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16 mag 2005La seconda edizione dell'Incontro internazionale dei Bergamaschi nel Mondo, Bettoni: un debito di riconoscenza con i nostri emigranti

BERGAMO - Non ha dubbi il presidente dell'Amministrazione provinciale di Bergamo: "Sentiamo di dovere molta riconoscenza ai nostri emigranti e vogliamo che continuino a sentirsi legati alla loro terra". Valerio Bettoni,56 anni, guida la giunta della provincia orobica dal 1999 alla testa di una coalizione di centro destra ed ha ideato la "Festa della Provincia", nell'ambito della quale è prevista una due giorni (il 21 e 22 maggio prossimi) tutta dedicata a chi è partito per cercare fortuna in terra straniera. Sarà la seconda edizione dell'Incontro internazionale dei Bergamaschi nel Mondo, cui stanno lavorando tutti gli enti della zona, in primo luogo lo storico e fortissimo "Ente dei Bergamaschi nel Mondo". 1200 le presenze già annunciate, in rappresntanza di non meno di cinquantamila emigranti "certi". Non c'è dubbio, infatti, che la città orobica nell'ambito lombardo possa vantare il primato dell'emigrazione più numerosa e anche più attaccata alle proprie radici. "Io stesso - ricorda Bettoni in questa intervista esclusiva - discendo da una famiglia di emigranti". E l'impegno a favore dell'emigrazione è destinato a mantenersi ed accrescersi.
- Presidente Bettoni, come le è venuta l'idea di una grande festa per i Bergamaschi nel mondo?
"Bergamo è da sempre una terra d’emigrazione. Ogni valle ha avuto nei secoli correnti migratorie, spesso acuite dalle crisi, dalle guerre, dalla mancanza di lavoro. Io stesso vengo da una famiglia di emigranti. Mio padre prese la strada dell’India, dove lavorò per anni in una miniera insieme con molti uomini e donne del mio paese e della mia valle. Nel secolo scorso, soprattutto nella prima metà del Novecento, molte correnti si sono orientate in particolare verso la Francia e la Svizzera. Fornivamo braccia soprattutto all’edilizia, all’agricoltura. Molti scelsero di fare i boscaioli. Molti di quegli emigranti rimasero nei paesi che li hanno accolti, vi hanno formato la loro famiglia e i figli si sono stabiliti lì, perfettamente integrati. Chi ha potuto ha fatto ritorno. Parecchi emigranti, a prezzo di enormi sacrifici, s’erano fatti la casa al paese d’origine, sperando di tornarvi un giorno o l’altro. In tal modo hanno anche contribuito alle prime forme di turismo: si affittavano le camere ai primi villeggianti che arrivavano soprattutto dal Milanese. Nella seconda metà del Novecento, si è assistito a molti ritorni di emigranti nella nostra provincia. Intanto l’emigrazione è radicalmente cambiata. E noi stessi siamo diventati una terra che ha accolto e sta accogliendo emigranti da Paesi poveri, gente in cerca di futuro."
- Qual è oggi lo stato di salute dei rapporti fra Bergamo e la sua numerosa emigrazione sparsa per il mondo?
"Ottimo. La Provincia, i Comuni, la Camera di Commercio, le banche bergamasche hanno sempre avuto un occhio di riguardo per i lavoratori bergamaschi all’estero. Ne contiamo oltre cinquantamila, ma la cifra è sicuramente superiore ed è da moltiplicare, se soltanto consideriamo le migliaia di bergamaschi che si sono recati all’estero e vi hanno messo radici, prendendo la cittadinanza dei Paesi che li accolsero, in un tempo in cui non c’era la possibilità di mantenere – come oggi – la doppia cittadinanza. Il nostro Ente Bergamaschi nel mondo raggiunge puntualmente oltre l’80 per cento dell’emigrazione bergamasca, alla quale inviamo il nostro periodico, che è una ventata di aria di casa portata in diecimila famiglie. Abbiamo una rete capillare di 30 Circoli e 20 Delegazioni (oltre i 40 associati danno origine a un Circolo, sotto questa cifra si resta nella Delegazione). In più, manteniamo una stretta collaborazione con le Missioni cattoliche sparse nei continenti e che costituiscono un punto di riferimento e di aggregazione per gli emigranti, soprattutto nelle località più remote. Al prossimo incontro del 21 e 22 maggio mons. Luigi Betelli, che è fondatore della nostra delegazione di Stoccarda, porterà da solo ben 237 emigranti."
- L'Ente "Bergamaschi nel mondo" costituisce una delle più antiche e più solide realtà organizzate nel quadro della nostra emigrazione. Come è stato possibile mantere un così forte legame con la terra d'origine?
"L’ente esiste dal mese di luglio del 1967. Nacque per iniziativa della Camera di Commercio e della Banca Popolare di Bergamo, in virtù di una circolare ministeriale dei primi Anni Sessanta. Lo scopo era quello di assistere materialmente e moralmente i lavoratori di ogni provincia residenti all’estero. Bergamo, quando ha deciso di partire, si è mossa subito alla grande, con dinamismo e precisa volontà. Un pioniere della prima ora fu l’avv. Rodolfo Vicentini. Mi piace ricordare la generosità d’impegno del presidente ing. Marino Mazzoleni. Presidente attuale è il prof. Santo Locatelli, che ha fatto e sta facendo moltissimo per tener viva l’identità bergamasca e per favorire al massimo i legami con la terra d’origine.
- Al di là dell’Incontro internazionale, giunto alla sua seconda edizione, che cosa fa la Provincia per mantere vivi i legami con l'emigrazione bergamasca?
"La Provincia vuole coinvolgere al massimo tutte le sedi di Circoli e Delegazioni per far viaggiare al massimo il nome di Bergamo e della Bergamasca nel mondo. Sono i nostri avamposti turistici e, in questo modo, vogliamo anche tenerci vicini – informandoli tempestivamente su tutto quando accade, viene fatto e promosso nei nostri paesi – i nostri emigranti. Sentiamo di dovere molta riconoscenza a loro per quanto hanno fatto e vogliamo che continuino a sentirsi legati alla loro terra. Ora intensificheremo ulteriormente l’invio di materiale informativo e di pubblicazioni per far conoscere Bergamo. E inoltre teniamo diverse visite nei Circoli, dove vengono organizzati momenti culturali, incontri, dibattiti (AIRE, voto per gli italiani all’estero, Comites, ecc), ma anche momenti ricreativi e feste, come in primavera e a fine anno, in particolare per S. Lucia, il 13 dicembre, che sono anche un’occasione per consegnare riconoscimenti e attestati oltre a doni per i bambini."
- C'è ancora oggi qualcuno che parte da Bergamo, magari giovani ricercatori che cercano all'estero gli spazi che nelle università nostrane non trovano?
"Certamente sì. E’ cambiata l’emigrazione. Non ci sono più i numeri che si registravano fino agli Anni Sessanta. Non ci sono più i forzati della valigia. No, oggi c’è un’emigrazione radicalmente mutata. Chi decide di partire per l’estero, oggi, lo fa con fior di titoli nella valigia. Sono professionisti, persone qualificate, ricercatori nei vari campi, uomini e donne di cultura che cercano di confrontarsi con le realtà straniere per aumentare il patrimonio personale di conoscenze. Oggi troviamo bergamaschi a posti di responsabilità in viarie parti del mondo, molti hanno fatto carriere esaltanti, ottenendo incarichi di assoluto prestigio."
- E c'è invece qualche oriundo che torna, magari dal Sudamerica, o da altre aree?
"Ogni tanto ci sono dei rientri. L’ultimo, il più massicio, l’abbiamo vissuto a cavallo fra il 2001 ed il 2002, a causa della grave crisi economica vissuta dall’Argentina. Abbiamo costituito a Bergamo una comunità di italo-argentini forte di quasi duemila presenze."
- A suo giudizio, è sufficiente il ruolo che sta giocando la Regione Lombardia in materia di lombardi nel mondo, oppure si potrebbe fare di più? Lei pensa che nello statuto regionale dovrebbe trovare posto anche la figura del "lombardo nel mondo"?
"Fare di più è sempre possibile ed auspicabile. E’ il nostro impegno quotidiano di tutti. Guai se ci sedessimo sulle posizioni raggiunte. E tuttavia è anche doveroso riconoscere che la Regione Lombardia ha dato molta attenzione e la dovuta importanza agli organi che operano per gli emigranti. Sicuramente si proseguirà in questo solco già tracciato. Quanto alla questione del riconoscimento nello Statuto del "lombardo nel mondo", questo dipenderà dagli equilibri politici e dalle scelte del presidente Formigoni ".
Luciano Ghelfi
 



 
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