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21 set 2005SVIZZERA ED U.E.: FRONTALIERATO E REFERENDUM ++di Claudio Pozzetti*++

OPINIONI
LUGANO, 21 sett. - (Italia Estera) - Dopo il referendum, con esito positivo, sull’adesione della Svizzera alle normative di Schengen e Dublino (5 giugno 2005), il prossimo 25 settembre il popolo svizzero sarà ancora chiamato alle urne per pronunciarsi su un tema “europeo”: l’estensione della libera circolazione ai cittadini dei dieci nuovi stati dell’Unione Europea.
In seguito agli accordi bilaterali con l’UE, entrati in vigore nel 2002, la politica migratoria svizzera ha imboccato più decisamente la strada dell’ammissione differenziata: per i cittadini dell’UE, dopo una fase di transizione, ci sarà a regime la libera circolazione.
Il I° maggio 2004, data dell’allargamento dell’UE ad altri dieci paesi, gli accordi bilaterali in vigore tra la Svizzera e l’UE sono stati estesi automaticamente ai nuovi stati membri, tranne l’accordo sulla libera circolazione delle persone del 1999: quest’ultimo richiedeva infatti un certo numero di adattamenti che sono stati oggetto di negoziati con l’UE. Questi sono stati approvati dal parlamento svizzero nel dicembre 2004, ma alcuni gruppi politici (Democratici svizzeri, Lega dei ticinesi, Partito della libertà, vari consiglieri nazionali UDC, estrema sinistra) hanno lanciato il referendum contro l’estensione della libera circolazione ai paesi orientali dell’UE. A loro avviso essa provocherebbe un afflusso a lungo termine di immigrati dai paesi dell’est che avrebbe come conseguenza una riduzione dei posti di lavoro per gli svizzeri e per i frontalieri o il dumping salariale.
Dunque il prossimo 25 settembre il popolo svizzero esprimerà la sua opinione. La scelta di approvare la libera circolazione anche per i nuovi cittadini UE sarebbe un ulteriore segno di apertura verso l’Europa , dopo il sì all’associazione della Svizzera alle normative di Schengen e Dublino.
Anche in questa occasione il nostro obiettivo sarà quello di contribuire alla costruzione di una Europa sociale, che ponga un freno alla deregolamentazione e alla precarizzazione dei rapporti di lavoro e promuova invece sviluppo e occupazione, attraverso un coordinamento dei sistemi previdenziali, assistenziali e fiscali, ricercando uno spazio negoziale e strumenti contrattuali comuni. L’iniziativa sindacale comune nelle regioni di frontiera può giocare un ruolo attivo nella costruzione di questa Europa sociale. Occorre un’azione delle lavoratrici e dei lavoratori frontalieri, attiva nel promuovere il dialogo sociale, con le controparti padronali e con le istituzione ai diversi livelli, fino ad esercitare una contrattazione transfrontaliera che permetta di evitare fenomeni di dumping salariale e sociale.
Il frontalierato, pur risentendo dell’andamento della congiuntura economica, ha assunto in Italia sempre più le caratteristiche di un fenomeno strutturale, per qualità e dimensioni, del mercato del lavoro nelle fasce territoriali di confine con la Svizzera: in Lombardia è costituito da circa 40.000 unità, di cui 35.000 verso il Canton Ticino dalle province di Como e Varese, il resto da quella di Sondrio verso i Grigioni; in Piemonte (provincia del Verbano-Cusio-Ossola) da 5.000 unità, ripartite tra il Ticino e il Vallese; in Alto-Adige da alcune centinaia verso i Grigioni.
Occorre innanzitutto conoscere meglio l’entità del fenomeno, ma anche la variegata composizione della forza – lavoro frontaliera, per consentire di governare realmente questo particolare settore del mercato del lavoro. L’azione conoscitiva è indispensabile per rispondere meglio alle esigenze di questi lavoratori, ampliando le rete dei servizi che possiamo mettere a loro disposizione , potenziando l’attività di patronato per l’assistenza su pratiche di pensione , malattia, infortunio, organizzando nei maggiori centri di confine le assemblee dei lavoratori frontalieri sui diritti contrattuali, la disoccupazione e il fisco, favorendo l’organizzazione sindacale nei luoghi di lavoro svizzeri.
L’entrata in vigore, seppure a tappe, degli accordi bilaterali tra Unione Europea e Svizzera, in particolare quello relativo alla libera circolazione delle persone, ha modificato e modificherà ulteriormente lo statuto del lavoratore frontaliere, con tutte le conseguenze, sia positive che negative, che questi cambiamenti comporteranno.
Una vittoria del sì nel referendum del 25 settembre, oltre che segno di grande coraggio sarebbe un passo strategico in avanti sulla strada del bilateralismo nei rapporti della Svizzera con l’UE nella gestione dei movimenti migratori dei prossimi anni.
Per esercitare un’efficace tutela anche dei frontalieri di fronte alle novità introdotte dagli accordi bilaterali, particolarmente contro ogni forma di dumping salariale e sociale, in conseguenza delle ricadute indotte nel mercato del lavoro dall’allargamento dell’Unione Europea a 25 stati membri, va intensificata la collaborazione sindacale transfrontaliera: le direzioni principali in cui sviluppare l’impegno comune sono quelle dell’occupazione, dell’orario di lavoro, dell’orientamento e formazione professionale, della sicurezza e salute sul lavoro, dell’ambiente e delle grandi infrastrutture a rete, soprattutto per trasporti e viabilità.

*Consigliere CGIE Responsabile nazionale Frontalieri CGIL



 
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