Fondato nel 2000 Direttore Responsabile Giuseppe Maria Pisani                  
HomeArgomentiArchivioNewsletter gratuitaChi siamoI nostri serviziContattiSegnala il sito
 
Cerca nel sito
»www.ItaliaEstera.tv
»Paolo Gentiloni é il Ministro degli Esteri italiano
»Emigrazione: Note storiche per non dimenticare - Quanti sono gli italiani all'estero?
»Direzione Generale per gli Italiani all'Estero
»Rappresentanze Diplomatiche - in aggiornamento
»AIRE Anagrafe degli Italiani all'Estero
»Servizi Consolari per gli italiani all'estero
»Autocertificazione
»Patronati italiani all'estero
»Cittadinanza Italiana all'Estero
»Il voto degli italiani all’estero
»COMITES
»CGIE Consiglio Generale degli Italiani all'Estero
»Assessorati Regionali con Delega all'Emigrazione e all'Immigrazione
»IL PASSAPORTO ELETTRONICO
»Viaggi Usa, comunicare i dati in anticipo - Registrazione anche da turisti italiani
»STAMPA ITALIANA ALL'ESTERO: quanta, dove, quanti fondi, chi li prende
»LA CONVENZIONE ITALIA-STATI UNITI PER EVITARE LE DOPPIE IMPOSIZIONI FISCALI
»La convenzione Italia-Canada per evitare le doppie imposizioni fiscali
»Ascolta la radio di New York: ICN
RomaneapoliS
www.romaneapolis.tv


Il voto degli Italiani all'Estero

Elezioni Politiche 2008

Elezioni Politiche 2006


Infocity
Messaggero di sant'Antonio
Italiani d'Argentina
  
01 ago 2005L'editoriale di “Corrispondenza Italia” Il dolore del nostro tempo e le vie dell’integrazione nel “villaggio globale”

ROMA - (Italia Estera) - Pubblichiamo qui di seguito l’ultimo numero del notiziario di Corrispondenza Italia a cura dell’Istituto Nazionale per l’Assistenza Sociale (INAS) ente di patronato della Confederazione Italiana Sindacati Lavoratori (CISL
Il dolore del nostro tempo e le vie dell’integrazione nel “villaggio globale”
 
ROMA - Una estate, ancora una volta, densa di segni contradditori e tragici, quella che stiamo vivendo nel villaggio globale in cui ciò che accade a Londra o a Baghdad ci colpisce come se accadesse all’uscio delle nostre case o sull’autobus che prendiamo ogni giorno nella nostra vita di lavoro e di relazioni. E’ il dolore del nostro tempo: ma è anche la sua grandezza e la sua speranza, a patto però che ciascuno, personalmente e nelle comunità di cui fa parte, sappia piegarsi con umiltà e forza, per capirne la lezione.
 
Ma qual è la lezione per noi uomini del sociale, del sindacato, del patronato e dell’emigrazione italiana nel mondo? Dove è il bene e dove è il male del mondo e della società che è anche frutto della nostra responsabilità personale e collettiva di Organizzazione?
 
Noi del patronato Inas-Cisl pensiamo di non aver sbagliato a sostenere e praticare la logica e la strada dell’accoglienza dell’altro, del diverso da noi; le strade della convivenza, dell’integrazione, del multiculturalismo. E lo crediamo non per aprioristica e cieca scelta ideologica ma in nome di quella “ragione creatrice” di cui già a suo tempo parlava il cardinale Ratzinger.
 
L’opportunismo demagogico e la paura irrazionale dettano a molti, in questa difficile situazione del mondo, parole di chiusura, di diffidenza generalizzata, di odio. Ma non è per corrivo buonismo che noi rifiutiamo tutto ciò. Purtroppo il male non sta “fuori dei nostri confini” e non è colpa delle frontiere aperte di Schengen se alcuni giovani di origine pakistana, sudditi regolari di sua Maestà britannica, figli di immigrati socio-economicamente integrati, “bravi e religiosi ragazzi tranquilli” a detta del vicinato, contraggono il morbo del fanatismo omicida e suicida.
 
Certamente la miscela diabolica ed orribile del jihad e degli shahid va contrastata con ogni mezzo, sia nella fase “predicatoria” che nei suoi terminali. E dunque ogni mirata e selettiva repressione del crimine della potenzialità criminale, va messa in campo, ad ogni livello, internazionale, statale e locale: mentre le relative, legittime istituzioni debbono poter contare sul consenso e sulla collaborazione responsabile di ogni persona di retto sentire, cittadino o straniero, di ogni razza o credo o colore della pelle. Ma se non vogliamo che la testa mostruosa dell’Idra rinasca dopo tutte le volte che riusciamo a tagliarla, allora il “male” va cercato, contrastato e circoscritto (mai, purtroppo, eliminato dalla condizione umana) bonificando con pazienza quotidiana la palude limacciosa nella quale prospera.
 
Leggevamo, qualche tempo fa, un’indagine sul grado di integrazione nei iovani arabi musulmani negli Stati Uniti. Uno dei dati più spiazzanti
 
della ricerca sottolinea la elevatissima media delle loro performance scolastiche rispetto agli altri colleghi. Nel paese del “Grande Satana” dunque, crescono fiori esotici ma non shahid votati al martirio: bisogna che i jihadisti li vadano a reclutare, magari nella tollerante e pacifica Europa che vuole lavarsi le mani dalla tragedia irakena dove i kamikaze si fanno saltare per aria, facendo strage di bambini mussulmani “puniti” per aver preso caramelle dai marines.
 
Contraddizioni e paradossi ma anche, come dicevamo all’inizio, speranze del nostro tempo. Un tempo che è nuovo e inedito storicamente ma che ha anche ricordi antichi. Nella memoria collettiva degli italiani sono ben presenti i traumi della marginalità, spesso disperante, della condizione dei migranti.
 
Seppure in contesti diversissimi da quelli odierni, segnati pesantemente dai fenomeni della clandestinità, ricordi come quello di Marcinelle tornano ad assalirci in ogni torrida estate in modo incancellabile.
 
Ugualmente e su un altro piano - i discendenti dei nostri connazionale, specie negli Usa, ben lo sanno - siamo stati razzialmente ed etnicamente messi al bando e marchiati con l’impronta criminale della Mano nera, nei ghetti delle metropoli americane.
 
Ma il riscatto vero c’è stato con le capacità e volontà di integrazione dei “nostri” a fronte di una società magari dura e spietata ma aperta. L’alternativa tuttavia non è tra durezza degli americani, progenie di Marte e la mollezza degli europei, progenie di Venere. Questi schematismi lasciamoli agli intellettuali per i loro libri. La vita reale è sempre più complessa di quanto ci possano spiegare i professori. Ed è meglio affrontarla con gli strumenti che - per tornare a noi, in conclusione - sindacato e patronato sanno usare nella loro pratica quotidiana di promotori di integrazione nella giustizia. Ci riferiamo alle belle e sentite testimonianze che nel XV Congresso della Cisl sono state fornite da delegati rappresentanti dei lavoratori immigrati: mussulmani in prima fila.


 
Opzioni


Stampa  Stampa

Invia ad un Amico  Invia ad un Amico


Copyright © Italia Estera 2001- 2014. Tutti i diritti riservati