ROMA
- Svelati nuovi misteri sulla devastante eruzione del Vesuvio che distrusse Pompei. L'Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia, insieme al Dipartimento di Scienze della Terra dell'Universita' di Torino, ha infatti ricostruito le dinamiche delle colate del Vesuvio che investirono Pompei. Ed ora lo studio servira' a mettere a punto anche nuovi parametri di prevenzione nelle eruzioni, con particolare riferimento al prossimo e atteso risveglio del vulcano napoletano. ''Nel 79 dopo Cristo, quando il Vesuvio si risveglio' improvvisamente dopo un millenario silenzio, nel corso del quale si era ricoperto di vegetazione fino alla cima tanto che la gente aveva perso la memoria della sua pericolosita' come vulcano, l'eruzione si manifesto' attraverso alcune modalita' distinte''.
'Quella piu' spettacolare fu un'esplosione che scaravento' brandelli di lava e gas fino a circa venti chilometri d'altezza, formando poi quello che Plinio il Giovane defini' un pino marittimo''.
Ma dal vulcano uscirono anche miscele di gas e particelle che non avevano la forza di spingersi in alto, e che fluirono lungo i pendii del monte come una cascata infuocata riversandosi su Pompei ed Ercolano e inondando strade e case. Ora, la dinamica di questi 'flussi piroclastici', come vengono definiti dagli specialisti, e' stata analizzata con grande dettaglio grazie a una ricerca sviluppata appunto in collaborazione dall'Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia (Ingv) e il Dipartimento di scienze della Terra dell'Universita' di Torino.
L'importante lavoro, inoltre, e' stato pubblicato su Geology, la prestigiosa rivista internazionale edita da Geological Society of America (June 2005, n.6), a firma di Lucia Gurioli, Maria Teresa Pareschi, Elena Zanella, Roberto Lanza, Enrico Deluca e Marina Bisson. ''Attraverso misure magnetiche sui depositi generati da questi flussi piroclastici, abbiamo ricostruito le direzioni delle colate che investirono Pompei antica e ci siamo resi conto che esse erano molto fluide e turbolente'' riferisce Maria Teresa Pareschi dell'Ingv. ''Tanto da seguire -continua- il reticolato di vie della citta', anche quelle perpendicolari alla direzione del flusso principale, e scavalcare come una cascata muri e sbarramenti''. ''Tuttavia, -aggiunge la ricercatrice- pure in questo panorama di devastazione, si crearono delle zone protette, per esempio cavita', spazi a ridosso di muri, che furono risparmiate''.Questo lavoro, al di la' della puntuale ricostruzione di quanto accadde, permette di identificare in un contesto urbano quali sono le possibili zone franche da questo tipo di rischi e di dettare regole comportamentali in caso di eruzione anche se, sottolinea
la Pareschi
''l'evacuazione preventiva rimane la norma fondamentale da rispettare ''.Anche la prestigiosa rivista Nature, infine, ha voluto segnalare l'importanza della ricerca del gruppo di geologi e fisici italiani, attraverso un commento firmato da Philip Ball.