Decolla e precipita subito la nuova trasmissione di Celentano in TV
HOUSTON,TX - 23 ott-(Italia Estera) - Per un italoamenicano come me e’ sempre un po’ comprensibile che si nutrano speranze ed aspettative tutte le volte che sulla televisione via satellite appaiano programmi RAI che preannunciano cose formidabili. E’ accaduto questa volta a Rockpolitick che ha suscitato attese fra chi come me ricorda ancora i primi esordi del “supermolleggiato nazionale”. E, forse, il problema sta proprio in questo, si dovrebbe cercare di mantenere poi nei fatti quello che si promette. Lo spettacolo, alla fine, non e’ valso neanche d’essere visto fino alla fine e ci si e’ dovuti accontentare di qualche documentario piu’ serio trasmesso in TV.
Alla scenografia reminiscente della New York dell’undici Settembre ha fatto seguito la comparsa di un Celentano evidentemente avanti neggli anni ed una filastrocca stucchevole su “lento” e “veloce” davvero lentissima ed insopportabile, tra l’altro inspiegabilmente applaudita da una debole clack.
Il costume alla Dracula di Celentano, la musica di sottofondo volutamente carica di pesante tensione e finalmente le canzoni di un vecchio repertorio massacrate per mancanza di vera energia giovanile e di una buona voce hanno fatto in modo che ad un certo punto, si dovesse far ricorso al telecomando e finire anticipatamente l’ennesimo strazio ammannito in TV. Questo, pero’, non prima d’aver potuto ascoltare la star inconfessata e predisposta dal copione neorivoluzionario di Celentano e dai suoi. Alla fine e’ spuntato Santoro. A parte le intenzioni perbenistiche a base di liberta’ , uguaglianza e fratellanza di sanculottiana memoria, s’e’ subito visto che ora lo show musicale era finito davvero e si sterzava bruscamente e senza mezzi termini dal settore “Rock” a quello “politick” preannunciato nel titolo. A questo punto sopraffatto dal tedio e dal manierismo da “anni di fuoco” di vetusta memoria ho dovuto, sono certo come molti altri, abbandonare lo “show”. Mi sono chiesto nel frattempo se fosse ancora possibile a qualche anno del collasso del muro di Berlino e dalla dissoluzione dell’impero sovietico che ci si venisse a ridare ancora la stessa ridicola solfa. Il genio che ha preparato questo minestrone musical-politico-rivoluzionario, che ha rispolverato una mummia semiappassita della canzone, che ha preparato il colpo mancino dell’eroe dello scoop giornalistico che cerca ora la beatificazione rinunciando alla prestigiosa poltrona europea, si rende conto che nel frattempo l’Italia e’ cambiata e non e’ piu’ disposta a farsi riportare piu’ in giu’? L’Italia di oggi e’ quella che si accinge a costruire l’opera ciclopica ed unica del ponte sullo Stretto. Per anni fin da bambino recandomi in gita a Messina vedevo esposte nelle edicole le cartoline che mostravano un ponte sempre promesso da tutti e mai realizzato. Ora quel ponte sta per partire e diventare realta’ per opera di un governo tanto criticato e beffeggiato e certamente temuto dagli amici delle sinistre proprio per quello che potrebbe essere in grado di fare. In America esiste un detto che la dice tutta “Un po’ meno parole ed un po’ di piu’ d’azione”. L’unica azione che abbiamo vista, invece, in Rockpolitick e’ stata quella di un artista gia’ tramontato, che non ha la il buon gusto ed il buo senso di ritirarsi per tempo e che cerca un ultimo appiglio sensazionalistico per restare in TV.
LETTERA APERTA DI RO PUCCI – HOUSTON, TEXAS