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18 dic 2002Il seminario dei DS a Zurigo: La riforma dei Comites si farà? E quando?

ZURIGO - Scelte e proposte dei Ds per la riforma degli organismi di rappresentanza degli italiani all’estero. Questo il tema del seminario che si è svolto a Zurigo al quale hanno partecipato anche l’on. Gianni Pittella, parlamentare europeo Ds e responsabile nazionale del partito all’estero, e Norberto Lombardi, coordinatore dei Forum della sinistra per gli italiani nel mondo.
La legge istitutiva degli organismi di rappresentanza degli italiani all’estero risale al 1985. CoEmIt, Comitati dell’emigrazione italiana, li definì legge 8 maggio 1985, n. 205, che fu salutata dall’emigrazione come una grande conquista democratica. Si usciva dal terreno grigio dei Comitati di nomina consolare (CoAsIt, CoCoCo, ecc.) e si passava ad una rappresentanza liberamente scelta con voto diretto. Nell’applicazione pratica si capì però che le cose non erano poi cambiate di molto: le funzioni, i campi di competenza, l’autonomia risultavano incerte, favorendo, in molti casi, situazioni di conflittualità con gli uffici consolari.
Con la legge 5 luglio 1990, n. 172, il Parlamento provò a cambiare le regole, chiarendo meglio le funzioni e il ruolo dei Comitati e, per sottolineare la discontinuità rispetto alla situazione precedente, ne cambiò anche la denominazione in “Comitati degli italiani all’estero” (ComItEs). Anche questa modifica non ha portato, nella pratica, cambiamenti significativi. Restavano troppo vaghe le funzioni e del tutto insufficienti le dotazioni finanziarie, che per di più sono sempre pervenute con enormi ritardi, tanto da impedire, in molti casi, anche lo svolgimento dell’ordinaria amministrazione.
Negli anni passati si è discusso a lungo su come riformare questi organismi, ma le proposte hanno avuto un iter parlamentare sempre molto travagliato e si sono puntualmente arenate. Si è intervenuti, invece, con leggine di proroga: nel luglio 1966 per rinviare le elezioni per il rinnovo dei Comites e nel dicembre 1996 per prorogare la durata in carica dei membri del Cgie (Consiglio generale degli italiani all’estero).
Nella scorsa legislatura sembrò che la riforma potesse giungere in porto, ma si fermò in dirittura d’arrivo. Il testo del provvedimento, frutto di una intesa tra forze politiche di maggioranza e di opposizione, venne licenziato dalla Camera nel giugno 1998 e dal Senato il 7 aprile 1999 con alcune modifiche che riguardavano, in particolare, la composizione del Consiglio degli italiani all’estero, lo scioglimento anticipato del Consiglio, l’estensione dei casi di ineleggibilità, la previsione di mezzi ulteriori a garanzia del principio di pubblicità delle sedute e l’introduzione del “Comitato dei presidenti”.
Tornato alla Camera, il nuovo testo venne vagliato dalla Commissione Affari esteri e comunitari il 26 ottobre 1999 e trasmesso all’aula per la definitiva approvazione. Lì però il percorso si fermò. Alla Prima conferenza degli italiani del mondo (Roma 11-15 dicembre 2000) la Commissione di lavoro “Partecipazione e diritti politici” nel documento finale espresse “profonda indignazione per la decadenza in Parlamento dei termini per la discussione della legge di riforma dei Comites” e ne chiese “una nuova rapida calendarizzazione”. Ma con lo scioglimento del Parlamento nella primavera successiva il percorso della riforma si bloccò definitivamente.
In questa legislatura i Democratici di sinistra sono tornati alla carica con un disegno di legge presentato alla Camera il 22 gennaio 2002 dall’on. Valerio Calzolaio. La proposta riprende il testo unificato discusso nella scorsa legislatura e introduce delle innovazioni nella definizione dei compiti e delle funzioni degli organismi denominati “Consigli degli italiani all’estero (ConItEs) per renderne più certo e cogente l’apporto”, mentre lascia “sostanzialmente invariati gli articoli che recano le disposizioni di carattere elettorale ed organizzativo”.
Tre sono le direttrici che ispirano il testo, si spiega nella relazione che accompagna il disegno di legge:
a) rafforzare i Consigli degli italiani all’estero come organo di base della rappresentanza democratica dei connazionali, sottolineando anche con la loro nuova denominazione il collegamento con il Cgie e il loro essere elemento di base della piramide democratica;
b) precisare le loro funzioni in rapporto sia con il consolato sia con le autorità ed istituzioni pubbliche e private locali, fatte salve tutte le questioni che attengono ai rapporti tra Stato e Stato;
c) definire il Consiglio come fulcro attorno al quale convergono le attività delle associazioni, munito della capacità di monitoraggio delle esigenze della comunità italiana e quindi capace di svolgere un’azione di programmazione delle iniziative, cooperando con le autorità consolari italiane nella fase di definizione, finanziamento e attivazione dei progetti, nonché nella fase successiva relativa alla verifica e al controllo dell’efficacia e dei risultati conseguiti dai progetti stessi.
Si tratta quindi, spiega ancora la relazione, di ricondurre i Comites alla funzione reale che possono svolgere in quanto organismi elettivi istituiti dallo Stato italiano in rappresentanza dei cittadini residenti all’estero, in primo luogo come interfaccia nei rapporti con il consolato e le rappresentanze diplomatiche e quindi agendo per il superamento del punto più dolente dell’esperienza precedente, vale a dire la promozione di quella collaborazione e di quello scambio positivo con le autorità consolari e l’apparato amministrativo, la cui assenza, dove si è verificata, ha svuotato di funzione e senso i Comites.
In più, ed inoltre, si tratta di promuovere verso le istituzioni dei Paesi di residenza, nell’ambito di quanto consentito dalle locali normative e condizioni, la visibilità, il riconoscimento e la valorizzazione dei Comites come tassello utile a favorire un reale processo di integrazione politico-istituzionale degli italiani residenti all’estero.
Allo stato attuale nessun’altra proposta risulta essere stata presentata in Parlamento. Questo fa nascere il timore che il Ministro per gli italiani nel mondo, Mirko Tremaglia, stia incontrando delle forti resistenze nell’ambito della maggioranza di governo.
Intanto nella tarda primavera del prossimo anno i Comites dovrebbero essere rinnovati. Ma con quali norme? Comincia a farsi strada l’idea di rinviare di un anno la data delle elezioni, come avvenne nel 1966.
Nel seminario sono state espresse forti perplessità sull’utilità del rinvio. Vista la distrazione, o le resistenze, dei partiti della maggioranza su questo tema, non c’è infatti alcuna garanzia che il Parlamento voglia approvare la riforma con i contenuti concordati nella passata legislatura. Del resto, se ci fosse la volontà politica, la riforma potrebbe essere approvata anche entro giugno. In questo caso risulterebbe plausibile un rinvio “tecnico” di alcuni mesi, altrimenti sarebbe meglio andare al rinnovo dei Comites con la legge che c’è.




 
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