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08 set 2005El Pais/ Lola Galàn intervista FINI: La sustitución de Berlusconi debe hacerse con él, no contra él - La sostituzione di Berlusconi deve essere discussa con lui non contro di lui

ROMA - (Italia Estera) - Il Ministro degli Esteri Gianfranco Fini partecipa con l'omologo spagnolo Moratinos  alla VI edizione del Foro di dialogo italo-spagnolo, che si tiene a Jaen in Andalusia, con un intervento sul futuro dell'Europa. (nella foto il loro incontro alla Farnesina il 3 giugno scorso).
Il Foro di dialogo costituisce un importante strumento a disposizione dei due Paesi per uno scambio aperto e non convenzionale di valutazioni fra esponenti delle due società civili.
In vista del  Foro, il Ministro Fini ha concesso all’autorevole quotidiano spagnolo  El Pais una importante intervista che è stata raccolta dalla giornalista Lola Galàn.
In essa Fini parla della politica estera italiana, delle prossime elezioni e  della leadership, tanto che Il quotidiano spagnolo titola :
La sustitución de Berlusconi debe hacerse con él, no contra él
La sostituzione di Berlusconi deve essere discussa con lui non contro di lui
di seguito la traduzione in italiano dell’articolo seguìto dal testo integrale in lingua spagnola.  
LA SOSTITUZIONE DI BERLUSCONI DEVE ESSERE DISCUSSA CON LUI NON CONTRO DI LUI   
"Gianfranco Fini è da poco più di otto mesi a capo della diplomazia italiana. Un periodo nel quale ha dovuto far fronte alle forti tensioni provocate per la presenza delle truppe italiane in Iraq ed alle diffidenze che il suo passato, come leader ed erede politico dell’estinto Movimento Sociale Italiano, provocava nelle cancellerie europee. Tutto fa sembrare che abbia superato la prova. Fino al punto da essere segnalato come candidato legittimo alla successione di Silvio Berlusconi. Fini assicura che il Cavaliere non si oppone a questo dibattito sulla sua successione, "ma si deve intraprendere un accordo con lui, non contro di lui". Lo intervistiamo a Roma, nel suo ufficio del ministero, conosciuto come La Farnesina. Una stanza relativamente modesta di fronte alla magnificenza dell'edificio d'epoca mussoliniana. Il ministro degli Affari Esteri e vicepresidente del Governo italiano sfoggia un'abbronzatura perfetta.
D. Partecipa per la prima volta al Foro di Dialogo Spagna-Italia. Come sono le relazioni col suo collega spagnolo, Miguel Moratinos?
R. Buone. Le nostre posizioni in molte questioni come Medio Oriente e nord Africa sono coincidenti. È ovvio che abbiamo opinioni distinte su alcuni temi, ma le nostre relazioni sono tanto antiche e tanto solide che possono superare le valutazioni politiche su temi concreti.
D. Il foro si apre con un dibattito sul futuro dell'Europa, non proprio chiaro. Alcuni giorni fa il presidente ceco, Vaclav Klaus, ha proposto perfino di cambiare il nome dell’Unione Europea con quello di Organizzazione di Stati Europei. Che cosa sta succedendo?
R. Nessuno sa con certezza quello che succede. Ma è ormai evidente che non si potrà seguire la rotta tracciata, dopo il no francese ed olandese alla Costituzione. Allo stesso tempo, però, non si può ostacolare molti altri milioni di europei che hanno detto si al Trattato al raggiungimento di quell'obiettivo. Per questo motivo ci siamo presi una pausa. Secondo la mia opinione, quello che bisogna fare è continuare a sviluppare le politiche con le regole che abbiamo.
D. Il problema, magari, sta nei differenti modelli di futuro che i grandi Paesi dell’Ue pensano per l'Europa.
R. Non è un problema di grande o piccoli. Quello che succede è che l'interesse nazionale si è trasformato in un motore. Nessun Governo, qualunque sia la sua ideologia, è capace di cedere in questa questione, benché tutti invochino la priorità europea.
D. Perfino in Italia avanza l'euroescetticismo.
R. Secondo l'Eurobarometro continuiamo ad essere il paese con maggiore entusiasmo europeista.
D. Ma qualche membro del suo Governo è arrivato a chiedere il ritorno alla lira.
R. Erano provocazioni di qualche membro della Lega Nord
D. La Lega fa parte della coalizione di governo. Non dà una brutta immagine del Paese?
R. No, perché sono commenti che non incidono sulle decisioni del Governo. È chiaro che in un Governo di coalizione si sentono differenti voci, ma credo che sia più corretto vedere e commentare la linea che segue quel Governo attraverso il ministro degli esteri e il Primo Ministro. Quello che sicuramente ho riscontrato è che molti cittadini europei stanno richiamando i propri Governi su temi di politica interna. È la conseguenza psicologica del terrorismo e di un altro fenomeno importante come l'immigrazione.
D. In questi momenti sembrano essere le due preoccupazioni centrali dell'Europa, terrorismo ed immigrazione. Dopo gli attacchi di Londra, il 7 Luglio, la sensazione di paura è generale. L'Italia si sente particolarmente minacciata dietro quello che è successo a New York e Madrid?
R. Non credo che ci sia un rischio maggiore di attentato in Italia piuttosto che in altri paesi collegato alla nostra presenza in Iraq, perché il terrorismo non ci combatte per quello che facciamo, bensì per quello che siamo. Il livello di allarme a Parigi e Berlino è uguale a quello di Roma. È la comunità internazionale l'obiettivo dei terroristi, pertanto tutti siamo obiettivi potenziali. Basti pensare a quello che è successo in Spagna.
D. Si riferisce agli attentati dell’11 marzo. L’Italia è in vista delle elezioni politiche, previste per la primavera.
R. Non stiamo preoccupati per le elezioni. Quello che ci preoccupa è che il terrorismo ha dimostrato avere capacità per combatterci ed è enormemente pericoloso, ma siamo anche ragionevolmente ottimisti perché fino ad oggi abbiamo potuto garantire la nostra sicurezza. Non condivido il ragionamento per cui siccome siamo in Iraq paghiamo un rischio maggiore. La Spagna si è ritirata dell'Iraq, ma continua a mantenere truppe in Afghanistan, dove si alimentano focolai di terroristi, benché non si arrivi al livello dell'Iraq. E perché? Perché se con le elezioni di settembre l'Afghanistan si trasforma in una vera democrazia, sarà la prova che la democrazia può nascere in un paese di maggioranza musulmana. E non credo che nessuno in Spagna stia chiedendo il ritiro delle truppe dall'Afghanistan.
D. Il Suo arrivo al Ministero di Esteri provocò reazioni sfiduciate in Europa per il suo passato come delfino di Giorgio Almirante [leader storico del Movimento Sociale Italiano]. Tuttavia, si è guadagnato la fiducia della sinistra europea.
R. Si ricordi che come vicepresidente del Governo ho passato 18 mesi nella convenzione europea. Quando non si conosce una persona, o una determinata politica, lo scetticismo è naturale. Ma se non si hanno pregiudizi e si bada più ai comportamenti ed ai fatti la sfiducia cade.
D. Ma non sembra che la situazione sia tanto idilliaca dentro il suo stesso partito, dove ha ricevuto molte critiche.
R. Un partito è democratico se si discute, a volte animatamente. La cosa brutta sarebbe che non ci fosse una certa dialettica interna. Proprio perché siamo orgogliosamente un partito di destra che ha una determinata concezione della carta dirigente, le decisioni non si impongono ma si condividono. Per il resto, quello che succedeva è che la destra italiana non era conosciuta fuori dall’Italia. E nel momento in cui ci hanno conosciuto, è sparita la sfiducia anche perché entrando a far parte del Governo si è vista la nostra coerenza tra dichiarazioni e fatti.
D. Nella Casa delle Libertà si continua ad utilizzare il termine fascista per riferirsi ad Alleanza Nazionale. L'ha fatto recentemente il presidente della Camera dei Deputati, Pier Ferdinando Casini.
R. Si, ma avrà visto che il presidente Casini ha chiarito subito che non si riferiva a noi. Parlava dell'Italia del dopoguerra, quando c’erano i comunisti la destra sociale e la Democrazia Cristiana. Una cosa di cui dobbiamo essere contenti è che in questi ultimi dieci anni la polemica storico-politica che era praticamente cosa quotidiana è stata archiviata quasi del tutto. Ora abbiamo valori condivisi.
D. In questo periodo pre elettorale il dibattito è entrato nel vivo. Da mesi si parla della possibilità che la coalizione di centro-destra si unisca in un unico partito, è d’accordo?
R. Si, per quello che mi riguarda, benché, ovviamente, ad alcune condizioni. Prima bisogna decidere i contenuti poi il contenitore. Prima si parla di valori comuni e dopo dell'incorporazione di partiti. Quando si parla di partito unitario, non ci riferiamo alla Lega, ma solo a Forza Italia e all’Unione Democratica di Centro. Un percorso ambizioso, molto, che contrasta coi tempi molto brevi della campagna elettorale.
D. Inoltre, i centristi sembrano molto critici, specialmente col presidente Silvio Berlusconi.
R. È un dibattito molto acceso. Il ruolo mio e del mio partito è quello di mediare tra tutti e due.
D. Si accusa Forza Italia di non avere ideologia, di essere un partito di plastica.
R. Forza Italia è un fenomeno distinto, perché è completamente legato al suo fondatore. Nessuno pensava che in Italia potesse nascere qualcosa così. Io direi che più che un partito, Forza Italia è un movimento.
D. Naturalmente dipende moltissimo dal presidente Berlusconi. Tuttavia, in questi momenti si discute la sua leadership. Si vede lei come futuro presidente del Governo italiano?
R. Berlusconi è il presidente del partito più votato, ed è una considerazione importante anche se non necessariamente debba assumere la leadership della coalizione. Ma se si pone il problema di una sostituzione, la cosa non risulta facile. Berlusconi è disposto a discutere, ma bisogna giungere ad un accordo con lui, non contro lui. Non può essere dettogli semplicemente che deve togliersi di mezzo.
D. Le prospettive elettorali non sono lusinghiere, i sondaggi danno il centro sinistra a 10 punti davanti al centro destra.
R. I sondaggi di solito sono favorevoli a chi li commissiona e li paga, ma, sondaggi a parte, credo che le elezioni siano aperte. Abbiamo perso le elezioni comunali e regionali, ma non perché i nostri elettori abbiano votato il centro-sinistra, ma perché sono rimasti a casa. Il nostro compito è convincere questa gente a tornare a votare. Per prima cosa dobbiamo smettere di combatterci tra noi. Ma se uno guarda alle cose in prospettiva, rispetto a quei Governi che duravano alcuni mesi, oggi abbiamo una grande stabilità. Il nostro sistema bipolare non è perfetto, ma ha garantito una certa democrazia dell'alternanza".
   
 
La sustitución de Berlusconi debe hacerse con él, no contra él
El Pais / Lola Galàn 
8 settembre 2005 - Gianfranco Fini (Bolonia, 3 de enero de 1952) lleva poco más de ocho meses al frente de la diplomacia italiana. Un periodo en el que ha tenido que hacer frente a las fuertes tensiones provocadas por la presencia de las tropas italianas en Irak y a las suspicacias que su pasado, como líder del extinto y heredero político del fascismo Movimiento Social Italiano, despertaba en las cancillerías europeas. Todo apunta a que ha superado la prueba. Hasta el punto de haberse convertido en un candidato legítimo a la sucesión de Silvio Berlusconi. Fini asegura que Il Cavaliere no se opone a este debate sobre su sucesión, "pero debe hacerse de acuerdo con él y no contra él". La entrevista se celebra en Roma, en su despacho del ministerio, conocido como La Farnesina. Una habitación relativamente modesta para la magnificencia del edificio de la época mussoliniana. El ministro de Asuntos Exteriores y vicepresidente del Gobierno italiano luce un bronceado perfecto.
P. Participa usted por primera vez en el Foro de Diálogo España-Italia. Qué tal son las relaciones con su homólogo, Miguel Ángel Moratinos?
R. Buenas. Nuestras posiciones en muchas cuestiones como Oriente Próximo y norte de África son coincidentes. Es obvio que tenemos opiniones distintas en algunos temas, pero nuestras relaciones son tan antiguas y tan sólidas que pueden superar las valoraciones políticas sobre temas concretos.
P. El foro se abre con un debate sobre el futuro de Europa, no precisamente claro. Hace unos días el presidente checo, Vaclav Klaus, propuso incluso cambiar el nombre de Unión Europea por el de Organización de Estados Europeos. Qué está pasando?
R. Es cierto que nadie sabe a ciencia cierta qué es lo que ocurre. Aunque parece evidente que no se podrá seguir la ruta trazada después del no francés y holandés a la Constitución. Pero al mismo tiempo, no se puede impedir a otros muchos millones de europeos que han dicho sí al Tratado que vean algún día que se alcanza ese objetivo. Por eso nos hemos tomado una pausa. En mi opinión lo que hay que hacer es continuar desarrollando las políticas con las reglas que tenemos.
P. El problema, quizás, esté en los diferentes modelos de futuro que defienden para Europa los grandes países de la UE.
R. No es un problema de grandes o pequeños. Lo que ocurre es que el interés nacional se ha convertido en un motor. Ningún Gobierno, cualquiera que sea su ideología, es capaz de ceder en esta cuestión, aunque todos invoquen la prioridad europea.
P. Incluso en Italia progresa el euroescepticismo.
R. Según el Eurobarómetro seguimos siendo el país con mayor entusiasmo europeísta.
P. Pero algún miembro de su Gobierno llegó a pedir no hace mucho el regreso a la lira.
R. Eran provocaciones de algún miembro de la Liga Norte.
P. La Liga forma parte del Ejecutivo. ¿No puede dar eso una mala imagen del país?
R. No, porque son comentarios que no inciden en las decisiones del Gobierno. Está claro que en un Gobierno de coalición se oyen diferentes voces, pero creo que lo correcto es comprobar cuál es la línea que sigue ese Gobierno a través del ministro de Exteriores y del primer ministro. Lo que sí he visto es que muchos ciudadanos europeos están reclamando a sus Gobiernos que se ocupen de los asuntos internos. Es la consecuencia psicológica del terrorismo y de otro fenómeno importantísimo, la inmigración.
P. En estos momentos parecen las dos preocupaciones centrales de Europa, terrorismo e inmigración. Después de lo ocurrido en Londres, el 7 de julio, la sensación de pánico es general. ¿No se siente Italia especialmente amenazada tras lo ocurrido en Nueva York y Madrid?
R. No creo que haya un riesgo mayor de atentado en Italia que en otros países, por nuestra presencia en Irak, porque el terrorismo no golpea por lo que hacemos, sino por lo que somos. El nivel de alarma en París y Berlín es idéntico al italiano. Es la comunidad internacional el objetivo de los terroristas, por tanto todos somos objetivos potenciales. Fíjese en el caso de España.
P. Justamente estaba pensando en el caso español y en el 11-M. Italia está en vísperas de las elecciones generales, previstas para la primavera.
R. No estamos preocupados por las elecciones. Lo que nos preocupa es que el terrorismo ha demostrado tener capacidad para golpear y es enormemente peligroso, pero somos razonablemente optimistas porque hasta hoy hemos podido garantizar nuestra seguridad. No comparto esa lógica de que como estamos en Irak asumimos un riesgo mayor. Vayamos al caso de España, se ha retirado de Irak, pero sigue manteniendo tropas en Afganistán, donde se está recrudeciendo el terrorismo, aunque no llega al nivel de Irak. ¿Y por qué? Porque si con las elecciones de septiembre Afganistán se convierte en una verdadera democracia, será la prueba de que la democracia puede nacer en un país de mayoría musulmana. Y no creo que nadie en España esté pidiendo el regreso de las tropas de Afganistán.
P. Su llegada al Ministerio de Exteriores despertó bastante desconfianza en Europa por su pasado como delfín de Giorgio Almirante [líder histórico del Movimiento Social Italiano]. Sin embargo, se ha ganado usted a la izquierda europea.
R. Tenga presente que como vicepresidente del Gobierno he pasado 18 meses en la convención europea. Cuando no se conoce a una persona, o una determinada política, la desconfianza es lo natural, pero si no se tienen prejuicios y se esperan los comportamientos y los hechos, cae por su peso.
P. Pero no parece que la situación sea tan idílica dentro de su propio partido, donde ha recibido muchas críticas.
R. Es que es un partido democrático donde se discute, a veces animadamente. Lo malo sería que no hubiera una cierta dialéctica interna, precisamente porque somos un partido orgullosamente de derechas que tiene una determinada concepción del papel dirigente, no se imponen las decisiones, tienen que ser compartidas. Por lo demás, lo que ocurría es que la derecha italiana no era conocida fuera. Y en el momento en que se la ha conocido, ha desaparecido la desconfianza. Cuando entramos a formar parte del Gobierno se vio ya que manteníamos una coherencia entre nuestras declaraciones y nuestros comportamientos.
P. En la Casa de las Libertades se sigue utilizando el término fascista para dirigirse a Alianza Nacional como un arma arrojadiza. Lo ha hecho recientemente el presidente de la Cámara de Diputados, Pier Ferdinando Casini.
R. Sí, pero habrá visto que el presidente Casini ha aclarado enseguida que no se refería a nosotros. Hablaba de la Italia de la posguerra, cuando estaban los comunistas y la derecha social, y la Democracia Cristiana. Algo de lo que deben estar contentos los italianos es que en estos últimos diez años la polémica histórico-política que era cotidiana ha quedado archivada casi por completo. Ahora tenemos valores compartidos.
P. Italia está en vísperas de unas elecciones generales y el debate político está al rojo vivo. Desde hace meses se habla de la posibilidad de que la coalición de centro-derecha se funda en un partido único, es eso viable?
R. Sí, en lo que a mí respecta, aunque, obviamente, con algunas condiciones. Primero hay que decidir cuáles son los contenidos, luego el contenedor. Primero se parte de valores comunes y luego se habla de la incorporación de partidos. Cuando se habla de partido unitario, no nos referimos a la Liga. Sólo estaríamos Forza Italia y Unión Demócrata Cristiana de Centro. Un recorrido ambicioso, largo, que contrasta con los tiempos muy breves de la campaña electoral.
P. Además, los centristas parecen muy críticos, especialmente con el presidente Silvio Berlusconi.
R. Es una dialéctica muy encendida y mi papel personal, y el de mi partido de derechas, es el de mediar entre ambos.
P. Se acusa a Forza Italia de carecer de ideología, de ser un partido de plástico.
R. Forza Italia es un fenómeno distinto, porque está completamente ligado a su fundador. Nadie pensaba en Italia que pudiera nacer algo así. Yo diría que más que un partido, Forza Italia es un movimiento.
P. Desde luego, depende muchísimo del presidente Berlusconi. Sin embargo, en estos momentos se discute su liderazgo al frente del Ejecutivo. Se ve usted como futuro presidente del Gobierno italiano?
R. Berlusconi es el presidente del partido más votado, eso cuenta, aunque no tiene por qué ser forzosamente el que asuma el liderazgo, pero si se plantea una sustitución la cosa no resulta fácil. Berlusconi está dispuesto a discutirlo, pero hay que llegar a un acuerdo con él, no contra él. No se le puede decir simplemente que se quite del medio.
P. Las perspectivas electorales no son halagüeñas, los sondeos dan hasta 10 puntos por delante al centro-izquierda.
R. Los sondeos suelen ser favorables a quien los encarga y los paga, pero, sondeos aparte, creo que las elecciones están abiertas. Es cierto que hemos perdido las elecciones municipales y regionales, pero no porque nuestros electores hayan votado al centro-izquierda, sino porque se han quedado en casa. Nuestra tarea es convencer a esta gente para que vuelva a votar. Lo primero es discutir menos entre nosotros. Pero si uno mira las cosas con perspectiva, respecto a aquellos Gobiernos que duraban unos meses hoy tenemos una gran estabilidad. Nuestro sistema bipolar no es perfecto, pero ha garantizado una cierta democracia de la alternancia.
 
                                                                           Lola Galàn
 



 
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