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26 giu 2002I lavori della Commissione Continentale per i Paesi dell’Europa ed il Nord Afric

- STOCCOLMA - I lavori della Commissione Continentale per i Paesi dell’Europa e del Nord-Africa (Stoccolma, 6-7 giugno 2002):

Allegato G
Intervento del Consigliere CGIE del Regno Unito e Repubblica d’Irlanda Ing. Alberto Bertali

I giovani di origine italiana in Europa a nel Mediterraneo

E’ da qualche tempo, ormai, che il tema della partecipazione giovanile, come quello delle donne, alle strutture democratiche della nostra emigrazione e’ diventato pressante e sta animando i nostri dibattiti con sempre maggiore frequenza.
Anch’io, con molta umilta’, avevo in passato lanciato l’allarme: se non si riesce a coinvolgere molti piu’ giovani nell’associazionismo e di conseguenza nei Comites e nel CGIE, questi ultimi avranno vita breve, e la vecchia emigrazione, che e’ ancora oggi l’anima portante dell’impegno sociale, non avra’ piu’ nessuno a cui passare la mano nella trasmissione delle tradizioni italiane, che pur diluite nella necessita’ di integrarsi nelle societa’ di accoglienza, ci devono identificare e ci contraddistinguono come cittadini italiani all’estero.

Bene, quindi, ha fatto il Vice Segretario Farina a rifarne oggetto di dibattito nella nostra riunione perche’ in democrazia e’ dal confronto continuo delle idee che si raggiungono i risultati auspicati.

Vorrei subito dire che coinvolgere i giovani e soprattutto parlare al loro cuore, perche’ questa e’ la sola vera molla capace di coinvolgerli. Non e’ compito facile: basti pensare alla politica vera, quella del Parlamento, e alla difficolta’ che i politici in tutto il mondo hanno di convincerli ad andare a votare.

Mi sembra che per i nostri giovani di seconda generazione sia ancora piu’ difficile perche’ oltre alle difficolta’ inerenti al crescere e trovare un inserimento nella societa’ dei “grandi” debbono integrarsi nelle comunita’ in cui vivono e talvolta farsi anche accettare cosa che non sempre e’ riuscita ai loro famigliari. Debbono poi confrontarsi con tradizioni diverse dalle nostre che spingono i loro coetanei in direzioni talvolta opposte e tutti sappiamo come, negli adolescenti, l’esempio dei compagni sia molto piu’ trainante di quello famigliare.

Un esempio e’ proprio il concetto di famiglia che nei Paesi anglosassoni ha meno connotati di coesione che nei Paesi mediterranei; i giovani si allontanano dal nucleo famigliare al raggiungimento della maggiore eta’ rompendo quel rapporto di dipendenza che invece continua negli anni all’interno del modello famigliare italiano. Quale modello dunque scegliera’ il nostro giovane?
Che fare quindi? Dobbiamo accettare lo stato di fatto che non parteciperanno alle nostre iniziative quali Italiani, ma che tra loro ci sara’ la stessa percentuale di giovani che nel mondo intero spendono il loro tempo libero a contribuire alla realizzazione di un mondo migliore con azioni caritatevoli e di volontariato?

Penso che ciascuno di noi che e’ impegnato in questa avventura non debba demordere e come meglio puo’, ma soprattutto con l’esempio, deve continuare a propagandare l’impegno e la dedizione necessari alla nostra particolare azione di volontariato.
Questo pero’ non basta. Provero’ quindi a dare alcuni suggerimenti che a mio avviso possono contribuire alla soluzione del problema.

- Iniziando dalle nostre strutture di rappresentativita’: dobbiamo aprirle, renderle piu’ intelligibili e fare sentire che tutti possono dire la loro e venire anche ascoltati; la partecipazione deve essere fattiva e il giovane deve avere la possibilita’ di essere un ricambio delle strutture dirigenti che sono sempre e saldamente in mano alle stesse persone. Difficile? Si, per tutti noi, ma se non ci riusciremo il nostro sforzo attuale sara’ vanificato e non avremo assolto completamente al nostro compito che e’ anche quello di tramandare alle generazioni future l’impegno per il bene comune a mantenere l’espressione della nostra identita’.

- Dobbiamo fare conoscere chi siamo, quello che facciamo e i risultati che otteniamo; dobbiamo anche analizzare i nostri fallimenti ed aprirci alle critiche.

- La stampa in emigrazione che oggi langue, anche e sopratutto per mancanza di fondi, deve essere potenziata ed aiutata, deve raggiungere piu’ gente possibile, deve essere critica e al tempo stesso educativa. Insomma deve essere una stampa che funziona ed informa, sopratutto se pensiamo a quanto sara’ necessario fare per propagandare e rendere di successo l’esercizio del voto che abbiamo appena ottenuto.
Soprattutto DEVE parlare ai Giovani, magari anche via Internet.

- Dobbiamo dibattere, tra l’altro, nelle nostri riunioni temi che interessano i giovani e analizzare per quanto possibile i loro particolari problemi come quelli della droga, della solitudine, della scuola e dell’inserimento al lavoro che diventa sempre piu’ difficile in un mondo globalizzato.

In sostanza: dobbiamo farli partecipare.

Vorrei chiudere rammentando anche i molti giovani che emigrano oggi e per i quali, a mio avviso, dobbiamo cercare di essere un punto di riferimento. Le loro richieste differiscono sostanzialmente da quelle del giovane di seconda generazione oltre ad essere variegate all’interno del giovane in movimento. Rappresentano diversi livelli culturali e diverse ricerche di realizzazioni. Vanno dal giovane laureato in cerca di specializzazione al giovane dirigente che si trasferisce per lavoro, dallo studente che va all’estero temporaneamente per imparare la lingua a chi, meno fortunato e senza qualifica, emigra ancora in cerca di un futuro. Questi ultimi sono la parte piu’ vulnerabile della nostra societa’ all’estero.

Dobbiamo coinvolgere anche loro

Come vedete, i temi che ho trattato, che chiaramente non sono esaustivi, sono comunque molti e diversi tra loro e forse non abbiamo nemmeno la competenza per risolverli tutti; ma dibattendoli, come mi auguro, possiamo incominciare ad impostare il problema e portarlo a conoscenza di chi puo’ decidere.

Alberto Bertali



Allegato H
Interventi testuali del Segretario Generale del CGIE Franco Narducci

6 giugno 2002 (mattina)

Sarei voluto intervenire verso la fine della giornata, dopo aver ascoltato tutti gli interventi, ma rispondero’ alla domanda che e’ stata posta sulla Ricerca sui Giovani che il CGIE sta portando avanti.
I tre Istituti di ricerca stanno ora costituendo un Comitato scientifico, dopo aver tenuto alcune riunioni tra di loro per stabilire come procedere nella ricerca e, soprattutto, quali compiti assumere. In considerazione del fatto che i Paesi sono sei, probabilmente ogni Ente ne prendera’ in considerazione due; vi e’ poi la ricerca bibliografica, che pure ha grande importanza. Si e’ registrato un certo ritardo rispetto alla tabella di marcia, per quanto concerne questo primo modulo. Ad ogni modo, nell’Assemblea di luglio dovrebbe essere fornita una prima informativa sul lavoro svolto.
I tre Istituti hanno ricevuto gli indirizzi dei membri del CGIE nel mondo, e ne ho inviato comunicazione a tutto il CGIE. In tal modo essi potranno entrare direttamente in contatto con i Consiglieri, i quali dovrebbero svolgere opera di supporto al fine di stabilire collegamenti con i COMITES. Nei sei Paesi oggetto della ricerca nella seconda meta’ di giugno saranno presenti i ricercatori, i quali stanno a loro volta reperendo, non so attraverso quali modalita’, anche ricercatori locali. Dovrebbero inoltre mettersi in contatto con Padre Tassello - in questo senso i tre Istituti avevano ricevuto una raccomandazione formale - in quanto egli e’ anche il rappresentante del Gruppo di lavoro. Il contatto non e’ ancora avvenuto ma certo si verifichera’ nei prossimi giorni, probabilmente insieme alla formalizzazione del Comitato scientifico.
Per quanto riguarda i seguiti, e’ stato ottenuto un finanziamento non CGIE per il secondo modulo, mentre per il terzo modulo gli stessi Istituti si stanno adoperando per trovare delle sponsorizzazioni. A meta’ della prossima settimana dovrebbe essere indirizzata a tutto il CGIE una sorta di relazione sullo stato dell’arte e con gli aggiornamenti sul piano operativo.

6 giugno 2002 (pomeriggio)

Dopo questa maratona sui giovani in cui si sono ascoltate le posizioni piu’ disparate, probabilmente il mio intervento arriva fuori tempo. Comunque l’obiettivo non e’ ripetere analisi gia’ fatte, ma vedere come proseguire e qual e’ la situazione sul piano operativo.
Non posso certo esimermi dal dire anch’io che l’introduzione di Graziano Tassello e l’esposizione delle linee generali e delle finalita’ che si vogliono raggiungere con questa Conferenza dei Giovani sono pienamente condivise. Del resto, mi sembra che Padre Tassello abbia dato un contributo gia’ nella stesura del documento sulla Conferenza - che in questa sede e’ stato un po’ sottaciuto - che era stato preparato da un Gruppo di Lavoro, ma in accordo e sulla base dell’ordine del giorno. Va anche detto che la Conferenza dei Giovani e’ il risultato della Prima Conferenza degli Italiani nel Mondo e personalmente assolutamente non condivido le negativita’ che sono state dette sulla Conferenza di Campobasso, mentre condivido quanto e’ stato detto a proposito dell’organizzazione sulla quale, anzi, ritengo ci vorrebbe una sottolineatura piu’ forte. Non so quanti di voi si siano presi la briga di visionare il video sulla Conferenza, che e’ stato realizzato a Campobasso; mi sono preoccupato di andarlo a ricercare su GRTV. In ogni caso, anche all’interno della Conferenza le cose dette dai giovani ebbero a caldo una valutazione che mi sembrava positiva, e soprattutto essi presentarono anche una versione molto critica nei nostri confronti. Pure quello, dunque, puo’ essere un punto di partenza. Quando Padre Tassello ha parlato di scimmiottare, ritengo abbia inteso fare un appunto soprattutto a questo universo degli adulti e non tanto ai giovani che vogliono scimmiottare.
Alcune considerazioni di carattere generale. Io credo che il CGIE non si possa considerare come l’universo di tutto perche’ ad occuparsi dei giovani c’e’ la titolarita’, la legittimita’ di tante altre organizzazioni della societa’ civile, di tante altre sigle, ma anche di tanti altri momenti di riflessione, e lo fanno egregiamente. Pero’ il CGIE ha il compito di convogliare le forze espresse dalla societa’ civile, perche’ il tema dei giovani divenga qualcosa di propulsivo, ed inoltre di rappresentare le situazioni anche e soprattutto sul piano istituzionale, nei confronti del Parlamento e del Governo. Condivido pertanto pienamente la metodologia di approccio, che risponde anche a molte delle cose che sono state dette e che hanno rafforzato il concetto.
Di temi quali la formazione professionale e l’accesso al mondo del lavoro, di problemi sociali, e’ evidente che i giovani italiani ne discutono nel Paese dove vivono; ne discutono con le istituzioni - basti pensare, per esempio, agli orientatori professionali in Svizzera, che sono istituzionalizzati, cosi’ come anche in Germania – ma ne discutono pure in altri momenti del loro vivere nel Paese in cui risiedono e lo fanno insieme ai coetanei belgi, francesi, svizzeri, tedeschi. Cio’ che io ritengo debba distinguere il ruolo del CGIE e’ assicurare una valorizzazione di questo mondo giovanile in senso di trasmissione di valori, che pero’ non possono essere i valori nostri, ma quelli che loro esprimono e che comunque non devono andare perduti. E se li esprimono, che trovino un progetto. Credo che questo debba essere uno degli obiettivi.
Questi giovani italiani nel mondo nella Prima Conferenza degli Italiani nel Mondo hanno espresso dei valori, e vorrei ricordare che subito dopo e’ stato aperto un sito proprio dai giovani, senza neanche darcene conto. Qualche volta l’ho visitato, ma essi corrispondono soprattutto in inglese e in spagnolo ed non conosco bene tali lingue. Non solo: sono anche nati dei gruppi spontanei a Mar de la Plata, ed un altro gruppo e’ nato in Canada, di giovani che dialogano tra loro non delle cose tradizionali ma sui temi evocati e poi concettualizzati nella Prima Conferenza degli Italiani nel Mondo.
Noi abbiamo detto che i giovani debbono essere i protagonisti di questa Conferenza, nel senso che devono essere i giovani a progettare un cammino ed a mettere insieme le diverse esperienze, perche’ la Conferenza e’ anche possibilita’ di mettere insieme – cosa altrimenti impossibile anche utilizzando Internet – esperienze, situazioni che sono maturate in ogni parte del mondo e che non sono l’eredita’ della vecchia emigrazione italiana, ma il nuovo che pero’ non riesce ancora a trovare un’espressione concreta, un sistema. In tal senso, probabilmente, il nostro futuro e’ nelle loro mani, non il nostro futuro di vecchi dell’emigrazione, ma il futuro di un sistema di valori che e’ comunque non quello nostro, ma ha bisogno di essere sistematizzato. E difatti il documento che, in consultazione anche con Padre Tassello, il Gruppo di Lavoro aveva preparato, partiva esattamente da queste considerazioni e faceva un progetto, un percorso anche organizzativo – perche’ se si vuole raggiungere questo obiettivo sicuramente ci vorra’ anche un’organizzazione - ma diceva a chiare lettere che la Conferenza deve essere nelle mani dei giovani, a partire dal percorso organizzativo, cioe’ luogo per luogo, secondo conferenze nazionali dove si ritrovavano e dove, soprattutto, bisognava discutere di quale percorso, quale catalogo di valori, quali contenuti, dove, come creare anche un momento organizzativo e come rapportarsi a questo vecchio mondo dell’emigrazione che ora e’ un po’ démodé.
Credo che da questo punto di vista Berlino sia stata una tappa fondamentale, ha avuto un’eco nella Prima Conferenza degli Italiani nel Mondo, tre mesi dopo la quale il Comitato di Presidenza e la Commissione Continentale dell’area anglofona hanno organizzato una riunione dedicata interamente ai giovani, ma non per discutere come abbiamo fatto oggi, come del resto si doveva fare, perche’ se non ci chiariamo le idee, se non decidiamo cio’ che vogliamo fare e quali obiettivi vogliamo raggiungere non e’ possibile alcun tipo di organizzazione. In quel caso i giovani sono stati i protagonisti, c’e’ stata una Commissione con i giovani. E’ pur vero che in quella circostanza vi sono state polemiche feroci che sono andate nella corrispondenza tra il CGIE, accuse e contro-accuse di lottizzazioni, tutte cose che dobbiamo sconfiggere. Noi abbiamo una Legge, quella del CGIE, e nel momento organizzativo non si e’ mai fatta una simulazione di cosa questo poi comporta, per cui i giovani avrebbero dovuto essere degli Esperti, ma non lo erano; essi erano semplicemente dei giovani che dovevano andare a Johannesburg perche’ quel sito che era stato creato era un’eredita’ della Prima Conferenza degli Italiani nel Mondo da parte di giovani che erano stati presenti, era localizzato in quell’area continentale, e gran parte di quei giovani si sono ritrovati li’, pero’ con le polemiche che poi sono sorte e dalle quali bisogna assolutamente fuggire.
Ribadisco che occorre assolutamente evitarle perche’ non si tratta dell’organizzazione di una conferenza politica. La differenza sostanziale sta nel fatto che nelle prime Conferenze degli italiani o dell’emigrazione c’era anche bisogno di questo mercanteggiamento, poiche’ si trattava di un organismo politico ed era un momento politico in cui si dibattevano questioni politiche e, soprattutto, si facevano le battaglie per i diritti; quindi la democrazia voleva che fossero rappresentati tutti, o il più largamente possibile tutti.
In quella stessa Commissione Continentale fu presentato nel Comitato di Presidenza da parte di Casagrande il progetto che tutti avete ricevuto. In seguito si e’ verificata una caduta per via del problema economico. Io ricordo a voi, colleghi e colleghe, che parallelamente si era fatta un’azione di public relation con Udine e con Napoli, e tenendo conto di quello che avrebbe potuto offrire Udine mettendo a disposizione l’organizzazione delle hostess, la sede ed inoltre alcuni trasferimenti da aeroporti alla citta’, era stata quantificata una spesa che andava dai 400 ai 500 milioni di lire, mentre per le Conferenze d’area in America Latina, in Europa, nell’area anglofona e Italia (che incideva minimante perche’ rappresentava un momento organizzativo) occorrevano 1.800 milioni di vecchie lire e probabilmente anche di piu’, a seconda della dimensione che avrebbe assunto la Conferenza. Si era a marzo 2001; poi ci sono state le elezioni e tutto si e’ fermato.
Adesso e’ necessario riprendere in mano la questione in termini costruttivi per dare ai giovani questa possibilita’, per creare le condizioni per la realizzazione della Conferenza attraverso un percorso democratico su scala planetaria, che ha bisogno di momenti di incontro perche’ non si va a parlare di concerti - anche se i concerti nel progetto hanno un ruolo - ma dei problemi continentali, dei giovani che dall’Argentina imboccano di nuovo la via dell’emigrazione, dei quadri medi, ossia i giovani di origine italiana che vanno in Europa. Proprio recentemente il Ministro Tremaglia ha affermato che questa non deve essere un’emigrazione di ritorno, cosa che condivido pienamente e che del resto e’ stata sostenuta da tanti, bensi’ la gestione di un’emergenza, perche’ altrimenti significa realmente imboccare di nuovo la via dell’emigrazione. In questo senso condivido la preoccupazione espressa da Lombardi.
Gli obiettivi che si deve dare la Conferenza dobbiamo elencarli con cura in questi termini, tenendo conto che durante la Conferenza, per esempio in Nord America, i giovani hanno espresso degli interessi verso l’Italia, soprattutto di natura culturale intesa come non solo di tipo accademico, ma come necessita’ di relazioni, di contatti di tipo culturale con le universita’ italiane. Uno degli obiettivi della Conferenza, tenendo conto di quanto e’ stato detto nei mesi scorsi in tutti i Tavoli Tematici, deve essere quello di ricollegare le esperienze delle Regioni, che hanno una valenza anche di tipo economico, di andata e ritorno, di intrecci di affari nel senso di presenza nel mondo imprenditoriale qualificato. Io credo che su questo si possa agire.
Oggi si e’ ascoltata una lunghissima serie di riflessioni tutte validissime; ogni intervento ha rappresentato un pezzo di realta’, qualcosa a cui l’altro non aveva pensato, e quindi c’e’ una rappresentazione vastissima del problema. Fino a stamattina credo che nessuno di noi fosse a conoscenza dei problemi che vive in Norvegia l’esigua comunita’, che comunque annovera 2.800 tra discendenti e iscritti all’anagrafe e che si confronta con una serie di problematiche che sono state egregiamente illustrate.
Come procedere? Per reperire il finanziamento della Conferenza, che e’ urgente avviare, di che cosa c’e’ bisogno? Forse il Ministro Marsili potra’ indicare se occorre una legge o un intervento condiviso da tutte le forze politiche nell’ambito della legge finanziaria affinche’, alla stregua della Conferenza Permanente Stato-Regioni-Provice Autonome-CGIE, si possano attribuire al capitolo del CGIE le risorse necessarie per l’organizzazione di questa Conferenza.
Nelle ultime riflessioni fatte – poiche’ anche a Sidney e’ stato affrontato il tema della Conferenza dei giovani da parte degli australiani - si e’ idealmente pensato che settembre del 2003 potrebbe essere il periodo opportuno per la Conferenza. Occorre ora attivare tutti i canali possibili per capire come finanziarla, tenendo conto che la spesa che si era un tempo prevista oggi sara’ superiore.
A proposito di quanto e’ stato detto, ad esempio su come individuare i giovani, sono emerse idee originali, pero’ io credo sia importante il percorso a livello nazionale per arrivare poi ad esprimere un progetto che, su questa scala cosi’ grande, si compone di tanti pezzi, di tante realta’, di tante storie e, soprattutto, di tante situazioni.
A proposito della ricerca, sicuramente a Carla Zuppetti mancano alcuni elementi perche’ tra le due versioni c’e’ stata una serie di osservazioni da parte del Gruppo di Padre Tassello, con una nuova taratura su tutta una serie di elementi: interviste ai testimoni privilegiati, ricerca bibliografica, fascia di eta’.
Io perseverero’ nel mio impegno secondo quello che tutti avete detto che bisogna fare. Ritengo che la Conferenza dei Giovani si possa ancora realizzare nel 2003, ma dovra’ sciogliersi con una certa rapidita’ il punto interrogativo di come finanziarla, anzitutto cercando di capire qual e’ il canale. Da parte di tutti e’ stato detto che la Conferenza va fatta; anche Conte non credo abbia inteso che non si deve fare nel 2003, ma ha posto piuttosto un problema di energie e si domanda se vi sono energie umane sufficienti per fare parallelamente Conferenza, elezioni dei Comites e del CGIE.

7 giugno 2002 (mattina)

Credo si debba ancora una volta sottolineare l’ampia intesa che si e’ stabilita tra il CGIE e la Direzione Generale degli Italiani all’Estero, che rispetto a una prassi passata non serve solo a mettere in fila i problemi ma anche a cercare le soluzioni opportune. Di cio’ si deve dare atto al Direttore Generale e questo e’ un dato confermato anche dalla Sua Relazione, che entra nel merito di tutte le questioni discusse e portate avanti soprattutto dal Consiglio Generale degli Italiani all’Estero. Credo che questo modo di lavorare si debba instaurare – e mi pare che i primi segnali ci siano – anche con la Direzione del Personale, perche’ spesso le nostre rivendicazioni, o le denunce delle nostre comunita’ italiane all’estero di cui noi ci facciamo latori, trovano un’eco molto vasta e comprensione in una Direzione Generale, mentre poi sappiamo che, come si dice, “l’asino casca sul problema”. Deve quindi esservi una interlocuzione con la Direzione Generale del Personale ed io ringrazio Gianni Farina che nella preparazione di questa Commissione Continentale ha ben operato chiedendo che fosse presente il Ministro Aldo Mantovani.
La rete consolare sappiamo tutti che e’ il nervo scoperto di tutte le questioni che riguardano gli italiani all’estero. E visto che siamo in clima di campionato mondiale, io credo si debba ribadire la formula di giocare piu’ all’attacco e meno in difesa. Comunque noi ci siamo battuti, abbiamo detto che c’e’ un problema di risorse, abbiamo fornito soluzioni, abbiamo espresso critiche, abbiamo dato indicazioni, abbiamo minacciato le dimissioni e qualche volta siamo stati ascoltati. In fin dei conti, non credo che la rete diplomatico-consolare soffra un complesso se il Consiglio Generale degli Italiani all’Estero si occupa di questi problemi, ed anzi ritengo che sia un’azione di supporto quella che noi facciamo quando denunciamo che le risorse sono poche, quando denunciamo le destrutturazioni e che gli organici stanno solo sulla carta mentre gli effettivi non vi corrispondono. Questo che potremo chiamare trio d’attacco: Direzione Generale degli Italiani all’Estero e del Personale, il CGIE e i COMITES (perche’ sono loro che fanno le denunce), credo che debba continuare, anche nel senso di rivendicare continuamente che i Consoli si facciano essi stessi portatori delle situazioni denunciate dagli italiani all’estero.
In questo quadriennio, ed e’ un merito di tutto il CGIE ma anche dei Comites, credo che si sia instaurata una comprensione reciproca e un clima favorevole – salvo le eccezioni e salvo i problemi che comunque ci sono e rimangono – per promuovere prima di tutto una cooperazione piu’ forte, puntando moltissimo sulla figura del Console, perche’ questa e’ fondamentale. I Consoli devono denunciare dove ci sono i soprusi in termini di diritto locale, di diritto del lavoro, nei confronti delle Autorita’ e soprattutto della politica italiana. Credo che la rappresentanza, che e’ il mandato forte della rete diplomatico-consolare, e la difesa degli interessi nazionali debbano sempre piu’ tenere conto di questa grande risorsa, che negli ultimi decenni abbiamo in ogni modo cercato di far capire, costituita dagli italiani all’estero.
Certo, tra le cose che abbiamo sentito in positivo, che sono sicuramente vere e vanno in questa direzione, ed i tempi di attuazione ci corre parecchio, per cui sono stato estremamente felice per la relazione del Consigliere Romano e l’analisi del problema dei telefoni, veramente vergognoso. Non e’ accettabile che un cittadino telefoni – e questo credo che ognuno di noi l’abbia sperimentato, proprio per vedere se così stanno le cose – e per 10-15 minuti debba restare ad ascoltare una musichetta. L’Italia e’ la 5^ o la 6^ potenza al mondo, non e’ accettabile che offra di se’ questa immagine prima di tutto agli Italiani che stanno all’estero, al di la’ del servizio o del disservizio. Quindi bisogna assolutamente risolvere il problema.
Per quanto riguarda l’ottenimento dei visti – considerato che la prassi concordata sembra funzionare rispetto a quando a Basilea si portavano le sedie e si attendeva tutta la notte l’apertura del Consolato l’indomani mattina per avere l’appuntamento - stabiliamo una linea telefonica solo per i visti e lo si comunichi alle Autorita’ consolari dei Paesi interessati e alle loro organizzazioni, evitando di appesantire il centralino del Consolato. Quanto alla cittadina italiana sposata ad esempio con un cittadino turco, essa dovrebbe chiaramente avere una corsia preferenziale per ottenere il visto, invece spesso gli impiegati del Consolato la trattano alla stregua di un richiedente-visto qualunque, e questo non e’ accettabile dal momento che si tratta di un matrimonio misto e di una cittadina italiana che vuole andare in vacanza con il marito in Turchia. Questi piccoli problemi bisogna assolutamente metterli non solo in fila, ma cercare una soluzione che può essere tante volte dettata anche dal buonsenso. Mi rallegro pertanto per il fatto che come Ambasciate si stia studiando la questione e si ricerchino soluzioni.
Ma bisogna soprattutto - e l’abbiamo detto ufficialmente al Ministro Tremaglia nell’ultima Assemblea, come pure quando l’abbiamo incontrato come Comitato di Presidenza - che il malcontento dei dipendenti della rete consolare, che e’ giustificato e legittimo perche’ sono pochi ed hanno una forte pressione addosso (ed ognuno di noi che lavora sa che in presenza di forti pressioni scattano le molle del malcontento e dell’insoddisfazione), non si traduca in maleducazione. Noi riceviamo, e lo dico con dolore, troppe denunce di persone che vengono trattate male; non vogliamo credere al 100 per cento di esse, ma un 50 per cento di verita’ ci sara’. E’ un problema di incomprensione, di mancanza di pazienza, ma e’ soprattutto un problema di organici. Le 367 unita’ che saranno assunte sono a tempo determinato, quindi il problema dei contrattisti a tempo indeterminato esiste comunque e come Consiglio Generale degli Italiani all’Estero noi dobbiamo denunciare con forza questa situazione, fare azione di pressione politica affinche’ si trovino le risorse necessarie perche’, fatto salvo quanto dice Schengen e il completamento che ha spiegato il Ministro Mantovani, si arrivi a quel numero di 500 mancante per completare gli organici in tutto il mondo.
Quanto a Internet, io vorrei che si vigilasse perche’ in molti Consolati degli impiegati addetti stanno auto-producendo programmi di gestione di banche dati; come cittadino voglio sapere se questi appartengono allo Stato, o se si deve sottostare al ricatto di persone che vogliono che lo Stato paghi quello che loro hanno fatto durante il tempo di lavoro per il quale sono stati assunti e sono retribuiti. Cose del genere gia’ si cominciano a sentire.
Il Ministro Marsili ha fatto una sottolineatura forte per quanto riguarda i Comites, che condivido appieno; gli sono anzi grato per quanto ha detto a proposito dei Consoli e dell’atteggiamento di promozione e valorizzazione che devono avere nei confronti dei Presidenti dei COMITES. Ministro, e’ incomprensibile – e lo dico non come CGIE – che alla celebrazione della Festa della Repubblica, che ha un significato, che e’ un valore altissimo per noi, il Console non si faccia affiancare non dal Consigliere del CGIE ma dal Presidente del COMITES, che credo meriti questo premio per il lavoro che fa, sappiamo tutti in quali condizioni e a che titolo. Credo sia fondamentale che un rappresentante della comunita’ in occasione della festa del 2 giugno affianchi il Console, e non deve essere il Consigliere del CGIE, visto che le celebrazioni vengono fatte circoscrizione per circoscrizione. Si tratta forse ancora di piccole sacche di mancata attenzione, di resistenza, o forse anche di comportamenti in buona fede di chi non si ferma a pensare, ma significherebbe dare un segnale alla comunita’ e motivarla di piu’ verso una partecipazione maggiore.
Nessuno di noi vuole certo insegnare il mestiere, pero’ credo che il modello degli sportelli polifunzionali debba diventare un patrimonio generalizzato. Quando si va in un ufficio, deve essere prassi che uno sportello abbia le competenze per risolvere ogni quesito che viene posto, anche perche’ i quesiti sono ben conosciuti. Quindi, gli sportelli polifunzionali debbono diventare un patrimonio di tutta la rete consolare; ma probabilmente il Ministro Marsili mi dira’ che sono gia’ su questa strada.
Sulla cittadinanza l’Australia ha fatto un’apertura ed ora ci sono le attese per riaprire anche lì i termini. Cio’ che voglio dire credo sia condiviso anche dal Ministero degli Affari Esteri: vanno rispettate le legittime attese di tutti i cittadini che in base ad una legge sperano nella cittadinanza, pero’ questo sistema non si puo’ perpetuare in eterno. In una trascorsa Commissione Continentale si era suggerito che per il cittadino che per discendenza ha diritto alla cittadinanza iure sanguinis si stabilisse una regola, ad esempio che - a compimento della maggiore età - abbia 2-3 anni di tempo per optare. In tal modo si darebbe anche un aiuto all’anagrafe e si saprebbe quanti sono. Io non dico che si debba mettere una banda stretta di sei mesi - magari questo risolverebbe il problema – ma che si concedano due anni, pero’ la gente deve sapere, e si fara’ il possibile per informarla, altrimenti il problema lo trascineremo in eterno. Lei, Ministro, sa che io mi sono impegnato moltissimo – era mio dovere come Segretario Generale – per avere la presenza di una persona del Ministero degli Interni; ci siamo riusciti e ne abbiamo sostenuto l’onere economico come Consiglio Generale degli Italiani all’Estero. Si tratta di una persona competentissima, che tra l’altro ha trascorso tutta la domenica con i trentini in Brasile a spiegare le questioni dal Regno d’Italia in giù. Pero’ io credo che governare significhi anche vedere le situazioni nella loro giusta dimensione e non spostare il problema in eterno. Se tutti dichiarano che vorranno anche la cittadinanza italiana, ebbene, sapremo chi sono, li avremo quantificati e registrati.
Io credo che, come Consiglio Generale degli Italiani all’Estero, noi dobbiamo anche incominciare a pensare alla nuova dimensione che sta assumendo la politica del Ministero degli Esteri, alla nuova visione che si sta delineando in Italia. Non intendo certo entrare nel campo delle scelte politiche, ma se l’obiettivo e’ uscire dal retaggio delle aree di competenza, quelle che gelosamente sono state custodite per anni, per cui c’era l’Ambasciata, il Console Generale, il Vice-Consolato, l’Agenzia, e così via, in un circuito ma con le loro tradizioni. Se i Consolati devono diventare sempre piu’ una sorta di coordinatori o di amministratori sistemici dei nodi strategici della rete di presenze degli italiani nel mondo, vale a dire ICE, Camere di Commercio, Istituti di Cultura – nell’ottica dell’investire per avere un certo ritorno, su cui nell’epoca della globalizzazione una riflessione va fatta - come Consiglio Generale degli italiani all’Estero noi dobbiamo dire che questa visione deve essere coniugata con quella del servizio ai cittadini, nel senso che non si puo’ riorganizzare, fare la riforma del MAE avendo questi obiettivi e dimenticare – lo dico in maniera preventiva, perche’ prevenire e’ meglio che curare – che questa grande comunita’ italiana, che alla luce delle cose dette dal Ministro questa mattina è anche destinata ad aumentare numericamente, ha bisogno di servizi. So che con il Ministro Marsili sfondiamo una porta aperta, perche’ il paragone da Lui portato rispetto a Verona e’ stato citato ovunque ed e’ calzante.
Concludo dicendo che quando segnaliamo i singoli casi, come abbiamo fatto per il Consolato Generale di Caracas, per Citta’ del Messico - dove il Ministro Marsili ha rappresentato un problema e noi sosteniamo la sua battaglia – occorrerebbe che vi fosse una reattivita’ maggiore. Casi, come ad esempio quello del Peru’, da cui ci giungono numerosissime lettere, dovrebbero essere forse trattati come una sorta di emergenza, agendo con piu’ fretta. In tal senso io appoggio anche quanto ha detto Milesi per la Spagna, e lo faccio istituzionalmente perche’ anche dai COMITES sono arrivate delle lettere. Vi e’ una segnalazione pure per quanto riguarda Tenerife, dopo le dimissioni del Vice-Console. Occorrerebbe un intervento per far fronte a queste emergenze.

Franco Narducci



(continua)



 
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