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12 lug 2005UNITI CONTRO LA BARBARIE, PER UNO SVILUPPO SOSTENIBILE ++di Franco Santellocco++

ALGERI -(Italia Estera) -  Di nuovo, il terrorismo internazionale non ha esitato a colpire al cuore un’Europa che sembra incapace di reagire. Dopo l’attacco a Madrid dell’11 Marzo 2004, che già aveva frantumato la fragile utopia della sicurezza europea, questo nuovo esempio di barbarie medioevale ridesta la nostra consapevolezza di essere nel bel mezzo di una guerra.
E’ una guerra diversa da qualunque altra contro cui l’uomo si sia mai confrontato in precedenza: non ci sono campi di battaglia, eserciti, strategie chiare ed obiettivi precisi. C’è piuttosto lo schizofrenico modus operandi di chi vigliaccamente colpisce civili inermi: innocenti la cui unica colpa è di uscire di casa per andare a lavorare. Lo scopo, lo sappiamo, è di creare panico, caos, una paura continua che paralizzi il nostro pensiero e la nostra reazione, per lasciarci inebetiti a subire il prossimo attacco.
Il momento per sferrare il colpo è stato scelto con cura: uno degli ultimi giorni di lavori del G-8 che si è riunito a Gleneagles, in Scozia, per discutere in primo luogo di povertà e di Africa e per trovare nuovi mezzi per combattere una miseria che non può più trovare spazio nel nostro mondo del terzo millennio. La coincidenza non è certo stata casuale, e ci dà conferma del fatto che l’impegno dei Grandi finalmente si sta indirizzando nella giusta direzione: dalla cancellazione del debito al ripensamento di forme più efficienti di cooperazione, l’imperativo è far uscire i Paesi poveri dal baratro della povertà senza alcun ulteriore indugio.
Il fondamentalismo ha colpito Londra con crudeltà anche per bloccare e boicottare i lavori di un Occidente che finalmente, dopo l’infelice parentesi della crisi irachena, comincia a riacquistare unità di vedute e d’intenti e mostra la ferma volontà di intraprendere con coraggio un percorso arduo ed ancora lungo. Ma se questa era la speranza dei terroristi, possiamo dire con orgoglio che l’obiettivo è stato mancato: il G-8 è infatti andato avanti secondo programma, segno importante di un impegno che non si lascia intaccare neanche da quella strategia del terrore che usa le bombe come unica forma di negoziato.
Adesso, l’intero mondo civile dovrà raccogliere le forze e trovare nuovi sistemi per combattere una guerra al terrorismo che si conferma difficile e drammaticamente alle porte. Quella sinergia profonda che si era creata subito dopo l’11 Settembre 2001, dovrà ripetersi centuplicata oggi, dopo la frattura che la guerra in Iraq ha causato all’interno del fronte Occidentale, e di cui Madrid e Londra hanno pagato le conseguenze.
Inutile nascondersi dietro un dito: non è giustificabile l’aver trasformato un comprensibile dissenso in un sostanziale disimpegno dalla lotta al terrorismo. Dal 2003 ad oggi, in Europa l’elaborazione di strategie efficaci si è concretizzata in molte chiacchiere ma ben pochi fatti. Urge un cambiamento di rotta: senza voler entrare nel merito delle scelte concrete. L’Europa può anche decidere di fare qualcosa di diverso dall’America, ma senza dubbio deve fare qualcosa: diversamente sarà un suicidio, e non solo politico.
Guai a pensare, poi, che l’ineludibile e prioritario impegno nella lotta contro il terrorismo debba necessariamente significare accantonamento, pur momentaneo, di ogni altro dramma che affligge l’umanità, in primis la povertà di un’Africa che sta morendo, da parte dei Paesi occidentali. Sarebbe un imperdonabile errore, e vorrebbe dire che la nostra miopia sta andando ben al di là dei limiti.
Non dobbiamo mai dimenticare, infatti, che proprio nella miseria di interi Paesi dove persino l’acqua è ormai un bene di lusso e dove i bambini muoiono senza un perché il terrorismo ed ogni peggiore fondamentalismo trovano terreno fertile per attecchire e fare proseliti, per espandersi a macchia d’olio come un cancro e poter così sferrare i loro mortali colpi all’Occidente.
Nel nuovo mondo globale, in cui i cambiamenti sono sempre epocali e si susseguono a ritmi vertiginosi, la sfida sta proprio nel comprendere che i problemi ed i drammi di interi popoli che ci circondano non possono restarci estranei: sono problemi che ci riguardano in prima persona e che, ove ignorati con ottusa indifferenza, causeranno conseguenze catastrofiche di cui dovremo per primi subire l’impatto.
Ecco dunque l’importanza di questo G-8 che non si è lasciato fermare dalle bombe dei fanatici. Ecco dunque l’importanza di una cooperazione allo sviluppo che è in fermento, e che necessita di essere ripensata e riformata senza indugio per non ripetere i drammatici errori del passato, e per impedire che ogni sforzo economico finisca disperso ed inutilmente sprecato. Dunque nuove tecnologie, dunque nuovi impianti, dunque nuovo sviluppo, cioè nuovi posti di lavoro: in definitiva più occupazione e meno miseria, la condivisione e la ridistribuzione di tecnologie genera comunque cultura, e dove c’è cultura non può esserci contrapposizione violenta, ma civile confronto e dunque civile convivenza.
Il Ministro degli Esteri Gianfranco Fini, ancor prima che i tragici fatti di Londra ridestassero la consapevolezza di tutti sull’attualità della minaccia, ha richiamato l’impegno dell’Italia per una politica più equilibrata, e dunque non sbilanciata verso i Paesi dell’Est Europeo, ma meglio orientata verso il suo sbocco naturale: il bacino del Mediterraneo, e cioè la sponda sud, e cioè l’Africa ed il Medio Oriente.
La strada è dunque tracciata, e la direzione è chiara: resta solo da trovare la forza di percorrerla fino in fondo, sena mai voltarsi indietro, e ricordando ciò che era solito dire Benjamin Disraeli: “Never complain, never explain”.



 
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