprattutto, dell'Italia nei nostri confronti, arricchirà il Parlamento, non lo metterà in crisi.
E poi, invertendo l'argomento di Rampoldi, potremo anche sostenere che 18 parlamentari - o forse molti di meno visto che alcuni "saranno politicamente orientati" - sono pochi davvero, se non riusciranno a interagire con gli altri seicento colleghi, per  far valere le nostre ragioni nel Parlamento italiano.
La diversità che - secondo noi - arricchirà il Parlamento italiano, sta nel fatto che i citati dirigenti dell'Associazionismo, oltre ad uno spiccato spirito di partecipazione e volontariato, messo in pratica da decenni, hanno alle spalle una storia di emigrazione o di vita in famiglie di emigrati. Conoscono bene i nostri problemi, le nostre attese , i nostri sogni e anche il nostro grande amore per l'Italia. E' proprio perché non ci conoscono preferiscono descriverci con le macchiette, con gli stereotipi, con i pregiudizi e hanno paura di ciò che potremo fare. E proprio perché non ci conoscono i partiti italiani non si decidono ad affidare le proprie candidature a esponenti locali e temono la vittoria dei candidati dell'Associazionismo.
Ma stiano pure tranquilli Rampoldi e quanti la pensano come lui, compresi gli onorevoli - pochi per la verità - che hanno tentato inutilmente di segnarci una rete in zona Cesarini: leggi in prima pagina “Camera: Fallito l’ultimo tentativo di impedire l’applicazione della legge sul voto all’estero” .  Se eletti al Parlamento italiano, gli esponenti delle nostre comunità in Sud America non stravolgeranno i delicati equilibri politici parlamentari, non provocheranno crisi internazionali e non manderanno in bancarotta l'Italia. E' ridicolo solo pensarlo!
In realtà il peggio che potrebbe succedere è che non riescano a cambiare niente e per gli italiani residenti all'estero, tutto rimanga come prima. Ma questo sembra essere un aspetto assolutamente secondario, ininfluente, per quanti vedono la novità del nostro voto come l'inviato speciale del quotidiano romano.
 



 
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