ROMA - L’operato e l’inefficienza dei consolati italiani all’estero tiene banco da un bel po’ sulla nota rubrica “Italians” che Beppe Severgnini, giornalista del Corriere della Sera da alcuni anni pubblica, nella versione on line del quotidiano.
Dopo l'ennesima lettera di lamentele pubblicata da "Italians", oggi, nella rubrica è apparsa anche quella del ministro plenipotenziario Pasquale Q. Terracciano, Capo ufficio stampa della Farnesina e portavoce del Ministro degli Esteri. E’ una risposta molto articolata a Beppe Severgnini:Questo il testo integrale della risposta di Terracciano:
Funzionamento dei consolati e legge sulla cittadinanza: rispondo alle ulteriori domande
Caro Severgnini, rispondo alle Sue ulteriori domande ("Lamentele, quasar e consolati", 2 maggio).
1. I tempi di reazione dei Consolati alla posta elettronica possono evidentemente variare da Sede a Sede in funzione del rapporto tra carico di lavoro e risorse umane disponibili (di solito scarse) e della complessità dei quesiti posti.
2. Quanto al "funzionamento diseguale" dei nostri Consolati: è chiaro, non tutte le sedi funzionano nello stesso modo e non potrebbe essere altrimenti. Sul funzionamento degli Uffici intervengono molti fattori, non ultimi quelli del personale e degli stanziamenti, in progressiva preoccupante riduzione.
Quello che noi stiamo cercando di fare è ottimizzare le risorse, migliorando l'informazione preventiva ed esplorando senza timore tutti gli strumenti della comunicazione: innanzitutto, un approccio più moderno al web, ma anche la creazione di pubblicazioni mirate, che permettano all'utente di evitare inutili code e perdite di tempo.
Queste attività non possono essere, da sole, la soluzione dei problemi di una amministrazione complessa come il Ministero degli Esteri, che oltre ai vincoli, anche normativi, comuni a tutta la Pubblica Amministrazione, soffre anche per la varietà delle condizioni ambientali in cui si trovano ad operare i propri dipendenti, sparsi in tutto il mondo. Ma rappresentano, crediamo, un grande passo in avanti sulla strada giusta, tenuto conto, ripetiamo, dell'attuale quadro di mezzi, norme e risorse umane.
3. In merito alla legge sulla cittadinanza, ovviamente noi siamo chiamati ad applicare le leggi, non a commentarle. Credo che ci si possa però appellare ad una maggiore comprensione dei connazionali che rivendicano dopo alcuni decenni la propria italianità: i ritardi negli uffici di stato civile sono prodotti proprio da questo rinato interesse di italiani di 2°, 3° e addirittura 4° generazione. Per poter arrivare a riconoscere la cittadinanza italiana e rilasciare un passaporto bisogna prima ricostruire l'intera situazione di stato civile di varie generazioni: quindi un lavoro che in teoria si sarebbe dovuto distribuire nell'arco di decenni, si concentra tutto nel momento della richiesta di passaporto da parte del connazionale nato all'estero. Purtroppo questi ritardi si ripercuotono, in molti casi, sull'intero funzionamento degli uffici di stato civile.
Spero che le mie risposte, oltre ad attirare la sua "cinica" curiosità, facciano trasparire la ferma volontà del Ministero degli Esteri di essere una Amministrazione vicina ai cittadini, in tutto il mondo.
P.S. La "Q" del mio secondo nome non sta per "Quasar" ma per "Quito", come la capitale dell'Ecuador, ed è frutto di compromesso fra attaccamento alla tradizione (il primo nome) e gusto esotico dei miei genitori.
Pasquale Q. Terracciano, Capo del Servizio Stampa e Informazione - Ministero Degli Affari Esteri, stampa.caposervizio@esteri.it
Grazie, di nuovo. Replico, e poi taccio.
1. I tempi di reazione dei consolati alla posta elettronica possono variare da sede a sede non solo a seconda del carico di lavoro, ma anche dello stimolo/voglia/entusiasmo del console. 2) "Un approccio più moderno al web" è fondamentale (ne avevamo parlato anche col Ministro Stanca alla Farnesina, nel luglio scorso). Per esempio: poter scaricare facilmente i moduli dalla rete sembra una buona idea. 3) E' vero: voi (diplomatici) siete chiamati ad applicare le leggi, non a commentarle; ma noi (giornalisti) possiamo/dobbiamo farlo, pur avendo l'obbligo di rispettarle. Per questo dico: la legge sulla cittadinanza mi sembra il classico passo più lungo della gamba. Comunque, ormai la legge c'è e dobbiamo cercare di farla funzionare. (P.S. Quito?! E io pensavo che il mio "Quasar" fosse fantasioso...)