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05 set 2005Australia “incognita” in un’Italia disinformata

Editoriale di Nino Randazzo su "Il Globo" di Melbourne e "La Fiamma" di Sydney del 5 settembre
MELBOURNE - (Italia Estera) - C’è uno strano fenomeno che non cessa di meravigliare. Nonostante la rivoluzione nelle comunicazioni e nei trasporti, che ci fa spesso riempire la bocca di cliché come “annullamento delle distanze” o magari “globalizzazione”, certi giorni e in certi settori si prova la vaga sensazione che le distanze fra l’Italia e l’Australia siano invece in costante aumento. Non importa che in una nazione-continente di circa 21 milioni di anime gli italiani di nascita e d’estrazione siano un milione o poco giù di lì. Non importa che il flusso turistico dall’Italia verso l’Australia sia stato l’anno scorso di 47.100 unità (con un aumento del 14 per cento sul 2003), e che la corrente dei visitatori in senso inverso sia almeno cinque volte tanto. Non importa che si abbia un frequente viavai di visite e incontri più o meno ufficiali a vari livelli. L’Australia per gli abitanti dello Stivale sembra restare in gran parte ancora la “terra incognita” del Medioevo europeo. Il problema di questa strana incomunicabilità, si badi, è comune ai due Paesi. I media italiani trattano dell’Australia, quando ne trattano, in termini di colore esotico. I confratelli australiani reciprocano con altrettanto silenzio sulla realtà interna italiana. E né l’una né l’altra delle rappresentanze diplomatiche dei due Paesi, in questo secolo ed anno di grazia, sono dotate di uno straccio di ufficio stampa, di un ufficio di relazioni pubbliche formale, professionale, dinamico, “interventista” se necessario.

Lo spunto per la considerazione malinconica sul miserando stato delle conoscenze reciproche tra i nostri due Paesi è fra l’altro fornito dal lancio di un’agenzia d’informazione romana, che si qualifica “specializzata”, del 2 settembre (2005, sì!), dal titolo “L’ambasciata australiana conferma il via libera al voto degli italiani”. Vi si leggono, a proposito del voto degli italiani all’estero alle politiche dell’anno prossimo, frasi strabilianti quali: “L’unico dubbio riguarda il consenso del governo australiano e del governo canadese alle elezioni…Mentre con gli altri governi sono stati raggiunti accordi in questa direzione, il Canada e l’Australia, secondo quanto dichiarato da esponenti del Parlamento italiano, non hanno ancora sciolto le loro riserve”. Per aggiungere subito dopo che la solerte agenzia si è premurata di chiedere “delucidazioni all’ambasciata australiana”, la quale ha precisato: “Per quanto riguarda il voto dei cittadini italiani in Australia, non c’è nessun problema…Per noi l’argomento è chiuso”.

La figura da peracottari con i diplomatici australiani non l’ha fatta solo l’agenzia in questione (la quale forse non sapeva che anche gli italiani nel comparto Australia della circoscrizione Estero hanno già liberamente votato in due referendum, senza contare l’elezione dei Comites), ma per qualche verso è stata fatta fare anche a quegli innominati “esponenti del Parlamento italiano” che hanno dato l’imbeccata all’agenzia.

Per intenderci, qualche grano di verità nella provocatoria “informazione” di base, nella malafede, di alcuni ”esponenti del Parlamento italiano” è legittimamente sospettabile, non può stupire più di tanto. Si sa bene, e se ne sono avute prove anche recenti, che trasversalmente nello schieramento parlamentare ci sono almeno diciotto “onorevoli” che masticano amaro sui dodici seggi alla Camera dei deputati e sei al Senato che dovranno essere occupati dagli eletti degli italiani all’estero. E si agitano, talvolta a viso scoperto ma più spesso sotto traccia, con ogni sorta di cavilli e allarmismi per tentare di ritardare o non far compiere ai legislatori un “atto dovuto”, per impedire o far rinviare l’applicazione di due precisi articoli della Costituzione, il 56 e il 57, e di una legge ordinaria, la 459, che hanno definitivamente aperto la via all’esercizio del voto per corrispondenza all’estero. Non è, quindi, improbabile che nel caso citato all’ignoranza del giornalista si sia aggiunta la malizia del parlamentare.

Giacché si è sull’argomento, è anche il caso di dire, a ragion veduta e non senza una punta di fastidio, che al muro divisorio della disinformazione fra Italia ed Australia hanno in parte contribuito proprio alcuni elementi prevenuti di due delegazioni parlamentari approdate a questi lidi negli ultimi dodici mesi – quella del Comitato del Senato per le questioni degli italiani all’Estero e quella della Commissione Affari Costituzionali del Senato – le cui relazioni hanno selettivamente accolto, dopo averli raccolti esclusivamente tra ex cittadini italiani, troppi giudizi negativi, fandonie, spauracchi, tortuosi ragionamenti, forme di rigetto, difficoltà di varia natura sull’esercizio del diritto di voto all’estero. Quando avrebbero dovuto sapere in partenza e potuto constatare poi direttamente che l’assenso ufficiale dell’Australia era protocollato, chiaro e totale, e che non ci sono resistenze degne di nota né contrarietà diffuse da parte di coloro che hanno per libera scelta mantenuto o riacquistato la cittadinanza italiana o ottenuto la doppia cittadinanza.

E sempre sul tema del grado di reciproca sconoscenza fra Italia ed Australia a livelli istituzionali, non possono neppure passare sotto silenzio le sfasature e l’illogicità, per non dire altro, nell’itinerario e nei punti di riferimento di un’altra imminente missione parlamentare italiana in Australia, quella della Commissione Lavori Pubblici e Telecomunicazioni del Senato, che nella seconda metà di settembre trascorrerà una decina di giorni fra Sydney e Brisbane, con una capatina a Canberra. E chissà perché non è passato a nessuno per la testa di “fare un salto” anche a Melbourne, la capitale dello Stato arteria primaria del cuore industriale e finanziario della nazione. Basterebbe solo questa esclusione, senza contare quelle dei grandi programmi cantieristici, di servizi e di infrastrutture nel Western Australia e nel South Australia, per rendere di dubbio spessore lo studio e la stesura della relazione dell’augusta delegazione.

E così continuano ad alimentarsi superficialità e fragilità di rapporti bilaterali, vuoto d’informazione e disinformazione. Un motivo in più per sperare che la futura rappresentanza parlamentare diretta degli italiani all’estero – che l’Australia non intende ostacolare né osteggiare in alcun modo, con buona pace di alcuni “esponenti del Parlamento italiano” – possa contribuire anche a colmare il vuoto e le distanze nelle conoscenze e nei rapporti fra i nostri due Paesi, a correggere le mezze verità e le distorsioni di visuale, ad abbattere un muro d’indifferenza e diffidenza. A rendere in Italia meno “incognita” l’Australia.

                                            NINO RANDAZZO




 
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