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03 gen 2006Richiami di Ciampi per tutti, in patria e all’estero

Editoriale di Nino Randazzo su"Il Globo" di Melbourne e "La Fiamma" di Sydney
MELBOURNE- 3 gen.(Italia Estera) - Mancano ancora sei mesi alla conclusione del mandato del presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi, ma, in coincidenza con una infuocata vigilia elettorale, è arrivata l’ora del bilancio di un settennato che lo ha visto costantemente, senza mai la minima esitazione o sfasatura, svolgere il ruolo di capo dello Stato con dignità pari ad efficienza, imparzialità pari a fermezza, senso di responsabilità pari all’affettuosa vicinanza a tutti gli strati della popolazione. E’ con giustificabile orgoglio che, fra l’altro, ricorda di aver voluto visitare ogni singola provincia d’Italia oltre che numerose collettività all’estero. Quantunque nel “semestre bianco” che gli impedisce atti e funzioni di rilevanza politica, egli si rivela tutt’altro che un’anatra zoppa (come lo furono nelle stesse circostanze almeno un paio dei suoi predecessori, Leone e Cossiga per essere ancora più precisi), esercita fino all’ultimo sul piano morale una funzione altrettanto, e forse più, rilevante di quella che è stata sua propria sul piano istituzionale operativo. Ne sono esemplare e lucida testimonianza i due messaggi augurali del nuovo anno, complementari l’uno all’altro, quello tradizionale e generale agli italiani e quello particolare agli italiani all’estero, che costituiscono un esempio raro di linguaggio semplice ed alto allo stesso tempo, privo di retorica ma che, al contrario di tanti discorsi di personaggi della vita pubblica, tocca con calore e immediatezza il cuore dei problemi e il cuore della gente.
Già nelle prime battute del tradizionale saluto agli italiani all’estero Ciampi fa uno specifico richiamo a due comunità fisicamente fra le più lontane, quelle dei connazionali d’Australia e Canada, scusandosi di “non avere avuto il tempo per poterle visitare”. In realtà, col senno del poi, va anche riconosciuta un’assenza d’iniziativa di tutti noi in Australia, nel non avere mai intrapreso, superando i formali inviti d’occasione di politici australiani in visita in Italia, un’azione comunitaria sufficientemente pressante per forzare affettuosamente il primo cittadino italiano ad una breve e significativa trasferta in questa parte del mondo. Indirettamente inducono anche a questo le parole di Ciampi: a riflettere sul generale scollamento, negli ultimi anni, del rapporto italo-australiano e sulla urgenza di porvi rimedio ai livelli di attività diplomatica, di attività politica, di pubbliche relazioni, di interscambi sociali, di ricerche e conoscenze reciproche, di collaborazione economica e culturale.
I due messaggi, più che un commiato, contengono il compendio di tutto il mandato presidenziale e dei valori che lo hanno ispirato. E contengono una serie di richiami alla società italiana nel suo insieme ed alle forze politiche in particolare. Forze politiche che Ciampi ha rispettato nella scrupolosa osservanza del dettato costituzionale ma che all’occorrenza ha saputo anche bacchettare e richiamare all’ordine.
Quando il presidente parla del suo impegno “per l’unità dei cittadini e l’unità della Patria” non è difficile scorgere i destinatari del richiamo in quei politici di governo che con la maldestra “devolution” hanno predisposto il dissolvimento dell’unità nazionale. Quando parla dei simboli dell’identità nazionale “dal Tricolore all’Inno di Mameli” e del nesso tra Risorgimento, Resistenza, Repubblica e Costituzione, non ha potuto avere in mente altro che il rischio che l’Italia corre con lo stravolgimento recentemente approvato della seconda parte della Costituzione al fine di un presunto federalismo. Quando parla di avere voluto trasmettere “l’orgoglio di essere italiani”, il riferimento è chiaro ai perversi movimenti di secessionismo, alle spinte del Nord contro il Sud, delle regioni ricche contro le regioni povere. Quando parla della laicità dello Stato non in contrasto con “l’antico patrimonio di valori cristiani e umanistici” dell’Italia, vibra uno schiaffo – diciamolo pure – a vecchi e nuovi estremismi di destra e di sinistra pronti a far risorgere lo spettro dell’incompatibilità e dello scontro fra Stato e Chiesa. Quando parla di un domani che per gli europei non esiste “se non in un’Unione Europea sempre più coesa”, ricaccia in gola ai politici euroscettici la solita lagna su un euro responsabile di tutti i mali economici dell’Italia.
Quando, poi, nel messaggio agli italiani all’estero, parla di mantenere “legami di cultura, di lingua, di tradizioni” e invita a far sì che figli e nipoti “non nati in Italia continuino a conoscere la lingua italiana”, avrà pur dovuto pensare al dissesto della scuola italiana all’estero, ai selvaggi tagli degli stanziamenti per promozione e diffusione di lingua e cultura nel mondo, alla mancata riforma degli scombussolati Istituti di Cultura, all’assenza, anzi, di una politica culturale fuori dei confini nazionali. Quando parla del prossimo esercizio del voto all’estero, da sentire non tanto come una “opportunità” quanto “come un dovere, come un sentimento di attaccamento alla Patria d’origine”, il discorso è diretto anche a quegli organi ministeriali dell’Interno e degli Esteri che non sanno comporre i loro dissidi di competenza, che non sanno trovare i mezzi, tecnici, umani ed economici, per completare a un livello ottimale le liste degli elettori, per dare agli uffici consolari la possibilità di operare con maggiore efficienza in questo nuovo delicatissimo settore, per condurre un’adeguata campagna promozionale, educativa, informativa.
Ce n’è per tutti nelle parole di Ciampi. Il quale, a 85 anni suonati e con un vigore giovanile delle capacità intellettuali, sarà certamente accompagnato nel meritato riposo dalla gratitudine di una nazione che, a parte qualche frangia lunatica, apprezza l’amore genuino all’Italia che ha avuto ed ispirato e fatto rinascere in chi l’aveva un po’ dimenticato.

NINO RANDAZZO



 
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