07 set 2005 | Gli smemorati di Mattmark ++di Dino Nardi++ |
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ZURIGO -(Italia Estera) - Uno degli appelli più ricorrenti nella recente commemorazione della tragedia di Mattmark, avvenuta nelle Alpi svizzere 40 anni or sono, e celebrata in maniera veramente eccellente dal Comites del Vallese e dalla Colonia Italiana di Briga con tanto di Tavola rotonda sulle condizioni di lavoro e la prevenzione, è stato quello di “non dimenticare Mattmark”. Certo è difficile immaginare che i familiari, i parenti ed i compagni di lavoro delle 88 vittime di quella tragedia abbiano potuto, e possano, dimenticare quel drammatico 30 agosto 1965. Come pure, tutti loro, non possono sicuramente dimenticare la beffa subita dalla giustizia elvetica che non solo non individuò alcuna responsabilità di chicchessia, se non della fatalità, ma addebitò addirittura la metà delle spese processuali ai familiari delle vittime.
Sono altri gli smemorati che invece non dovrebbero mai dimenticare né Mattmark, né le tante altre tragedie che avvengono troppo spesso nei cantieri e nelle fabbriche: sono i datori di lavoro, i loro tecnici e, qualche volta, purtroppo, anche coloro che sono preposti ai controlli dei sistemi di prevenzione contro gli incidenti del lavoro. Così che si continua a risparmiare nella prevenzione, spesso anche per non avere impicci che rallentino la produzione e mettano a rischio i termini di consegna fissati contrattualmente, con conseguenze tragiche per tanti lavoratori vittime di malattie professionali e di infortuni sul lavoro, come testimoniano le migliaia di pratiche patrocinate annualmente dall’ ITAL-UIL e dagli altri patronati del CE.PA..
Tanto per citare un fatto di attualità di che cosa significhi la mancata prevenzione nei luoghi di lavoro, basti pensare alla vicenda dell’amianto che vede coinvolta la multinazionale svizzera Eternit nelle cui aziende italiane – Cavagnolo (Torino), Casale Monferrato (Alessandria), Rubiera (Reggio Emilia), Bagnoli (Napoli) - secondo la procura di Torino, ben 1300 persone sono decedute per esposizione all’amianto.
Mentre nelle aziende Eternit di Niederurnen (Glarus) e Payerne (Vaud) dove negli anni ’70 lavoravano 1800 persone, tra cui moltissimi emigrati italiani, vi sono stati pure decine di decessi accertati di lavoratori che sono stati esposti all’amianto. Ma quel numero di vittime potrebbe essere solo la punta di un iceberg.
Infatti il “mesotelioma”, ovvero il tumore da esposizione all’amianto, si può manifestare anche dopo 25 o, addirittura, 50 anni per cui, anche ad avviso del segretario del sindacato elvetico UNIA, Franco Basciani, chissà quanti ex emigrati italiani, già dipendenti dell’Eternit, rientrati in Italia, sono a rischio o sono già deceduti a causa del mesotelioma senza che alcuno abbia collegato la loro morte all’attività svolta in Svizzera nel passato. Un timore avallato dal fatto che, secondo alcune statistiche, l’Italia è il Paese europeo più colpito da questo tipo di tumore se non il più colpito al mondo! Un timore che ha spinto la procura di Torino a chiedere, tramite rogatoria internazionale, migliaia di cartelle cliniche di ex emigrati italiani all’Istituto Nazionale Svizzero di Assicurazione contro gli Infortuni (SUVA).
Pertanto è bene che non dimentichino Mattmark ed altre tragedie simili, anche di minore gravità, soprattutto coloro (datori di lavoro e tecnici) dai quali dipende la prevenzione nei posti di lavoro, ed alle istituzioni ed ai sindacati il compito di tenerli costantemente sotto controllo e denunciarne le eventuali inadempienze.
Dino Nardi
Presidente ITAL-UIL Svizzera e membro del CGIE
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