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11 apr 2005Papa Wojtyla aveva un cugino che abita in Brasile

BRASILIA - (Italia Estera) -  Non é vero che il Papa non aveva parenti. Il cugino brasiliano del Papa si chiama Giovanni, è un umile contadino del Rio Grande do Sul e vive in una minuscola casa a Ponte Preta, centro tipicamente polacco situato nel cuore dello stato gaúcho, distante circa 400 chilometri dalla capitale.

João Wojtyla oggi ha 83 anni e sostiene che prima di emigrare, ancora bambino, in Brasile con i genitori, ha giocato con il quasi coetaneo cugino. Inoltre il cognome originale della famiglia sarebbe Woidyla, ma fu alterato dal parentado rimasto in Polonia per evitare persecuzioni durante la Seconda guerra mondiale. João conserva la lettera che il Papa gli spedì, già da Roma, nella quale spiegava i motivi della variazione di cognome e riconosceva i suoi parenti brasiliani. Nella sua casa allestì un altare con la foto del Papa polacco. I due cugini si rincontrarono nel 1980 a Porto Alegre, in occasione della prima visita del pontefice in Brasile.

 

Giovanni Paolo II ha dato al Brasile la sua prima santa il 19 maggio 2002, celebrando in piazza San Pietro, a Roma, la canonizzazione della beata italobrasiliana Amabile Lucia Visintainer. Nata il 16 dicembre 1865 a Vigolo Vattaro in provincia di Trento, emigrò in Brasile con la sua famiglia a dieci anni nello Stato di Santa Catarina, nel sud del Brasile, dove oggi esiste il comune di Nova Trento. Il 18 ottobre 1991, in occasione della sua seconda visita al paese, Wojtyla beatificò a Florianópolis Madre Paolina, che undici anni più tardi sarebbe diventata santa Paolina del Cuore agonizzante di Gesù.

 

Karol Wojtyla è stato in Brasile nel 1980, 1991 e 1997, per un totale di circa 20 giorni di soggiorno. Baciò per la prima volta il suolo brasiliano a Brasilia il 30 giugno 1980. A dargli il benvenuto fu João Figueiredo, allora presidente della Repubblica. Durante il suo primo discorso, che pronunciò appena arrivato, il Papa disse: «Non è stato senza grande e profonda emozione che ho baciato poco fa il buono e generoso suolo brasiliano. Questo gesto che ho ripetuto già tredici volte - tanti sono infatti i paesi che ho avuto la gioia di visitare come papa - l’ho compiuto con il calore e la spontaneità di qualcosa che si compie per la prima volta e quindi con la commozione della prima volta. Questo gesto vorrei esprimesse un primo e silenzioso ringraziamento all’accoglienza che mi fa questo paese, che in mille modi più o meno percettibili, sento piena di fervore e di affetto». E proseguì spiegando il motivo della sua visita. «E perché, oggi, il Brasile? Prima di tutto perché il vostro paese, nato all’ombra della croce, battezzato con il nome di Vera e Santa Cruz e subito alimentato dalla prima eucaristia celebrata a Porto Seguro, è diventato la nazione che possiede il maggior numero di cattolici del mondo».

 

A Brasília, oltre a Figueiredo, incontrò innumerevoli autorità e sacerdoti, celebrò una messa, visitò il carcere di Papadua e benedisse il monumento a san Giovanni Bosco. In quell’occasione parlò del significato di questa figura per la capitale brasiliana: «Brasília è legata per sempre a don Bosco attraverso quel misterioso sogno nel quale, a distanza di 75 anni, pare abbia intravisto la nascita della città, in mezzo allo sterpaio cocente, sull’altipiano fino allora deserto». Proseguì il suo pellegrinaggio per il paese, passando per Belo Horizonte, dove celebrò una messa per giovani e studenti. A Rio de Janeiro incontrò uomini di cultura e religiosi. Celebrò una messa per le famiglie e un’altra per l’ordinazione di nuovi sacerdoti. Visitò il Corcovado e la favela Vidigal. A San Paolo la celebrazione della messa e l`incontro con i religiosi si sommarono alla visita alla comunità ebraica e agli operai. Dal capoluogo paulista, Wojtyla proseguì verso Aparecida, città di Nossa senhora aparecida, patrona del Brasile, dove celebrò una messa, pregò e incontrò dei seminaristi.

 

La tappa successiva fu a Porto Alegre con messa e incontro con religiosi e a seguire Curitiba, con messa e visita alla comunità polacca. A Salvador oltre che a vedersi con le autorità e cittadini, visitò dei lebbrosi e la favela dos Alagados. Partì poi per Recife, Teresina, Belém e Fortaleza, facendo sosta in ogni città per la celebrazione di una messa. L’itinerario si concluse con Manaus e l’incontro con gli indios dell’Amazzonia. Dopo aver percorso migliaia di chilometri in territorio brasiliano, disse prima di partire: ‹‹La mia permanenza in Brasile mi ha permesso di arricchire la mia conoscenza della lingua portoghese con alcune parole ed espressioni. Ho imparato, per esempio, che quem parte leva saudades. Devo confessare che già sto sentendo quello che significa questo proverbio. Ma con la nostalgia del Brasile, porto nel cuore anche una immensa gioia e la più grata soddisfazione, per tutto quello che ho avuto modo di vedere, comunicare e vivere assieme a voi, in questi giorni della mia permanenza tra voi».

 

Con queste parole i sentimenti del Santo padre per il Brasile furono chiari. In seguito avrebbe aggiunto: «Porto con me, negli occhi e nel cuore, tante immagini di vita e bellezza che mi hanno impressionato in questo dinamico paese pieno di promesse. E le ultime e più impressionanti saranno le prodigiose immagini di questi fiumi e di queste foreste dell’Amazzonia. Però, ancora più che le immagini delle innumerevoli meraviglie - opera sia della natura che dell’uomo - è l’immagine di questo uomo brasiliano che porto con me. Dell’uomo concreto e storico che in questo momento è il protagonista di un’ora importante per il paese». Alla fine del discorso avrebbe espresso apertamente il suo desiderio di tornare in seguito: «Ho detto che era l’ora di dire addio. No! Vi dico solo arrivederci. E pensandoci bene, dico: a presto! A presto! A presto! Se Dio vuole!». Così, l’11 luglio 1980, si concludeva la prima e più completa visita di un pontefice mai avvenuta in terra brasiliana.

 

L’11 giugno 1982 Wojtyla, in viaggio verso l’Argentina, effettua uno scalo tecnico a Rio de Janeiro e ne approfitta per esprimere la sua saudade: «Rio de Janeiro! Brasile! Quanti ricordi, in questo momento e in questo luogo, questi nomi fanno rivivere nel mio spirito i dodici giorni della mia visita pastorale alle Terre di santa Croce: dall’incontro indimenticabile con la Chiesa di questa diletta nazione, da Rio Grande do Sul fino a Belém do Pará e al cuore dell’Amazzonia! “Grazie a Dio”, per tutto». Sarebbe tornato nel 1991, soggiornandovi dal 12 al 21 ottobre. In quell’occasione visita Florianópolis, Campo Grande, Cuiabá, San Paolo, Vitória, Salvador e Natal. In queste città ha la possibilità di incontrare varie autorità, religiosi, fedeli e anche gli indios. Inoltre, celebra messe e ha un colloquio con il rabbino Henry Sobel della comunità ebraica. È durante questo viaggio che il Papa beatifica madre Paolina a Florianópolis.

 

Il 2 ottobre 1997 arriva a Rio de Janeiro e durante il suo discorso ancora in aeroporto afferma: «È per me un onore e un piacere trovarmi nuovamente in Brasile, in mezzo a questo popolo, la cui ammirevole ospitalità e la contagiosa allegria mi sono ben note». Si tratta di un viaggio piuttosto breve inserito nell’ambito dell’Incontro mondiale con le famiglie. Incontra vescovi, sacerdoti e religiosi, recita l’angelus dalla cidade maravilhosa , celebra una messa per il Secondo incontro mondiale con le famiglie nell’Aterro do Flamengo a Rio. Realizza il convegno di testimonianza delle famiglie del mondo nello stadio Maracanã e non avendo tempo per ulteriori visite, lascia due lettere, una ai malati dell’Instituto nacional do câncer e l’altra ai carcerati del Presídio Frei Caneca. Parte per Roma il 5 ottobre 1997, dicendo: «Nel lasciare questa terra benedetta del Brasile, si eleva nella mia anima un inno di grazie all`Altissimo, che mi ha permesso di vivere qui ore intense e indimenticabili, con lo sguardo volto al Cristo redentore che domina la baia di Guanabara, e nella certezza della protezione materna di Nostra signora della Penha, che protegge questa amata città dal suo santuario situato non lontano da qui».

Al Conclave i cardinali brasiliani saranno il maggior numero di  pororati  dell’America Latina: Aloísio Lorscheider, arcivescovo emerito di Aparecida; Paulo Evaristo Arns, arcivescovo emerito di San Paolo; Serafim Fernandes de Araújo, arcivescovo di Belo Horizonte; Eugênio de Araújo Sales, arcivescovo emerito di Rio de Janeiro; José Freire Falcão, arcivescovo di Brasília; Cláudio Hummes, arcivescovo metropolitano di San Paolo; Geraldo Majella Agnelo, arcivescovo di Salvador di Bahia; Eusébio Oscar Scheid, arcivescovo di Rio de Janeiro. Soltanto gli ultimi quattro avranno diritto di voto nel conclave del prossimo 18 aprile.

 

L`arcivescovo di San Paolo, Cláudio Hummes, gaúcho di 70 anni, è uno dei favoriti alla successione. Lo affermano importanti quotidiani internazionali, come lo statunitense `New York Times`, il britannico `The Guardian`, il francese `Le Monde` e l’italiano `La Repubblica`. Nato l`8 agosto 1934 a Montenegro (Rio Grande do Sul), compie gli studi elementari nella sua città natale e quelli superiori presso il seminario francescano di Taquari. Successivamente studia filosofia a Garibaldi, nel suo stato. Viene ordinato sacerdote il 3 agosto 1958 a Divinópolis (Minas Gerais) dove aveva compiuto gli studi di teologia. Dal 1959 al 1963 vive a Roma e si laurea in filosofia. Negli anni successivi insegna filosofia in varie università. Il 22 marzo 1975 è nominato vescovo titolare di Carcabia e coadiutore di Santo André (San Paolo) con diritto alla successione. Due mesi dopo, il 25 maggio 1975, è ordinato vescovo nella cattedrale di Porto Alegre. Ha preso possesso di Santo André come vescovo coadiutore il 29 giugno e cinque mesi dopo, il 29 dicembre 1975, ne è divenuto il vescovo diocesano. Nei 21 anni trascorsi a Santo André ha difeso gli operai, ha sostenuto i sindacati e ha partecipato a scioperi quale vescovo responsabile della Pastorale operaia in tutto il Brasile. Il 15 aprile 1998 è stato nominato da Woityla arcivescovo metropolitano di San Paolo.

 

 

Karol Wojtyla a Cuiabá (MG) nel 1991 con i rappresentanti di 37 comunità indigene




 
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