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28 set 2005Una torta per celebrare il funerale di Rita

Corrispondenza da Copperas Cove di RO Pucci
 
COPPERAS COVE - (Italia Estera) - Oggi sara’ l’ultimo giorno che il nostro rifugio di Copperas Cove rimarra’ aperto. Lo apprendiamo da una dei volontari in lacrime al nostro arrivo al centro raccolta evacuati della “Sacra Famiglia”, dove giungiamo dopo un’altra notte ristoratrice presso il ranch dei Miller. Il numero degli evacuati e’ diminuito drasticamente ed al centro dell’enorme oratorio che ci ha protetto dalla malefica Rita si nota gia’ un’enorme catasta di materassi pronti ad essere portati via. Si respira un’aria di profonda tristezza. Tanto i volontari che continuano instancabili col loro lavoro che noi evacuati sentiamo che dovremo soffrire anche per questa nuova separazione. I giorni trascorsi assieme hanno creato ormai un legame troppo forte e difficile da spezzarsi a dispetto della lontananza e si e’ consapevoli che questi giorni di ansieta’ e speranza rimarranno sempre impressi nella nostra memoria. Continuano pero’ ad arrivare nuovi gruppi di evacuati. Tra questi una numerosa famiglia afroamericana di Beaumont, la citta’ del Texas al confine con la Louisiana la cui fisionomia e’ stata completamente stravolta dall’uragano. In effetti ci rendiamo conto che le famiglie sono due. In un primo momento, infatti, in casa della famiglia di Beaumont era stato ospitato un gruppo di evacuati di Katrina reduci dalle devastazioni di New Orleans ed ora, ospitati ed ospiti, sono costretti a cercare entrambi rifugio a Copperas Cove. Un’ingiusta ricompensa per la solidarieta’ offerta generosamente. Le ragazze ed i ragazzi adolescenti giunti col gruppo cercano di far intendere con i loro scherzi che per loro e’ piu’ importante saltare la scuola e godersi la vacanza inaspettata mentre, nella realta’, non e’ difficile cogliere sui loro volti chiari segni d’ansieta’ e nervosismo. Questi nuovi evacuati, quando domani si dovra’ chiudere, dovranno essere portati ad un altro centro di raccolta come il nostro dove adesso andranno a confluire tutte le ultime vittime dell’uragano Rita e, quindi, la loro triste odissea non e’ ancora finita. Il flusso dei soccorsi e l’alternarsi dei volontari pero’ non si arresta per questo.
Il poliziotto ed i due vigili del fuoco-infermieri sono sempre in servizio e si affiancano ai volontari civili che cercano sempre d’innovare qualcosa per distrarci e per non farci annoiare. Le signore che utilizzano l’enorme cucina , punto d’appoggio per la ditta di ristorazione che ci porta tre pasti caldi al giorno, aggiungono sempre qualche specialita’ e dessert ad arricchimento dei pasti ordinati. I libri e le riviste regalati al centro riempiono ormai tre tavoli lunghissimi  e sono ordinati al pari di una biblioteca. In un angolo del nostro hangar si e’ creata anche una bancarella con indumenti donati agli evacuati dove chiunque puo’ trovare qualcosa di cui ha bisogno per se e per i sui piccoli. Tutto e’ perfettamente pulito , lavato e stirato ed in molti casi si vede con chiarezza che gli abiti regalati vengono direttamente dai banchi di un negozio. E’ certamente un segno di altruistica ed attenta solidarieta’ che torna utilissima a quanti son dovuti fuggire da casa con i soli vestiti che portavano addosso.
Gli ospiti piu’ piccoli sono pero’ i piu’ seguiti ed i piu’ coperti di doni di tutti. Nei giorni scorsi sono arrivati per loro biglietti gratuiti per i centri ricreativi presenti in citta’ poi, da recente, e’ stato montato per loro nel retro del nostro oratorio un enorme “moonwalk”, una stanza con pavimento e pareti pieni d’aria dove i bambini continuano a saltare e rimbalzare per ore con grande divertimento ed ilarita’. Non credo che per loro si potrebbe fare di piu’.
Arrivano notizie sul ritorno alla normalita’ in tanti settori di Houston. La scuola rimane ancora chiusa ma stanno ritornando gradatamente ovunque acqua e corrente elettrica mentre le squadre del comune lavorano febbrilmente per rimuverne gli ostacoli creati da Rita alla circolazione. Interi alberi, insegne, materiale d’ogni genere strappato dalla furia cieca dell’uragano giacciono sul selciato delle strade cittadine impedendo il transito delle auto e vengono rimossi alacremente anche per l’arrivo delle telefonate di utenti impazienti di ritornare ad una vita comoda e normale. Il cellulare mi tiene in contato continuo con i buoni vicini di Kingwood che sono rimasti non potendo partire per varie ragioni. Apparentemente a nordest di Houston e nella zona dell’aeroporto intercontinentale George Bush, dove viviamo, tutto sta ritornando rapidamente alla normalita’ e c’e’ d’aspettarsi ad ogni momento il ripristino della corrente elettrica che ci permettera’ di rientrare ridandoci  l’aria condizionata indispensabile per il clima caldo-umido di Houston. Questa mattina abbiamo gia’ salutato con commozione i Miller che ci hanno ospitato da loro. Oggi sappiamo gia’ che all’arrivo della telefonata da Kingwood la separazione dagli amici del centro sara’ ancora piu’ dura. Ho scritto una lettera di ringraziamento al comune di Copperas Cove che tutti hanno firmato e che una ragazza del rifugio ha portato al giornale locale. Dal giornale mi telefonano dicendomi che domani verra’ pubblicata e mi chiedono i dati personali per completare l’articolo. Come accade di solito in qualsiasi casa americana si e’ preparata di nascosto dai festeggiati una festa di compleanno per i due vispi e vulcanici gemelli del simpatico “Chef”. E’ gia’ arrivata un’enorme torta coloratissima, le decorazioni ed i regali che faranno felici i due biondissimi festeggiati. Tra questi regali figurano pure due biglietti da un dollaro donati ai due festeggiati da una regazzina afroamericana del gruppo giunto per ultimo dalla martoriata Beaumont. Abbiamo appena finito d’aiutare nella distribuzione del pranzo quando ricevo la telefonata tanto attesa sul via libera al nostro rientro. Siamo circondati dagli amici che vogliono trattenerci ancora ma che sanno gia’ che questa indimenticabile fase della nostra vita d’evacuati e’ ormai finita.
S’iniziano allora subito i festeggiamenti del compleanno. Nessuno vuole e, tanto meno lo vogliamo noi, perdere questa festa che trascende la celebrazione di un compleanno per diventare quella della vera amicizia. La gioia s’unisce alle lacrime ed alle promesse che ci si rivedra’ presto. In fondo cosa c’e’ di piu’ bello e di piu’ pazzesco di una rimpatriata d’evacuati, siamo nel grande Texas dove tutto e’ o diventa possibile. Mentre assaggiamo la torta e scattiamo fiumi di foto ricordo ci rendiamo conto che ancora una volta, nel mezzo di una grande tragedia e’ nato ed e’ cresciuto qualcosa d’incomparabilmente nobile e bello. E’ invece Rita che e’ morta e quello che stiamo celebrando e’ anche la sua sconfitta ed il suo funerale.
 
 
 
IMPARARE DA RITA
 
C’e’ ben poco da fare
Ora lo abbiamo capito tutti, la battaglia contro le forze superiori della natura e’ una battaglia gia’ persa in partenza. Non ci sono infatti politici, eserciti, capitali e piani di sorta che potranno mai impedire tutte le distruzioni e, specialmente, tutte le perdite di vite umane che si verificano puntualmente all’arrivo di uno di questi terrificanti fenomeni. Quelli che potrebbero giudicare banale questa constatazione quasi ovvia dimenticano forse in quale secolo viviamo. L’era, quasi da fantascienza, dei viaggi spaziali e di internet. La scienza e la tecnica sofisticata di oggi ci permettono di vedere su uno schermo, comodamente seduti nel salotto di casa, il nascere di un uragano, il suo rafforzarsi ed ingrandirsi ed il suo avvicinarsi ai luoghi che domani chiameremo “del disastro” ma, a poterne prevedere esattamente i movimenti o tanto meno a poterne neutralizzare del tutto gli effetti devastanti non bisogna pensare neanche. E’ giusto, quindi, temerli e non bisogna vergognarsi d’averne paura. Anche gli eroi ammettono d’avere avuto paura davanti al pericolo. Questa paura, pero’, non deve essere codardia ed il riconoscimento della nostra inferiorita’ non deve giustificare il fatalismo o indurci alla rassegnazione. Tutti coloro che hanno lasciato Houston e che hanno fatto tesoro delle disgrazie di New Orleans e del Mississippi hanno fatto almeno qualcosa cercando d’evitare alle loro famiglie i lutti sofferti da altri meno prudenti e fortunati.
L’uragano dei politici
Un discorso a parte merita, invece, il comparto politico-organizzativo che e’, in effetti, costantemente esposto e  quasi sempre  devastato dai venti ben piu’ feroci della critica e dell’impopolarita’. Se si osserva quanto s’e’ verificato nella grande metropoli di Houston ci si accorge subito che la storia a volte e’ ingrata e persino crudele. Il sindaco Bill White ed i suoi collaaboratori non erano usciti ancora dalla generosa operazione dell’accoglienza degli evacuati di New Orleans che aveva guadagnato loro lodi e consensi che, quasi per una perfida fatalita’, la minaccia di un altro uragano ancora piu’ pericoloso di Katrina e’ venuta a presentarsi proprio alla loro citta’. Si prefigurava senza dubbio una gestione ben piu’ grave ed impegnativa, carica di nubi minacciose per il rischio  di fallimento e d’impopolarita’. Chiunque, anche ben piu’ coraggioso del sindaco White, ripercorrendo mentalmente le montagne russe emozionali vissute dal collega Nagin di New Orleans avrebbe avuto ragione a sentirsi tremare le vene ai polsi. Questa volta toccava a Houston a trovarsi nell’occhio del ciclone e, incredibile a dirsi, il primo cittadino della “citta’ spaziale” si presento’ subito sui teleschermi pallido e nervoso ma assicurando con modestia che avrebbe fatto di tutto per non fallire, come era accaduto altrove. Promesse naturalmente che, a parte la genuina volonta’ di offrire tutto l’aiuto possibile, tentavano di nascondere solo in parte la consapevolezza che purtroppo qualche cosa non avrebbe ancora funzionato.
Una citta’ troppo grande
Un celebre detto americano recita:”citta’ grandi, problemi grandi” e, se si considera che a Houston vivono 5.2 milioni d’abitanti dei quali moltissimi forniti d’auto propria, si capisce subito come certi superpiani custoditi nel cassetto lascino in effetti il tempo che trovano. Non esiste piano d’evacuazione  pur superorganizzato e supercollaudato, infatti, che possa sperare di funzionare bene in una citta’ enorme come Houston. Migliaia e migliaia di auto non possono lasciare allo stesso tempo la stessa citta’ utilizzando le stesse strade che per quanto larghe e composte da numerose corsie finiscono per trasformarsi, inevitabilmente, in trappole inestricabili. Bill White sapeva tutto questo e lo sapevano pure benissimo tutti gli abitanti di Houston per i quali le code e gli ingorghi stradali sono una dura realta’ all’ordine del giorno. In un certo senso si potrebbe affermare che questi problemi della circolazione stradale costituiscono per i poveri automobilisti quasi un’ineluttabile’ normalita’. Per gli avversari dell’attuale amministrazione di Houston sarebbe quindi alquanto pretestuoso e del tutto privo di lealta’ puntare ora il dito accusatorio contro chi si trova alla guida della citta’. Sarebbe una forma di sciacalleggio politico ed avrebbe solo lo scopo di trarre vantaggio a buon mercato dai disastri arrecati da Rita.
C’e’ un personaggio della letteratura americana che rimarra’ sempre vivo nella mia memoria per la maestria con cui il grande romanziere Erskine Caldwell lo ha dipinto e caratterizzato. E’ lo sceriffo di una contea della Georgia di “Trouble in July” che, all’insorgere di qualche problema serio per non compromettere la propria rielezione facendo qualcosa d’impopolare, aveva il vizietto ormai risaputo, di prendere l’attrezzatura per la pesca e sparire con tempismo dalla citta’. Ripensando ai recenti eventi connessi all’arrivo dell’ultimo uragano, dobbiamo notare onestamente che anche questa volta il sindaco White non se n’e’ andato. All’approssimarsi del mostro dal golfo, ha tirato su un respiro profondo ed e’ apparso in televisione dicendo chiaramente a tutti che avrebbe fatto il possibile per minimizzare le conseguenze che avremmo certamente dovuto subire. L’inevitabile, che s’e’ verificato poi come previsto e senza possibilita’ di scampo, non ha cambiato la realta’ dei fatti. Questa volta lo sceriffo non era andato a pesca ed era rimasto nella grande citta’ con i suoi grandi problemi.
 
RO PUCCI Houston, TX/Italia Estera
SEP 22 ore 07.OO AM locali



 
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