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22 set 2005Risorse inadeguate, incertezze sul voto e riforme da costruire ++di Marco Fedi*++

MELBOURNE - (Italia Estera) - In questa fase preliminare rispetto all’impostazione complessiva della finanziaria per il 2006 credo sia importante continuare ad affermare con decisione la sostanziale inadeguatezza delle risorse. Occorre essere molto chiari su due questioni: i Comites non saranno in grado di operare se non si identificano risorse aggiuntive e la rete consolare non sarà in grado di assolvere i compiti fondamentali a questa assegnati – tra i quali gli adempimenti elettorali – se non si prevede una sua revisione e riorganizzazione, a lungo e medio termine, e risorse aggiuntive nell’immediato.
Per i capitoli di bilancio che concernono gli italiani all’estero, sui quali il CGIE sarà chiamato a dare un parere, è necessario prevedere aumenti, sia per i Comites che per le dotazioni alla rete consolare. In caso contrario il parere degli organismi di rappresentanza non può che essere negativo, ed in termini inequivocabilmente chiari. L’amministrazione degli esteri, nella documentazione predisposta per la finanziaria, insiste nell’utilizzare il termine “contributi” ai Comites anziché, come indicato dalla legge di riforma, “finanziamento”. Nella “logica” del CGIE si dovrebbe rispondere, in termini di finanziamento, alle effettive esigenze di sopravvivenza e di funzionamento dei Comitati mentre nella logica dell’amministrazione, gestendo risorse limitate da un capitolo ministeriale, la differenza tra contributi e finanziamenti è inesistente. Credo si debba ripartire da queste considerazioni formulando un metodo di analisi dei bisogni effettivi dei Comitati degli Italiani all’Estero e garantendone l’effettiva operatività.
L’aver superato la “limitazione” delle spese di soggiorno per il comitato dei presidenti, con l’autorizzazione ad una diaria, dimostra ulteriormente il “blocco” operativo all’azione dei Comites. Occorre superare una visione politica da parte del Governo che vorrebbe porre i Comites in una situazione di subalternità ed occorre continuare a superare gli ostacoli concreti risultanti da interpretazioni che sono “legittime” eredi della stessa miopia politica.
Vi sono poi capitoli di bilancio che fanno capo ad altre Direzioni e ad altri Ministeri di cui nulla si conosce e sui quali il CGIE dovrebbe essere chiamato a dare un parere. La seconda assemblea della Conferenza permanente Stato-Regioni-PA-CGIE, nell’indicare le linee programmatiche dell’azione del CGIE, dovrebbe indicare un percorso di “conoscenza” dei programmi e progetti per l’estero e per le comunità italiane nel mondo.
La revisione dei collegi dovrebbe completare il quadro normativo riguardante l’esercizio in loco del diritto di voto per gli italiani all’estero. Il provvedimento tarda a passare il vaglio del Consiglio dei Ministri mentre si moltiplicano le dichiarazioni, interne ai partiti della maggioranza di Governo ma anche esterne, ultimo episodio in ordine di tempo quello del sottosegretario Stefani, sulla necessità di rinviare l’effettiva realizzazione del voto per corrispondenza e l’elezione dei dodici deputati e sei senatori eletti dall’estero. Se a queste voci sommiamo le preoccupazioni espresse a proposito della legittimità costituzionale dell’art. 8 della legge 459/2001 – che esclude i non-residenti all’estero dal voto passivo – ci rendiamo conto che le assicurazioni espresse da Ministri e Parlamentari della stessa maggioranza di Governo con frasi tipo “diritto inviolabile” e “il voto non è in discussione” lasciano il tempo che trovano. Su tutto grava poi lo spettro di un’ennesima riforma elettorale rispetto alla quale ritengo si debba riflettere non solo in termini di adeguamento normativo con la 459/2001 ma anche in termini di coinvolgimento degli organismi di rappresentanza degli italiani all’estero relativamente ad aspetti della riforma che li riguardino direttamente. Voglio ricordare che la maggioranza di Governo è andata in direzione di importanti modifiche costituzionali, che hanno eliminato la rappresentanza al Senato, modificandone quindi la qualità, senza alcuna consultazione con Comites e CGIE.
Nel frattempo abbiamo il dovere di fare azione politica preventiva, senza attendere il risultato dell’operazione di allineamento, perché non vi sono garanzie che i “solo MAE” risultanti dall’operazione di ripulitura vengano effettivamente inseriti nell’elenco degli elettori, con il rischio di un inaccettabile ulteriore dispendio di risorse.
Il CGIE deve riprendere le redini del dibattito sulle riforme, articolando un programma di lavoro per il 2006 che punti, superato il momento elettorale, in direzione della promozione linguistica e culturale, della tutela dei diritti delle persone e degli interventi di solidarietà.
Tra le priorità, occorre porre le riforme delle leggi 401/1990 e 153/1971, il rafforzamento dell’attività di tutela dei Patronati attraverso gli strumenti normativi, regolamento, e le maggiori risorse, la riapertura dei termini per il riacquisto della cittadinanza ed il potenziamento della rete consolare.

*Marco Fedi, Vicesegretario Generale CGIE





 
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