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08 mag 2002I lavori della Commissione Continentale dei Paesi anglofoni extra-europei (Sydne

- SYDNEY – Questa la relazione presentata nel corso dei lavori della Commissione Continentale dei Paesi anglofoni extra-europei dall’esperto del Canada, il giornalista Cristiano de Florentiis:

Tra le grandi questioni oggi aperte nel nostro pianeta - la globalizzazione dell’economia e delle comunicazioni, la stabilità e gli equilibri politico militari - il tema dell’emigrazione è in grado di rappresentare, in modo molto concreto, il processo di transizione che il mondo dovrà affrontare già nel prossimo futuro e di cui gli scenari già si percepiscono osservando la situazione attuale di alcuni Paesi.
Si valuta che oggi nel mondo ci siano all’incirca 130 milioni di immigrati, a questi vanno aggiunti 20 milioni di rifugiati. Nell’ultimo decennio il tasso annuale di crescita della popolazione immigrata è aumentato notevolmente rispetto agli ultimi quaranta anni.
Un fenomeno quello delle migrazioni che coinvolge quasi tutti i popoli e che non solo avviene per una naturale spinta a migliorare la propria esistenza, ma è spesso forzata da stravolgimenti ambientali, dalle guerre o da discriminazioni razziali.
Migrazioni fenomeno antico
E’ un fenomeno antico che nel tempo si è trasformato nelle forme, senza con questo perdere forza, importanza ed effetti.
Studiosi di storia dell’umanità hanno scoperto che cataclismi e glaciazioni, già nell’era neozoica, abbiano causato le prime migrazioni.
Intorno al 1000 prima di Cristo, un paese dell’Asia Minore, soffriva di una carestia che durava da anni. Il cibo non bastava più a sfamare tutta la popolazione. Il loro re, come rimedio, stabilì che si poteva mangiare solamente a giorni alterni. Negli altri – per ingannare gli stimoli della fame - ci si sarebbe dedicati al gioco e al divertimento.
Lo stratagemma non bastò a cambiare la situazione - ma quel popolo doveva sopravvivere. Il re allora estrasse a sorte metà delle famiglie del suo paese e le affidò al figlio Tirseno che, attraversando il mare, avrebbe dovuto trovare terre nuove e fertili. Un lungo viaggio attraverso il Mediterraneo li portò sulle coste occidentali dell’Italia centrale.
Così secondo Erodoto gli Etruschi arrivarono nella nostra penisola.
Gli Etruschi si incontrarono con i Latini che abitavano quelle terre e si scontrarono anche con loro. Alla fine si fusero portando ognuno il proprio patrimonio di cultura e nacque uno dei più importanti stati di tutti i tempi.
Emigrazione come ricchezza per tutti
Sono cambiati i tempi, epoche e assetti sociali, principi economici, forme di potere politico, ma le esigenze che ancora oggi spingono gli uomini a muoversi sono sempre le stesse, le stesse che sono alla base del principio stesso della vita, realizzare un’esistenza secondo le proprie capacità, bisogni e desideri.
Per questo si affrontano prove impensabili, a testa bassa, per questo si va incontro all’ignoto, si affrontano pericoli, si sopportano sacrifici, ci si separa dagli affetti più cari. Facendo scoprire in ognuno energie insospettabili.
Ma non si tratta, nel maggior numero dei casi, di sacrifici sterili. La sofferenza per molti ha saputo diventare ricchezza. Una ricchezza economica, culturale ed umana per ogni emigrato, ma anche per il paese di accoglienza e per il paese di partenza. Questo vale in special modo nel caso del Canada, che ha saputo coniugare intelligentemente la salvaguardia delle identità etniche con il principio della integrazione e interessi della collettività.
Mentre in altri Paesi d’immigrazione, ad esempio gli Stati Uniti, si attua una politica che è finalizzata ad una veloce integrazione culturale dell’emigrato e questo forse porta ad una perdita di identità più veloce e quindi ad un’omogeneizzazione del tessuto umano della nazione. In Canada sia per ragioni storiche, che per scelte politiche si segue un criterio di salvaguardia ed esaltazione delle specificità etniche e culturali. E’ una delle ragioni della grande stabilità sociale e anche della velocità con cui si realizza il suo processo di sviluppo.
La forza numerica espressa da ciascuna etnia come naturale pesa in qualche modo nelle scelte politiche, in quelle economiche, in quelle assistenziali e nell’appoggio alle rispettive esigenze specifiche.
Dicevamo immigrazione come fonte di ricchezza per tutti, se utilizzata come tale dai governi e dagli stessi immigrati.
In alcuni Paesi l’arrivo dei recenti flussi migratori si traduce in aumento della criminalità.
Si scopre che in Italia, ad esempio, un quarto della popolazione carceraria è costituita da stranieri. Si scopre che i reati sono commessi in proporzione molto maggiore da immigrati irregolari. Gli immigrati regolari, al contrario, hanno un tasso di devianza anche più basso alla stessa media nazionale.
Non si può negare che tale situazione motivi e giustifichi un allarme nell’opinione pubblica e fomenti forme di razzismo.
Tra tutte le nazioni al mondo il Canada è il Paese dove l’intolleranza razziale è un fenomeno quasi sconosciuto, e tra i componenti del G8, è quello con il tasso di criminalità più basso. Nonostante sia noto per i suoi spazi enormi, la scarsa densità della popolazione, ancora con tanta necessità di manodopera, il Canada ha deciso di non transigere nei riguardi dell’immigrazione illegale e clandestina, riuscendo, se non a sconfiggerla, a limitarla quasi totalmente. Ogni anno il Canada attua circa 10mila espulsioni.
Per il Canada, le politiche di immigrazione non sono viste in primo luogo come politiche di solidarietà. La questione del governo del processo migratorio in tutti i suoi aspetti, dalla programmazione e il controllo dei flussi, l’inserimento nel mercato del lavoro, l’integrazione sociale, negli ultimi decenni è stato affrontato con chiarezza di indirizzi e strumentazione adeguata. Gli immigrati che arrivano in Canada sono “scelti” e nella maggior parte dei casi sono “preparati”. Il governo riesce così ad attirare la forza lavoro qualificata, soprattutto nei settori di punta della nuova economia. Ad esempio dei 175mila immigrati nel 1998, un terzo aveva un diploma di laurea. Anche se questo tipo di migrazione è destinato a restare una parte minoritaria del fenomeno complessivo, esso porta un contributo notevole all’economia e può costituire un fattore importante di sviluppo anche per i Paesi di origine, può, infatti, far nascere importanti scambi e flussi di merci e servizi. Dalla fine degli anni ‘60, con l’introduzione di nuovi criteri di selezione per il rilascio del permesso di residenza, è stata limitata l’efficacia dell’atto di richiamo e si è così frenato il fenomeno delle grandi catene migratorie di comunità o gruppi, che alimentava soprattutto un area di bassa qualificazione professionale.
Profughi e asilo politico
Un capitolo a parte è quello dell’asilo politico ai rifugiati.
A chi ne fa domanda, che sia arrivato da uno degli aeroporti internazionali canadesi oppure sbarcato da una boat people giunta sulla costa del Pacifico ed i cui componenti sono quindi prevalentemente di origine asiatica, il Canada non nega assolutamente la solidarietà, non esistono campi di detenzione, la valutazione della concessione o meno dello stato di rifugiato politico è però attenta.
Il Canada terra di flussi migratori
Il Canada è stato attraversato in migliaia di anni da continue onde migratorie. Le prime tre sono provenute dall’Asia Nord Orientale. I primi furono gli Amerindi, attraversarono lo Stretto di Bering 15.500 anni fa, in mille anni si spostarono sempre più verso sud, raggiungendo la Terra del Fuoco, l’estrema punta meridionale dell’Argentina. Ora i loro discendenti rappresentano la maggioranza degli aborigeni del Centro e Sud America. Seguì, molti millenni dopo, l’arrivo di due flussi migratori, quello della popolazione Athapaskan, gli indiani per capirsi, e la popolazione Inuit, ossia gli Eschimesi. L’ondata che cambiò totalmente i connotati al continente fu l’arrivo dei conquistatori francesi e inglesi, poi dei loro coloni ed infine degli emigrati dall’Europa. Per poi arrivare ai recenti flussi extraeuropei.
Il Canada una delle ultime mete degli italiani
I nostri connazionali scoprirono tardi il Canada. In cento anni, dal 1821 al 1924, dei quasi nove milioni di emigrati italiani, più di quattro milioni e mezzo puntarono agli Stati Uniti. Quelli che scelsero il Canada furono solamente 139.000.
Fu invece nel Dopoguerra che ci fu il grande esodo verso il Canada. Tra il 1950 e il 1970, gli arrivi dei nostri connazionali rappresentarono circa un quarto del numero totale di immigrati in questo Paese. Tra il 1965 e il 1967, ad esempio, oltre 30mila immigrati arrivarono ogni anno via mare al Pier 21 di Halifax, l’Hellis Island canadese. All’inizio degli anni ‘70 il numero scese drasticamente a 5mila l’anno. Dal 1980 ai giorni nostri le entrate hanno avuto una caduta verticale e si sono stabilizzate in circa 500 ingressi l’anno.
Consistenza della comunità italiana in Canada e andamento degli arrivi
Secondo le ultime rilevazioni statistiche. Il Canada nel 2002 ha raggiunto i 30milioni di abitanti. La multietnicità della società canadese si sta incrementando nelle sue rappresentanze come risultato di un continuo e forte flusso di correnti migratorie da Paesi diversi. In questo momento sono circa cinque milioni le persone che in Canada hanno una lingua madre differente dall’inglese e dal francese.
La novità negli ultimi 20 anni, nella composizione del flusso migratorio in Canada, è costituita dalle masse in arrivo dal continente asiatico, soprattutto dalla Cina. Un incremento che ha colmato numericamente la forte e tradizionale emigrazione dall’Europa (Italia compresa) che in questi ultimi anni si è quasi completamente esaurita. Da Gran Bretagna, Francia, Germania, Portogallo, Grecia, Polonia e Olanda dal 1996 ad oggi sono giunte 70mila persone, contro i 650mila asiatici.
Dall’Italia negli ultimi cinque anni si sono stabilite in Canada dicevamo poco più di 2.500 persone. Solo il 3% degli italiani in Canada sono arrivati negli anni dopo il 1980.
Questo continuo trend negativo del flusso migratorio italiano in questo Paese, che storicamente inizia dal 1973, e quindi l’assenza di nuove leve giovanili, ha fatto sì che la nostra comunità di prima generazione risulti composta per il 25% da persone con oltre 65 anni di età
Secondo l’Istituto Statistico Nazionale Canadese, nel 1996 gli italiani madrelingua in Canada erano 514mila, mentre quelli di origine italiana erano 1.207.000. Come gruppo linguistico, per la prima volta dopo decenni abbiamo perso la terza posizione. Dopo l’inglese e il francese, ci scavalca il cinese. La lingua asiatica è divenuta anche la terza lingua maggiormente parlata nelle case dei residenti in Canada.
Stando sempre al censimento del 1996, se come gruppo etnico eravamo ancora quarti - dopo inglesi, francesi e tedeschi -, nel 2002 con il massiccio esodo dall’Asia siamo stati superati dai cinesi e raggiunti dal gruppo dei popoli sud asiatici (indiani e pachistani).
Un fatto da tenere anche in considerazione è che negli ultimi cinque anni si è avuto un notevole flusso migratorio in Canada dall’Europa dell’Est (circa 150mila persone), soprattutto dai paesi dell’ex Jugoslavia.
Urbanizzazione
Il flusso migratorio degli ultimi anni, è diretto principalmente nei grandi centri urbani. Basti pensare che l’85% dei nuovi arrivati ha scelto di stabilirsi nelle sette città più importanti o nelle loro periferie. Gli italiani con il 92% vanno addirittura ben oltre questa percentuale. E come dato aggiuntivo metà della nostra comunità in Canada vive a Toronto e dintorni.
Il fenomeno è rilevante se si considera che i canadesi che vivono nelle grandi città sono solo il 56%. L’era delle terre date gratis per essere coltivate è finito da decenni. Gli immigrati vanno dove c’è lavoro, dove trovano una struttura pronta ad accoglierli e, non meno importante, dove trovano individui che parlano la loro lingua e condividono i loro stessi valori. Insomma dove è già esistente una loro comunità. In questo modo si viene ancora di più a creare una disomogeneità di composizione sociale tra zone rurali e zone urbane. Situazione questa che si sta verificando non solo in Canada, ma in tutti i Paesi industrializzati. In Canada, come in Italia, le maggiori città hanno una popolazione multietnica, multilingue, mentre cittadine e paesi conservano prevalentemente una società monoetnica e monoculturale. Questo andamento sta creando e creerà sempre più incomprensioni e divisioni tra queste due realtà. In Canada ricche metropoli multirazziali e povere aree rurali prevalentemente wasp (white anglo-saxon protestant).
Se dicevamo che le città sono meta preferita dai flussi, Toronto è la città simbolo di questo fenomeno. Ogni anno vi arrivano 70mila nuovi immigrati e profughi provenienti da oltre cento Paesi differenti. Toronto è passata dall’avere nel 1960 il 3% di minoranze etniche visibili, ad oggi che ne ha il 50%. Al momento oltre la metà degli abitanti di Toronto non è nata in Canada. La metropoli dell’Ontario ha dunque tolto a New York lo scettro di capitale mondiale del multiculturalismo. Nella grande mela gli immigrati di prima generazione sono solo un quarto.
Istruzione
Caratteristiche comunità italiana in Canada, una comunità che, come dicevamo, non cresce più numericamente nella sua prima generazione.
Il livello di istruzione dei nostri immigrati è inferiore rispetto alla media di quello delle altre etnie e inferiore anche nei confronti della media nazionale. Questo è un dato omogeneo con quello che riguarda anche i giovani arrivati in Canada in epoca di scolarizzazione ed i figli degli italiani nati in Canada. E’ indubbio che questa situazione riflette alcune carenze alle origini per quanto riguarda la politica dell’istruzione seguita in Italia, ma ci sono anche ragioni socioeconomiche riferite al microambiente familiare. La maggioranza degli italiani in Canada sono diventati imprenditori, commercianti, produttori. Sono riusciti a mettersi in proprio inventando spesso professioni nelle quali serviva più coraggio e iniziativa che istruzione. Di generazione in generazione queste attività sono state tramandate ai figli e con queste anche la sensazione che il livello di istruzione alto non fosse così indispensabile per un’affermazione nel loro mondo lavorativo. Facendo un esempio di un ambito diametralmente opposto, la comunità cinese ha un grado di istruzione nettamente superiore alla media italiana, considerando anche le giovani generazioni. Questo può spiegarsi considerando che i cinesi provengono da una società che non li stimolava ad iniziative imprenditoriali autonome e li obbligava invece ad ottenere un grado di istruzione superiore per inserirsi nelle strutture pubbliche.
Ben oltre la metà degli italiani che hanno conseguito un titolo di studio superiore è specializzata nel settore dell’ingegneria civile, in quello delle scienze applicate e nel commercio. Questo quadro riflette le tipologie professionali in cui sono più presenti gli italiani in Canada (edilizia, industria manifatturiera e commercio). E’ una situazione che inizialmente non inciderà nel settore economico, ma i cui effetti, di altro genere, sono destinati ad evidenziarsi nel tempo. Infatti, essendo pochi i laureati in legge, scienze politiche e scienze dell’informazione, il gruppo etnico italiano si troverà ad avere scarsi inserimenti nelle attività dell’amministrazione pubblica, della giustizia, della comunicazione e della politica, che sono settori guida di un Paese.
Ad esempio, limitandosi solo al settore politico, la comunità italiana finora ha potuto contare su diversi rappresentanti in parlamento eletti soprattutto in rapporto alla sua consistenza numerica. In quasi tutti i casi, deputati e senatori italiani sono stati eletti, infatti, nelle circoscrizioni dove la comunità italiana rappresentava la maggioranza, quindi scelti soprattutto per ragioni di affinità culturale. Dagli ultimi andamenti che vedono la nostra comunità raggiunta e superata numericamente da altri gruppi etnici, principalmente di origine asiatica, si può prevedere che il numero dei nostri rappresentanti nella gestione della cosa pubblica diminuirà in maniera costante. Questa prospettiva, non favorevole per quanto riguarda il peso della nostra comunità, potrebbe essere arginata se potessimo presentare candidati con cultura accademica ed esperienze tali da renderli preparati a comprendere ed affrontare problemi globali - e non solo settoriali - riguardanti quindi anche le altre etnie e da queste scelti nelle consultazioni elettorali.
Ultima considerazione
Sono cambiati i tempi - dicevo all’inizio - ed il modo di comunicare e con questo stanno mutando le condizioni e gli assetti dell’economia mondiale. In una parola è la “globalizzazione”: lo scenario futuro che, nel bene e nel male - ma naturalmente bisognerà impegnarsi che sia nel bene - che condiziona già adesso e condizionerà ancor più in futuro tutte le nostre attività. I tempi sono dunque cambiati ed anche la situazione sociale dei nostri connazionali in Canada. E questo fa sì che - partendo da quel bisogno di ritrovare le radici - si possano, si debbano, istaurare forme di sinergia economiche e culturali che possano fondarsi su un comune patrimonio umano, storico e di sangue.
E per quanto riguarda i nuovi flussi migratori, è evidente che questi, oltre a interessare gli equilibri politici e lo sviluppo sociale ed economico del mondo, richiedono con urgenza alle nazioni, alle persone del mondo alle nostre comunità italiane di compiere anche una grande trasformazione culturale su scala internazionale.
Argentina
Nonostante che non sia all’ordine del giorno e neppure faccia parte del tema della mia relazione, mi sento obbligato ad accennare almeno qualcosa sulla situazione argentina. Ed un possibile flusso migratorio di ritorno che possa nascere da questo Paese. Vorrei ricordare a noi stessi che abbiamo un debito umano con i nostri fratelli argentini che in questo momento vivono una situazione particolarmente difficile legata al dissesto economico che ha colpito quel Paese. Un debito umano che nasce dalla personale grande delusione di ciascuno di essi che, proprio per realizzare pienamente la loro esistenza e inseguendo una speranza di tranquillità di vita e finanziaria, era stato costretto ad allontanarsi dalla propria terra e a privarsi degli affetti e delle cose più care. Ma abbiamo anche un importante debito economico per tutte quelle rimesse per anni inviate in Italia e che hanno permesso un tenore di vita accettabile alle popolazioni di molte zone del nostro Paese.
Ora sono necessari interventi rapidi che tengano conto soprattutto delle loro necessità e dei loro progetti, su questo il nostro Ministro Tremaglia si è a già attivato concretamente, a sostegno del suo impegno auspico che si possa aprire un tavolo all’interno del quale precisare obiettivi possibili e le strategie relative.
Si sta verificando una tendenza in parte emotiva ed in parte con ragioni di fondo al rientro in Italia, da parte di italiani di prima generazioni, ma anche di giovani oriundi. Non si dovrà trascurare questo atteggiamento, tenendo conto anche della domanda di lavoro che si sta verificando nel nostro Paese, ma anche la domanda che esiste nei Paesi anglofoni. Occorrerà verificare quanto questa richiesta possa essere soddisfatta da questi possibili rientri o da un flusso verso i Paesi anglofoni. D’altra parte bisognerà ovviamente tenere conto di coloro che per evidenti ragioni personali e avendo interessi radicati in Argentina, non pensano di spostarsi, e debbano quindi essere sostenuti nelle loro attività per superare questa contingenza.



 
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