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20 lug 2005Berlusconi a colloquio con Ciampi al Quirinale

ROMA – Sulla data delle elezioni, Ciampi e Berlusconi hanno preso tempo. Si sono incontrati ieri, al Quirinale, e in quell'ora e mezza di confronto hanno parlato un po' di tutto. Berlusconi lo ha rassicurato sul fatto che il giorno precedente il presidente del Senato, il forzista Marcello Pera, attaccando il Csm non intendeva attaccare il capo dello Stato che pure lo presiede. Gli ha dunque annunciato che sul pacchetto giustizia il governo avrebbe posto la fiducia, ha risposto alle sue domande sullo stato della trattativa sul seggio italiano all'Onu, l'ha rassicurato sulla celere approvazione delle misure antiterrorismo e sulle linee di fondo della prossima legge Finanziaria che non sarà fatta con la mente rivolta alle elezioni ma agli interessi del paese e ai vincoli europei. Perché, come spiega Antonio Maccanico nella doppia veste di notabile della Margherita ma soprattutto di intimo del Presidente della Repubblica, “è naturale che Ciampi sia preoccupato per lo stato dell'economia ed è soprattutto per questo, per essere certo che il nuovo governo abbia il tempo di varare il Dpef entro l'estate, che auspica uno scioglimento tecnico delle camere in febbraio per anticipare le elezioni in aprile”. Nei giorni scorsi, lo aveva fatto capire al ministro dell'Interno Pisanu. E ieri l'ha detto chiaramente a Berlusconi. Con due argomenti: che la prassi costituzionale “ha sempre previsto uno scioglimento tecnico” e che dal momento che nel luglio del prossimo anno l'Ecofin avvierà la discussione sulla procedura aperta contro l'Italia sarebbe opportuno che a difendere l'interesse del Paese fosse un ministro nel pieno delle proprie funzioni. Berlusconi l'ha presa bene. Anche perché si era presentato all'appuntamento con la mente rivolta a quanto scritto da un quotidiano nazionale. Che aveva anticipato l'orientamento di Ciampi presentandolo però in chiave tanto politica quanto polemica: per il capo dello Stato, era il succo del discorso, questo governo è ormai condannato alla paralisi ed è dunque meglio accorciarne l'agonia anticipando le elezioni dalla seconda metà di maggio al 9 aprile. Inutile dire che, messa così, Berlusconi s'era irrigidito. “È inaccettabile”, avrebbe detto ai pochi intimi. Mentre quando, ieri, Ciampi gli ha prospettato l'ipotesi alla luce della prassi costituzionale e dell'interesse nazionale ha preso volentieri atto del suggerimento. “Ne parlerò con gli alleati”, ha detto. E nel dirlo ha, appunto, preso tempo. Non è dato sapere se con Ciampi Berlusconi abbia usato l'argomento del sottosegretario all'Interno Michele Saponara, ovvero che “se anticipassimo le elezioni correremmo il rischio di non fare in tempo a ridisegnare i collegi elettorali”. E seppure circola la voce di un possibile anticipo non ai primi di aprile ma ai primi di maggio, di certo c'è che, lasciato il Quirinale, con i cronisti Berlusconi ha preferito dissimulare. “La data delle elezioni – ha detto – è un problema ancora da vedere e non è stato un tema al centro dell'incontro con il capo dello Stato”. Il quale, ha aggiunto, “è stato male interpretato”. Salutato Ciampi, Berlusconi è poi andato a trovare il presidente della Camera, Casini. Col quale ha discusso tanto della data delle elezioni quanto, e soprattutto, del futuro del centrodestra. A detta dei consiglieri del premier, infatti, l'apertura di Casini al partito unitario del centrodestra lascia ben sperare. Ora si attende solo che Fini rilanci il progetto e si spera che non chiuda all'ipotesi, cara ai centristi, di una modifica della legge elettorale in senso proporzionale. Dice infatti Ferdinando Adornato, il politico di FI che più sta lavorando al progetto, che “pur essendo chiaro che un nesso con il partito unitario non esiste, siamo convinti che l'attuale sistema elettorale, essendo un ibrido che spinge tanto a unirsi quando a dividersi, vada riformato comunque”. Il modello – dice il coordinatore azzurro Sandro Bondi – “dovrebbe essere quello in vigore nelle regioni” (bene il proporzionale, ma solo salvaguardando l'elezione diretta e i pieni poteri del capo del governo).


 
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