06 dic 2005 | Mostre, "MigrAzioni - Un sogno lungo un secolo" |
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ROMA, 6 dic.- (Italia Estera) - 'MigrAzioni - Un sogno lungo un secolo', raccontato attraverso le fotografie degli italiani migranti e degli immigrati del terzo millennio. Decine di scatti che danno vita al percorso iconografico allestito a Roma, presso la 'Casa internazionale delle donne' (via della Lungara 19), fino all’8 dicembre.
L'evento è organizzato da Labitalia all'interno del progetto 'Pane e denti (possibilità e strumenti)', realizzato in partnership con Conform srl, Cenasca-Cisl, Cnca, Stellaria Cooperativa Sociale e Impresa Sensibile-Cna, per combattere il razzismo e la xenofobia e rimuovere le distorsioni culturali e sociali che ancora accompagnano i fenomeni migratori. Il progetto è cofinanziato dal Fondo sociale europeo all'interno dell'iniziativa comunitaria Equal II Fase, che ha come obiettivo principale la lotta alle discriminazioni e disuguaglianze nel mercato del lavoro, e gestito in Italia dal ministero del Lavoro e delle Politiche sociali.
“Alla luce anche dei recenti episodi di razzismo e xenofobia che hanno coinvolto il mondo della sport, la mostra organizzata da Labitalia, vuole essere un segnale in controtendenza”. Così l'amministratore delegato di Labitalia, Maria Rosaria Bellizzi, spiega le motivazioni dell'iniziativa. “Si tratta di un percorso visivo - aggiunge Bellizzi - che, nel parallelo tra vecchia e nuova emigrazione, aiuta la comprensione immediata di quanto labile sia il confine tra popoli migranti e popoli ospitanti”.
Nelle immagini di 'migrAzioni', le storie dei migranti italiani di inizio secolo si intrecciano con quelle dei migranti del terzo millennio, raccontate dal fotografo romano Stefano Montesi, impegnato nel sociale e collaboratore della Caritas. Altre foto provengono dagli archivi della Fondazione Paolo Cresci (fotografo e studioso dell'emigrazione che in 25 anni ha raccolto 11.000 immagini, documenti e altrettante lettere) di Lucca e dalla Fondazione Napoli Novantanove (che ha creato a Camigliatello 'La Nave della Sila', museo che narra l'epopea migratoria degli italiani). Grazie a foto e materiali d'epoca, la mostra ripropone un percorso a ritroso nella nostra storia, quando (fra la fine dell''800 e l'inizio del '900) oltre 27 milioni di connazionali hanno cercato fortuna oltreoceano.
Nelle immagini rivivono le angosce, i drammi pubblici e privati di milioni di persone costrette all'espatrio. Storie spesso laceranti, che hanno colpito una famiglia su due fino a pochi decenni fa e che hanno interessato tutte le regioni, in particolare Veneto e Calabria. Eppure da quei viaggi della speranza, ieri come oggi, sono nati 'ponti' tra culture diverse e, da questi, nuove identità che sono alla base della società multietnica.
Accanto alle immagini dei nostri avi emigrati, 40 opere di Montesi, attraverso scatti immediati, diretti, quotidiani ci restituiscono elementi e significati originali di almeno 25 anni di vita degli stranieri immigrati in Italia. Dalla baraccopoli del Quarticciolo del 1982, dove la comunità islamica cercava di tenere viva la propria identità (c'era anche il muezzin che invitava alla preghiera), allo sgombero dell'ex pastificio Pantanella negli anni '90. E ancora, negli anni Duemila, i cinesi al lavoro a Firenze, il ritratto di Lwal, cristiano del Sudan scappato dal suo Paese in guerra, gli sguardi oltre la rete del centro di permanenza temporanea di Ponte Galeria. E gli scatti raccontano anche storie positive, di chi ce l'ha fatta. Come quella delle sarte rom che hanno tessuto preziosi ricami e sfilato per Romeo Gigli o quella di Mohiuddin Mohd, immigrato dal Bangladesh passato per l'inferno dell'ex pastificio Pantanella (negli anni '90 fatiscente ricovero per gli stranieri in arrivo nella capitale), che ha intrapreso la carriera da imprenditore, aprendo ristoranti e pizzerie.
“Quella dell'emigrazione è una realtà che conosciamo bene nel Lazio: siamo stati, infatti, la regione italiana con il maggior numero di emigrati nel paese. E per questo la memoria di questo passato è oggi preziosissima”, dichiara il presidente della regione Lazio, Piero Marrazzo. “La mostra - prosegue Marrazzo - ci regala un percorso iconografico unico”. Particolarmente “significativa”, per Marrazzo, la scelta di accostare le storie dei vecchi migranti con quelle dei nuovi. “Si tratta di un legame che spesso molti dimenticano - aggiunge - e, dunque, le immagini riescono a diventare veicoli per importanti valori. Le storie di sacrifici e di sofferti distacchi e di speranze dell'Italia in bianco e nero degli anni '50 - sottolinea - si specchiano nella realtà dei nuovi migranti. E il sogno è sempre lo stesso: sicurezza, stabilità, pace. La risposta può essere solo una: rispetto dei diritti umani e rifiuto categorico di ogni forma di xenofobia e razzismo”.
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