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10 nov 2005Aprire le porte delle associazioni

L’editoriale di Marco Basti su Tribuna Italiana

BUENOS AIRES -Tribuna Italiana/Italia Estera -Domenica prossima comincerà a Buenos Aires la 50ª Settimana di Calabria, una serie di manifestazioni che ogni anno organizza l’Associazione Calabrese di Buenos Aires per promuovere la cultura calabrese e i suoi valori e come momento di incontro della famiglia calabrese.
E’ quanto ha spiegato la presidente del sodalizio, Irma Rizzuti, la quale, durante la conferenza stampa di presentazione della manifestazione, ha detto che quest’anno i dirigenti dell’Associazione Calabrese hanno visitato le più importanti e rappresentative istituzioni del rione di Almagro, dove ha sede l’associazione, per presentarsi, stabilire nuovi rapporti e invitarle a partecipare alle manifestazioni organizzate quest’anno.
“Dobbiamo aprire le porte e farci conoscere, far sapere chi siamo, cosa abbiamo fatto, la forza del nostro contributo”, ha detto la presidente Rizzuti, sottolineando che questa è la strada che deve percorrere l’associazionismo per assicurare la sua continuità.
Irma Rizzuti ha una lunga esperienza nella vita politica della collettività. E’ consigliere cooptato del Comites di Buenos Aires da tre periodi. E’ esperta nominata dalla Regione Calabria, è presidente della Lega di Donne Calabresi e fa parte del Direttivo della Federazione Calabrese e della FEDITALIA. E’ stata consigliere comunale della città di Buenos Aires e attualmente è assessore della Legislatura della Città. Ha ricoperto altri incarichi nel Governo della città, ed è autrice della norma che ha stabilito che la Città di Buenos Aires deve organizzare ogni anno una Settimana dedicata alla diffusione della cultura italiana.
Si tratta come si vede di una donna che fa politica a tempo pieno, per cui i suoi punti di vista non sono parole al vento, ma frutto delle sue riflessioni e delle sue esperienze.
E sono punti di vista condivisibili. Perché la proposta di aprire le porte delle associazioni, di uscire al quartiere, alla società
significa far sapere che c’è una comunità italiana che conserva e rivendica certi valori profondi, che migliaia di italiani emigrati in Argentina apportarono al Paese, per farlo crescere, per farlo ricco, per farlo colto, per farlo diverso.
Aprire le porte delle nostre associazioni perché anche la società argentina, laddove non sia al corrente, sia informata dell’azione esemplare svolta da esse: di assistenza, di diffusione culturale, di attività sportiva, di promozione sociale e di svago, ma anche come scuole di civiltà e di vita democratica.
Una apertura - sia ben chiaro - che non poche associazioni italiane hanno portato avanti già da tempo. Specialmente nelle città dell’interno, le tradizionali Società Italiane di Mutuo Soccorso, quasi tutte centenarie, sono diventate in molti casi il centro dell’attività sociale del posto. Ma anche associazioni meno anziane, hanno da tempo messo in atto politiche di apertura e di relazioni con le comunità in cui operano.
L’invito della presidente Rizzuti però, è rivolto a molte associazioni che languono perché non c’è stato il tanto proclamato rinnovamento, il largo ai giovani, l’accesso alle nuove generazioni. Aprire le porte per queste associazioni significa non solo farsi conoscere e far conoscere il contributo della nostra presenza, ma la possibilità di nuovi rapporti con le istituzioni della zona e quindi di contare di più nella vita e nella politica delle comunità nelle quali esse operano.

Contare nelle comunità dove operano le nostre associazioni, contare per promuovere i nostri valori, quelli che oggi sembra siano stati in gran parte cancellati nella società argentina. Il rispetto della vita, del lavoro, della proprietà altrui. Il rispetto per i più piccoli e per gli anziani.
E` delle ultime ore la notizia della morte di Angelo Lancillotti, 89enne, morto per infarto causato dalla tensione e dai maltrattamenti ricevuti con la moglie, durante una rapina alla loro abitazione tre giorni fa. Nel 2005 nel Gran Buenos Aires sono morti 22 anziani durante le rapine di cui sono stati vittime. Sette rapine su dieci hanno come vittime gli anziani, in una “escalation” alla quale le autorità non riescono a mettere fine e alla quale la società assiste passiva. Tra quegli anziani molti sono nostri connazionali che, nell’immediato dopoguerra emigrarono in Argentina e si stabilirono nelle zone allora aperte dei sobborghi della Capitale. Costruirono le loro case, e formarono quartieri, nei quali portarono la luce, il gas, l’acqua e le fogne. Costruirono anche le loro fabbriche, le loro officine, i loro negozi, contribuendo in modo determinante alla crescita dei municipi del Gran Buenos Aires. Municipi che hanno in loro i principali contribuenti, perché pagano puntualmente le tasse e i servizi. Molti hanno contribuito e continuano a farlo facendo cose che son responsabilità dei Comuni, come coprire le buche che si formano nelle strade davanti alle loro case, o riparare i marciapiedi o piantare alberi nella “cuadra” perché l’attesa della “cuadrilla” municipale che deve occuparsi di questi lavori diventa eterna.
Sognarono con una vecchiaia serena, assicurata dai risparmi di una vita di lavoro. Ma inflazione, abusi fiscali, “Plan Bonex” e “corralito”, diminuzioni arbitrarie delle pensioni, hanno ridotto tanti di questi connazionali (e di emigrati di altri Paesi che operarono in modo esemplare come loro) a condizioni di povertà se non di indigenza, per cui alcuni - quelli che possono ancora farlo anche se hanno già superato i settanta anni - sono costretti a lavorare, generalmente come artigiani, come tecnici o con un proprio negozio, per assicurarsi una degna sussistenza.
Ora, oltre a tutto questo, devono perfino vivere nella paura di essere rapinati, torturati e uccisi.
Come società dovremmo nutrire per loro affetto, rispetto e riconoscenza. Vista la situazione economica dell’Argentina, dovremmo anche scusarci per non essere stati capaci di assicurare i loro risparmi e una vecchiaia serena. Ora, davanti alla violenza di cui sono vittime, possiamo solo vergognarci e cercare di fermare i delinquenti.
La società argentina oggi non rispetta i bambini, che a migliaia sono abbandonati nelle strade e non rispetta gli anziani, lasciati in preda ai delinquenti. Non rispetta il suo passato e non si cura del suo futuro.
Aprire le nostre Associazioni, deve servire per rilanciare i nostri valori, per ricordare che una società più giusta, fondata nel lavoro e nello sforzo, nel rispetto per gli anziani e per i bambini, fu costruita tenendo in alto quei valori. Anche per questo, dobbiamo aprire le porte delle nostre Associazioni.

Marco Basti
Domenica prossima comincerà a Buenos Aires la 50ª Settimana di Calabria, una serie di manifestazioni che ogni anno organizza l’Associazione Calabrese di Buenos Aires per promuovere la cultura calabrese e i suoi valori e come momento di incontro della famiglia calabrese. E’ quanto ha spiegato la presidente del sodalizio, Irma Rizzuti, la quale, durante la conferenza stampa di presentazione della manifestazione, ha detto che quest’anno i dirigenti dell’Associazione Calabrese hanno visitato le più importanti e rappresentative istituzioni del rione di Almagro, dove ha sede l’associazione, per presentarsi, stabilire nuovi rapporti e invitarle a partecipare alle manifestazioni organizzate quest’anno. “Dobbiamo aprire le porte e farci conoscere, far sapere chi siamo, cosa abbiamo fatto, la forza del nostro contributo”, ha detto la presidente Rizzuti, sottolineando che questa è la strada che deve percorrere l’associazionismo per assicurare la sua continuità. Irma Rizzuti ha una lunga esperienza nella vita politica della collettività. E’ consigliere cooptato del Comites di Buenos Aires da tre periodi. E’ esperta nominata dalla Regione Calabria, è presidente della Lega di Donne Calabresi e fa parte del Direttivo della Federazione Calabrese e della FEDITALIA. E’ stata consigliere comunale della città di Buenos Aires e attualmente è assessore della Legislatura della Città. Ha ricoperto altri incarichi nel Governo della città, ed è autrice della norma che ha stabilito che la Città di Buenos Aires deve organizzare ogni anno una Settimana dedicata alla diffusione della cultura italiana. Si tratta come si vede di una donna che fa politica a tempo pieno, per cui i suoi punti di vista non sono parole al vento, ma frutto delle sue riflessioni e delle sue esperienze. E sono punti di vista condivisibili. Perché la proposta di aprire le porte delle associazioni, di uscire al quartiere, alla società significa far sapere che c’è una comunità italiana che conserva e rivendica certi valori profondi, che migliaia di italiani emigrati in Argentina apportarono al Paese, per farlo crescere, per farlo ricco, per farlo colto, per farlo diverso. Aprire le porte delle nostre associazioni perché anche la società argentina, laddove non sia al corrente, sia informata dell’azione esemplare svolta da esse: di assistenza, di diffusione culturale, di attività sportiva, di promozione sociale e di svago, ma anche come scuole di civiltà e di vita democratica. Una apertura - sia ben chiaro - che non poche associazioni italiane hanno portato avanti già da tempo. Specialmente nelle città dell’interno, le tradizionali Società Italiane di Mutuo Soccorso, quasi tutte centenarie, sono diventate in molti casi il centro dell’attività sociale del posto. Ma anche associazioni meno anziane, hanno da tempo messo in atto politiche di apertura e di relazioni con le comunità in cui operano. L’invito della presidente Rizzuti però, è rivolto a molte associazioni che languono perché non c’è stato il tanto proclamato rinnovamento, il largo ai giovani, l’accesso alle nuove generazioni. Aprire le porte per queste associazioni significa non solo farsi conoscere e far conoscere il contributo della nostra presenza, ma la possibilità di nuovi rapporti con le istituzioni della zona e quindi di contare di più nella vita e nella politica delle comunità nelle quali esse operano. Contare nelle comunità dove operano le nostre associazioni, contare per promuovere i nostri valori, quelli che oggi sembra siano stati in gran parte cancellati nella società argentina. Il rispetto della vita, del lavoro, della proprietà altrui. Il rispetto per i più piccoli e per gli anziani. E` delle ultime ore la notizia della morte di Angelo Lancillotti, 89enne, morto per infarto causato dalla tensione e dai maltrattamenti ricevuti con la moglie, durante una rapina alla loro abitazione tre giorni fa. Nel 2005 nel Gran Buenos Aires sono morti 22 anziani durante le rapine di cui sono stati vittime. Sette rapine su dieci hanno come vittime gli anziani, in una “escalation” alla quale le autorità non riescono a mettere fine e alla quale la società assiste passiva. Tra quegli anziani molti sono nostri connazionali che, nell’immediato dopoguerra emigrarono in Argentina e si stabilirono nelle zone allora aperte dei sobborghi della Capitale. Costruirono le loro case, e formarono quartieri, nei quali portarono la luce, il gas, l’acqua e le fogne. Costruirono anche le loro fabbriche, le loro officine, i loro negozi, contribuendo in modo determinante alla crescita dei municipi del Gran Buenos Aires. Municipi che hanno in loro i principali contribuenti, perché pagano puntualmente le tasse e i servizi. Molti hanno contribuito e continuano a farlo facendo cose che son responsabilità dei Comuni, come coprire le buche che si formano nelle strade davanti alle loro case, o riparare i marciapiedi o piantare alberi nella “cuadra” perché l’attesa della “cuadrilla” municipale che deve occuparsi di questi lavori diventa eterna. Sognarono con una vecchiaia serena, assicurata dai risparmi di una vita di lavoro. Ma inflazione, abusi fiscali, “Plan Bonex” e “corralito”, diminuzioni arbitrarie delle pensioni, hanno ridotto tanti di questi connazionali (e di emigrati di altri Paesi che operarono in modo esemplare come loro) a condizioni di povertà se non di indigenza, per cui alcuni - quelli che possono ancora farlo anche se hanno già superato i settanta anni - sono costretti a lavorare, generalmente come artigiani, come tecnici o con un proprio negozio, per assicurarsi una degna sussistenza. Ora, oltre a tutto questo, devono perfino vivere nella paura di essere rapinati, torturati e uccisi. Come società dovremmo nutrire per loro affetto, rispetto e riconoscenza. Vista la situazione economica dell’Argentina, dovremmo anche scusarci per non essere stati capaci di assicurare i loro risparmi e una vecchiaia serena. Ora, davanti alla violenza di cui sono vittime, possiamo solo vergognarci e cercare di fermare i delinquenti. La società argentina oggi non rispetta i bambini, che a migliaia sono abbandonati nelle strade e non rispetta gli anziani, lasciati in preda ai delinquenti. Non rispetta il suo passato e non si cura del suo futuro. Aprire le nostre Associazioni, deve servire per rilanciare i nostri valori, per ricordare che una società più giusta, fondata nel lavoro e nello sforzo, nel rispetto per gli anziani e per i bambini, fu costruita tenendo in alto quei valori. Anche per questo, dobbiamo aprire le porte delle nostre Associazioni.




 
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