ROMA
- (Italia Estera) - Comunque vada, il referendum sulla procreazione assistita ha creato notevoli ripercussioni nel quadro politico ed in particolare nei rapporti tra Prodi e l'Unione, in vista di un ipotetico nuovo partito di centro e soprattutto all'interno di Alleanza Nazionale.
Che Rutelli abbia espresso la sua astensione mentre Prodi contestualmente annunciava che sarebbe andato a votare ha approfondito, infatti, anche su questo fronte le divisioni tra le due anime dell'Unione.
I rapporti tra gran parte della Margherita ed il candidato a premier del centro-sinistra continuano così ad essere molto tesi ed una delle conseguenze è stata anche l'aprirsi di infiniti commenti sulla possibilità che a breve vada a delinearsi un nuovo "partito di centro" che in qualche modo possa assemblare in tutto o in parte l'UDC con quella fetta di Margherita che non ne può più del suo professore.
Uno scenario che qualcuno sostiene sarebbe ben visto anche dallo stesso Berlusconi che cerca una "casa comune dei moderati" per isolare Prodi sulla sinistra.
Un'ipotesi tutta da verificare, ma che potrebbe trasformarsi in qualcosa di più concreto nel momento in cui Berlusconi facesse un passo indietro come leader della sua coalizione, magari nell'ottica di salire al Quirinale.
Ricordiamoci che il successore di Ciampi verrà eletto all'inizio della nuova legislatura e che, ipoteticamente vinte da Berlusconi le elezioni del 2006, il Cavaliere dovrebbe ottenere voti "pesanti" e determinanti anche da alcuni settori della Margherita, magari in cambio di un passaggio di Casini a Palazzo Chigi e riconoscendo spazi adeguati per uomini vicini a Rutelli.
Insomma: un possibile ricompattamento al centro che certo il voto (anzi, la posizione di "non voto") referendario ha indubbiamente riavvicinato le parti.
Aria di tempesta, invece, in Alleanza Nazionale dove buona parte del partito non ha digerito le dichiarazioni di Fini sulla sua partecipazione al voto. Dichiarazioni reiterate pur dopo che 82 deputati su 98 (tra cui il sottoscritto) e 40 senatori di AN su 47 avevano firmato un documento in cui si esprimeva un invito all'astensione dalle urne.
Ma dove va Fini rispetto al suo partito? Anche qui molte sono le ipotesi e poche certezze, legate anche al voto che lunedì sera - conosciuta la partecipazione al voto referendario - avrà espresso vinti e vincitori.
Si era detto che Gianfranco Fini "soffrisse" il suo partito, ma non c'è dubbio che negli ultimi due anni il leader della destra italiana non abbia mancato occasioni di uscire dalle linee programmatiche "ortodosse" del suo stesso partito. Prima le dichiarazioni sul voto agli immigrati, poi la fortissima critica al fascismo ed ora il referendum hanno creato malumori vivaci nell'elettorato storico di AN e nei quadri, mentre i sorrisi a sinistra possono forse lusingare il Ministro degli Esteri, ma certo non gli portano voti. Il problema che mi pongo (e vi sottopongo) è su quali principi si basi la linea politica di Fini, quale sia il suo percorso strategico, che cosa pensi realmente dentro di sé, quali siano - soprattutto - i suoi valori di riferimento.
Se lo capissimo, forse, riusciremmo a comprendere perché a volte riesca a distruggere una immagine positiva che si era costruito e che poi distrugge con atteggiamenti incomprensibili.