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Il voto degli Italiani all'Estero

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Messaggero di sant'Antonio
Italiani d'Argentina
  
22 mag 2002Un articolo di Norberto Lombardi: Sul voto all’estero fare parlare i fatti

- ROMA – L’’ultima uscita del Ministro per gli Italiani nel Mondo, on. Mirko Tremaglia, di fare votare gli italiani all’estero per riempire il vuoto di dodici deputati che ancora mancano al plenum della Camera, ha avuta un’accoglienza più fredda che tiepida tra quegli stessi che dovrebbero essere i potenziali beneficiari. Con l’eccezione di quei quattro o cinque “Balilla delle Little Italy”, che ormai consumano il loro miglior tempo nel fare il verso a Colui che, secondo vecchi modelli, ha sempre ragione.
E’ un bene, naturalmente, perché potrebbe essere la prova di una capacità critica beneaugurante per l’esercizio del voto per corrispondenza che si svolgerà tra qualche anno. E tuttavia conviene fermarsi un momento a riflettere per comprendere meglio non solo il metodo politico che ispira i comportamenti del maggiore responsabile degli interventi per gli italiani all’estero, ma anche la sostanza dei problemi che si tratta di affrontare per fare del voto una prova democratica limpida e responsabile.
Che l’estemporanea proposta di riservare agli italiani all’estero i seggi finora non attribuiti sia da collocare nel sistema di fuochi pirotecnici che ormai costellano il cielo delle politiche governative in questo campo non pare dubbio. Il voto per i collegi in questione è stato legittimamente espresso e nessuno lo può annullare, scippando centinaia di migliaia di elettori italiani del loro fondamentale diritto di vedere riconosciuta la loro volontà. Semmai vanno interpretate e regolamentate le conseguenze derivanti dal marchingegno elettorale architettato da Forza Italia, che rende difficile il recupero dei seggi in seconda battuta.
Per di più, anche a prescindere dagli invalicabili motivi ostativi di ordine giuridico e di etica democratica, occorrerebbe un’ulteriore modifica della Costituzione e solo chi ha voglia di giocare con l’ingenuità degli spettatori può disinvoltamente proporre di ricominciare con le modifiche costituzionali appena dopo gli anni di tormento trascorsi per arrivare alla revisione degli articoli 48, 56 e 57. I tempi per la doppia lettura e per le operazioni organizzative del voto, per altro, sarebbero tali da portarci a ridosso della scadenza della legislatura, praticamente rendendo il voto stesso privo di effetti e sovrapponendo i due momenti elettorali, in un marasma che sarebbe difficile da controllare. Ma ammesso pure che tutte queste difficoltà siano beatamente superabili, con quali garanzie di regolarità e di trasparenza degli elenchi AIRE si potrebbe fondare una consultazione anticipata? E qui siamo al punto del più acuto dolore e della più evidente crisi di credibilità dell’intera proposta. Tutti dicono che l’attuale situazione dell’AIRE è insostenibile e che non è pensabile di potere affrontare il voto in queste condizioni. E infatti, non c’è paese democratico al mondo che possa pensare di chiamare a votare milioni di cittadini con un’incertezza che riguardi un terzo della base elettorale. Eppure nessuno sta facendo niente di concreto per porre rimedio. Mentre il Ministro civetta con la Carrà e con Bruno Vespa nei talk show televisivi, regalando la cittadinanza in un mese al fortunato di turno, i tempi di attesa dei comuni mortali nei consolati argentini semplicemente per consegnare la pratica sono arrivati a tre anni. E più o meno altrettanti ce ne vogliono per vedere esaminata la domanda. Mancava la legge sui contrattisti, si obbietta. E chi vietava, anche in assenza di quella legge, di cominciare ad usare gli strumenti e le risorse esistenti e procedere a quella bonifica che si richiedeva a pieni polmoni dall’opposizione e che non si riesce a gestire dal governo? Ora la legge c’è perché opportunamente il Parlamento l’ha approvata quasi all’unanimità, confermando la larga apertura di credito nei confronti degli italiani all’estero. Il provvedimento, già presentato dal Centro-sinistra, prevede risorse aggiuntive per oltre sedici milioni di euro, la possibilità di assumere 350 contrattisti e di dotare le strutture periferiche dei più moderni mezzi tecnologici. Il Governo pensi a fare, a governare appunto, affrontando i problemi aperti e creando le condizioni per l’esercizio di una normale e trasparente prova democratica. Senza fughe e capriole demagogiche. Con il voto all’estero il Paese si gioca la credibilità nei confronti di milioni di cittadini che vivono lontano e si gioca anche la faccia nei confronti degli altri Paesi che già da tempo affrontano con efficienza e serenità la medesima prova. Per gli italiani all’estero essere finalmente cittadini di pieno diritto significa poter votare, ma anche essere trattati con rispetto e considerazione. E la migliore dimostrazione di rispetto è smetterla con le promesse e con l’enfasi retorica e parlare, invece, con i fatti. Sono i fatti, non le parole, che consentono ad ognuno di esprimere in piena autonomia la propria libertà e la propria dignità di cittadino.






 
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