BERNA - 1 set. - (Italia Estera) - A quarant’anni di distanza, la tragedia di Mattmark rappresenta per noi giovani italiani di seconda generazione, nati e cresciuti in Svizzera in quel periodo degli anni Sessanta, oltre alla simbologia del sacrificio del lavoro italiano nel mondo anche il momento del riscatto sociale e collettivo della nostra gente. Quella disgrazia è percepita ancor oggi come l’inizio della liberazione di un’intera comunità dalle condizioni di sfruttamento in cui veniva sottoposta nei rapporti lavorativi, caratterizzati marcatamente da una subalternità irriguardosa dei diritti più elementari e dalla negazione dei minimi riconoscimenti umani.
E’ stato questo il prezzo che gli italiani, qui e altrove nel mondo, hanno dovuto pagare per liberarsi dalle catene del pregiudizio collettivo, dallo sfruttamento fisico e dalle molte umiliazioni umane che intaccavano spesso la dignità soggettiva. L’alienazione sociale quale strumento propedeutico allo sviluppo di una società, che nella rincorsa al progresso proteso verso la modernizzazione era colpevolmente distratta dalle aspettative di vita della nostra gente, costituiva la pratica diffusa in tutta la Confederazione. I nostri genitori hanno dovuto pagare un prezzo così alto prima di alzare la testa, versando lacrime e sangue prima di essere accettati e invitati a crearsi uno spazio ed un riconoscimento nella società di questo paese; senza il loro lavoro non solo noi giovani di seconda generazione ma neanche le nuove comunità di immigrati avrebbero potuto partecipare al progresso sociale e civile che ha conosciuto la Svizzera nel corso di questi ultimi quaranta anni. Per molti aspetti questo paese si è anche italianizzato, ha assorbito modi e atteggiamenti comportamentali, si è permeato del gusto di vivere e con il tempo, grazie anche al contributo delle nuove generazioni di stranieri, si è aperto al mondo.
Dal freddo glaciale della slavina di ghiaccio che quarant’anni fa, a Mattmark, si abbattè su 88 corpi inerti stroncandone la vita; su quella terra nelle stagioni successive sono spuntate tante stelle alpine che nei candidi colori testimoniano il sacrificio. Dal loro sacrificio, come diceva il sommo poeta, nasceranno figli migliori che ne canteranno le gesta. A noi ed in particolare al Comites del Vallese, impegnato instancabilmente nella celebrazione di questa ricorrenza, l’impegno di mantenere viva la memoria rendendone omaggio per ed esserne degni eredi.
Michele Schiavone