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08 mar 2005L'italicità ringrazia Padre Tobia

(Italia Estera) -

TORINO - Il Presidente di MediaPress S.r.l., Maria Margherita Peracchino, ha inviato una lettera di risposta a Tobia Bassanelli, Direttore del periodico italiano in Germania "Webgiornale", testata sulla quale lo scorso 4 marzo sono apparsi due articoli che hanno avviato il dibattitto sul convegno "I media italici in Europa come veicolo di integrazione culturale" organizzato da MediaPress a Friburgo i prossimi 18 e 19 marzo.
Di seguito riportiamo per intero il testo della lettera. 
Caro Padre Direttore Tobia Bassanelli, sul numero del 4 marzo scorso del periodico italiano in Germania "Webgiornale" da Te guidato, sono apparsi due interventi, uno a firma red., de.it.press, che per tanto non è dato sapere chi l'abbia scritto (!), dal titolo "Convegno di Friburgo. Editori e giornalisti "italici" a scuola di business. Italiani e tedeschi: restare a casa?", e l'altro a firma di Vito d'Adamo, collaboratore di de.it.press e Direttore del periodico italiano di Stoccarda "Nuova Linea", dal titolo "Italici (e dintorni). Una "confusione" promossa da Globus et Locus e MediaPress".
Si tratta di due interventi che hanno innescato il dibattito sul convegno "I media italici in Europa come veicolo di integrazione culturale" organizzato da MediaPress S.r.l., in programma a Friburgo il 18 e 19 marzo.
Prima di tutto voglio ringraziarTi di cuore per aver voluto dedicare all'iniziativa, realizzata dalla società che guido, tanto spazio e tanta attenzione, e poi per aver avviato un dibattito che spero cresca nei prossimi giorni e che a Friburgo si compia.
Ti devo, caro Padre, un grazie doppio, me ne rendo conto mentre sto iniziando a scriverTi, e, da vecchia ex catechista, esulto che davvero le vie del Signore sono infinite: infatti i Tuoi due interventi sono stati ripresi niente meno che da una autorevole testata che fino allo scorso 4 marzo aveva completamente ignorato l'evento, sto parlando dell'AISE, la quale, senza pubblicare l'annuncio dell'evento (il fatto, insomma) lo scorso 4 marzo ha pubblicato gli interventi della tua testata (il dibattito sul fatto).
Con questo spirito di gratitudine mi corre l'obbligo di fare alcune precisazioni  -scusa la pignoleria, ma capirai, se mi leggerai, che sono importanti.

Sulla tua testata si scrive: "Se qualcuno fosse interessato a comprendere cos'è e verso quale direzione si muove l'informazione per gli italiani all'estero, non vada a Friburgo in occasione del convegno che si terrà il 18 e 19 marzo prossimi". Leggendo il seguito degli interventi si raccoglie lo spirito dell'invito, e Ti dico, francamente, caro Padre, mi stupisco, dialogo e confronto mi pareva di ricordare che appartenessero alla tradizione cattolica del dopo Concilio Vaticano II! Come si può invitare a chiudersi anziché aprirsi al confronto, al dibattito, anche serrato?  Mi sono stupida di questa fragilità intellettuale e di tanto oscurantismo. Comunque una verità c'è: a Friburgo sarà protagonista tutta l'informazione italica non solo quella per gli italiani all'estero, per tanto se ci si aspetta solo quella, sì, si stia a casa.
Leggo "Qui, in uno zapping rapidissimo degno di un telecomando impazzito tra attori dalle provenienze più disparate, il cui tempo di parola varia tra i 9 e i 15 minuti, si tenteranno di coniugare e far collimare le ragioni dell'informazione con quelle del business (vedi articolo della NIP del 28 febbraio, sul Webgiornale del 2 marzo, ndr)". Dopo 15 minuti  -e un comunicatore come Te lo dovrebbe sapere-   il pubblico inizia a dormire, vorremmo evitare di dover distribuire forti dosi di caffè ristretto. In quanto alle provenienze disparate, è corretto, il nostro obiettivo è quello di far incontrare la realtà dei media per gli italiani e per gli italici in Europa con tecnici che possano guardare con occhi di esterno questa realtà, questo perché non è nostra intenzione fare un convegno dove ci si parla (e piange) addosso, bensì dove si propongono delle ipotesi di riflessione per guardare il futuro. "far collimare le ragioni dell'informazione con quelle del business"? L'espressione non è perfettamente corretta, ma, capisco, è figlia della deviazione mentale propria dell'editoria italiana all'estero, la deviazione che porta a ritenere che un media al servizio degli italiani all'estero debba vivere non di mercato bensì di sovvenzioni statali per il suo supposto ruolo sociale che svolge. Purtroppo si, caro Padre, anche l'editoria italiana all'estero o riesce a trovare il modo di stare sul mercato oppure è destinata a scomparire. Questa naturalmente è l'ipotesi di MediaPress, basta venire a Friburgo e contestarla, con fatti però, non con "gratuiti attacchi".
Sempre sul primo articolo citato, leggo: "Qui, si tenterà di far passare come successo personale di una agenzia stampa, il fatto che il finanziamento per realizzare l'evento sia arrivato da aziende tedesche, trascurando il ruolo fondamentale giocato da altri attori istituzionali, per far brillare di luce propria solo il privato. Qui -e siamo ancora nel campo del business- si tenterà di far passare come "rivoluzionario" e inedito l'interesse che le aziende tedesche mostrano per i prodotti italiani, mentre si tratta, almeno per la Germania, di una tradizione collaudata da tempo, non a caso la Germania è il primo partner commerciale del nostro Paese (e bisognava semmai giocare davvero male le proprie carte per non riuscire a convincere delle aziende tedesche che un raduno di giornalisti italiani avrebbe costituito un terreno interessante per il loro marketing)". Prega il giornalista che ha scritto questo pezzo di volersi chiarire un pò le idee, per favore. Nessuna agenzia stampa ha lavorato a questo convegno, a questo evento ha lavorato la divisione Molte Italie nel Mondo di MediaPress S.r.l. Che MediaPress sia anche editrice e proprietaria dell'agenzia stampa News ITALIA PRESS è un altro paio di maniche. Vedi, se il nostro mondo fosse capace di ragionare in ottica aziendale certe stupidaggini non le direbbe. Che sia un successo di MediaPress l'aver coinvolto attori di primo piano dello scenario economico internazionale su questa iniziativa credo possa essere detto, ma lascio agli altri il giudizio, purchè sia onesto. Non è "rivoluzionario" e "inedito l'interesse che le aziende tedesche mostrano per i prodotti italiani ", non è questo che è stato messo in rilievo, evidentemente il Tuo giornalista o non riesce a raccogliere o travisa strumentalmente (e che la Germania sia il primo partner commerciale dell'Italia il Tuo giornalista lo fa piovere come una notizia, forse ignora che anche i bambini questo lo sanno), piuttosto è stato detto che è la prima volta che il sistema finanziario e industriale europeo dimostra di aver acquisito la consapevolezza del mercato italico e decide di investire su di un evento che vede protagonisti gli italici. Credo che questo sia un fatto incontrovertibile, ma sono pronta a chiedere scusa se mi dimostri il contrario. Sai, piuttosto, cosa sarebbe stato "rivoluzionario" e "inedito"? Che uno dei grandi imprenditori italiani all'estero, magari di quelli che sono a capo di un mucchio di Associazioni e siedono negli organi di rappresentanza degli italiani all'estero, avesse deciso di sponsorizzare questo evento. Aggiungo che no, non "bisognava semmai giocare davvero male le proprie carte per non riuscire a convincere delle aziende tedesche", bastava proporre il solito parlarsi addosso e parlare di soli italiani all'estero (mercato di 4 milioni) anziché di italici (mercato di 350 milioni). E comunque, se è stata operazione così facile, perché non è stata fatta da altri e prima? In quanto al ruolo delle istituzioni: il Comune di Friburgo, il Consolato italiano a Friburgo, l'Istituto Italiano di Cultura di Stoccarda, la Regione Liguria, hanno sostenuto con molto entusiasmo l'iniziativa, questo è stato più volte ribadito, e per tanto è scorretto o non informato il tuo giornalista che afferma che è trascurato il ruolo fondamentale giocato dagli attori istituzionali. Il ruolo fondamentale dal punto di vista economico è stato giocato dai due sponsors, DaimlerChrysler Italia e BFA Global Advisors.
Continuo e leggo: "Chi è preoccupato di come si possano maggiormente includere le nostre collettività all'estero nel circuito dell'informazione italiana, non vada al convegno di Friburgo, perché di questo non si diranno che le vecchie cose che già sono state dette altrove, ma mancherà qualsiasi contraddittorio con i corrispondenti italiani all'estero che non sono stati invitati tra i relatori. Qui, in un convegno che si è voluto organizzare frettolosamente per superare sul tempo la FUSIE e forse, perchè no, fare un pò di campagna politica, il contraddittorio sarà opportunamente censurato omni sensu (basti pensare che i relatori hanno dovuto tutti sottoporre anticipatamente alla societa´ organizzatrice il testo del loro discorso) e si potrebbe assistere impotenti al triste spettacolo di membri del CGIE che non oseranno alzare la voce contro l´adozione di termini impropri, quale è italico, per definire i connazionali che loro dovrebbero rappresentare –il condizionale è d´obbligo- e di cui dovrebbero, secondo mandato, difendere i diritti". Qui, caro Padre, molte sono le cose da dire al Tuo giornalista. L'invito reiterato a non venire a Friburgo è solo il segno che chi scrive è decisamente fragile nella certezza del suo pensiero, figlio del peggiore oscurantismo, e gravemente preoccupato che a Friburgo si possa dimostrare esattamente il contrario delle sue deboli certezze. In quanto alla fretta per battere sul tempo la FUSIE, mi fa tanto ridere il collega. A Friburgo (da luglio si sta lavorando per Friburgo) sarà protagonista l'audience italica, nel convegno della FUSIE saranno protagoniste le testate iscritte alla FUSIE. Il Tuo giornalista evidentemente sostiene una tesi che è stata ispirata da certi ambienti romani che non brillano in capacità di comprensione, o almeno che se capiscono fanno finta di non capire per intorpidire le acque e costruire infondate risposte, non avendo possibilità, se non l'invenzione, per rispondere alle critiche che vengono loro sollevate, gente che confonde la pubblicità commerciale con le convenzioni di servizio quando si tratta di screditare le tesi avanzate da altri (nello specifico la sottoscritta). E' grave scrivere che "il contraddittorio sarà opportunamente censurato omni sensu (basti pensare che i relatori hanno dovuto tutti sottoporre anticipatamente alla societa´ organizzatrice il testo del loro discorso)", che "si potrebbe assistere impotenti al triste spettacolo di membri del CGIE che non oseranno alzare la voce contro l'adozione di termini impropri" e che si sarebbe organizzato questo convegno per fare "un pò di campagna politica". Caro Padre, buono sarebbe stato che chi ha osato fare queste accuse avesse avuto il fegato di firmarle, in assenza di firma devo considerarle provenire da una mente non solo piccola ma anche vigliacca. Oggi stesso darò mandato ai miei legali di verificare se vi siano gli estremi per procedere. Prima di tutto, fa ridere pensare ai membri CGIE che non osano alzare la mano contro qual si voglia cosa.... (c'è chi, tra gli ispiratori di questo dibattito, la alza -la mano-, a dire di qualcuno, pure troppo, se è solo per questo). Aggiungo che il Tuo giornalista in un colpo solo è riuscito a offendere i membri CGIE e il popolo che essi rappresentano, visto che chi non osa è un vigliacco , e non è bello essere bollati come vigliacchi nè, tanto meno, essere rappresentati da vigliacchi. Forse non conosce i membri CGIE il Tuo giornalista, per tanto, perdoniamolo.
Quello che non posso accettare è l'accusa di fare censura e campagna politica. In quanto alla censura -Ti parlo da Direttore di testata ma mi comporto nella stessa maniera da Presidente della MediaPress-, mia nonna avrebbe detto "chi ha il difetto ha il sospetto", io Ti dico, molto più schiettamente, che a qualche ispiratore di questo dibattito la censura (la chiamano cernita, valutazione delle notizie da dare e quelle da non dare) qualche mese fa avrebbe fatto maledettamente comodo se l'avessi fatta, nella mia qualità di Direttore di testata (tanto che alcuni colleghi sono stati sottoposti a censura da parte del loro editore e altri colleghi, Direttori, la censura in quella occasione l'hanno fatta e come, hanno scelto di non pubblicare la notizia, salvo poi pubblicare la reazione alla notizia da parte dell'interessato, naturalmente senza ricostruire la notizia), altresì tra coloro che si sono fatti grancassa di questo dibattito ci sono quelli che invece di dare la notizia si limitano a dare le prese di posizioni contro l'oggetto della notizia, specialmente quando la notizia  li coinvolge in prima persona -bizzarro giornalismo di chi si ritiene un professionista navigato. Ecco, io la censura non la faccio, MAI! Caro Padre, spiega al Tuo giornalista, che si vede è uno che non ha esperienza di convegni, che le relazioni sono state acquisite prima per poterle rendere disponibili on line sul portale in tempo reale di mano in mano che a Friburgo saranno presentate. Altresì bisogna spiegargli che i convegni fatti bene richiedono preparazione e coordinamento. La censura è rispedita al mittente. In quanto alla campagna politica, è una di quelle accuse che sorgono da una mente compromessa, ispirata da coloro che avrebbero voluto fare di questo convegno una delle tante occasioni per mettersi in mostra e fare battaglia partitica e che invece si sono visti respinti. Personalmente l'indipendenza l'ho sempre pagata cara, continuerò a pagare ma restare pulita, e se qualcuno può dimostrare il contrario si faccia avanti. Non ho di questi timori, sono stata definita fascista, comunista, e tra l'uno e l'altro estremo mi sono fatta tutto l'arco costituzionale. Avanti, dunque.
Continuo la lettura sui due articoli e entro nel vivo della contestazione del termine italico. Leggo: "termine "italico", coniato in tutte le sue declinazioni, da prodotti italici, a comunicatori italici, a community italica. Vada senz'altro, dunque, chi ha la curiosità di comprendere cosa e chi sono i "comunicatori italici", vada a Friburgo, anche se non è stato invitato, e ponga la domanda direttamente a loro, ai giornalisti che interverranno e a quelli che parteciperanno, per vedere se ci sarà qualcuno che si definisce in tal modo e scoprire, una buona volta, se esiste la specie "giornalisti italici" oppure si tratta solo di una delle tante teorie a tavolino, di un'abile scorciatoia per attirare l'attenzione da parte di chi l'attenzione la deve attirare a tutti i costi per ragioni, appunto, di business. E se si dovesse infine scoprire che... ebbene sì ... la specie esiste, beh, a quel punto allora, forse sarà il caso di comunicare al Ministro Tremaglia e al Presidente Ciampi che sbagliano a parlare di italiani e di italianità nel mondo, e che bisogna parlare invece di italici, istituendo uno specifico "Ministero degli Italici nel mondo" così come un premio al Vittoriano per "gli italici nel mondo". Forse alcune antiche associazioni con un certo passato, quello per intenderci del "foro italico", verranno in mente, ma saranno certamente solo i più anziani a farle perché si sa che i giovani la storia non la conoscono " Mi stupisco di come da cattolici si possa avere PAURA DELLE PAROLE. Il termine italico ricorda il periodo fascista? E' questo che voleva dire il Tuo giornalista? OK!!!! E allora? Vi devo ricordare che abbiamo un Ministro della Repubblica, l'evocato Tremaglia, che è stato un repubblichino di Salò? Se il Tuo giornalista ha paura di dire italico dovrebbe aver paura anche di dire Tremaglia...il che per un giornalista di emigrazione non deve essere il massimo della vita. E che si guardi bene dal fare un giro turistico a Roma, perché dopo 1 ora potrebbe trovarsi al pronto soccorso, magari in zona Eur! Poveretto, deve essere terribile vivere con queste fobie! Bando agli scherzi. Per italici si vogliono intendere italiani all'estero, italo-esteri (oriundi), italofoni, italofili, cioè tutta la vasta comunità Italy oriented. Caro Padre, ma dove sta il problema? Cosa c'è di sbagliato nell'identificare una community e definirla utilizzando un termine piuttosto che un altro? Soprattutto: perché tanto impegno a tentare di ridicolizzare per demolire questa proposta? Si può non condividere, basta dibatterla, ma non capisco perché tanto lavoro per combatterla. Cosa temete?
Lasci stare Tremaglia e Ciampi il Tuo giornalista corto di comprendonio Ministri e Presidenti d'Italia si occupano dell'italianità, e loro lo stanno facendo stupendamente bene. Ma l'italianità è una parte del tutto rappresentato dall'italicità, la quale non ha passaporti, nè Ministri, nè Presidenti.
Vito d'Adamo, dopo una lunga e attenta analisi del termine, scrive "Ho sentito, pertanto, il dovere, per sgravio di coscienza ed a scanso di equivoci, di prendere posizione, riguardo all'erroneo uso, che s'inizia a fare della parola "Italici", prima che tale appellativo entri a far parte del linguaggio, designante gli oriundi Italiani e gli attuali connazionali di residenza estera", parlando di una "confusione promossa da Globus et Locus e MediaPress ". Io, caro d'Adamo, starei un pò più attenta a mettere di mezzo impunemente la coscienza .... hai mai visto che si volesse rifare! Di che Ti devi sgravare? Sereno, il buon Dio accuserà Piero Bassetti e la sottoscritta di aver introdotto il termine italico, non capisco perché dovrebbe prendersela con Te. Io a Bassetti siamo pronti a spiegare tutto a San Pietro, in prima istanza, e poi direttamente al buon Dio.
Caro Padre, quello che né d'Adamo né il tuo giornalista anonimo spiegano è perché il veto sul termini italici, perché tanto lavoro per demolirlo.
Comunque torno a ringraziare, sia Te, sia il dotto d'Adamo, sia l'anonimo giornalista, se mai avessi avuto dubbi che siamo sulla buona strada i vostri accaniti interventi hanno avuto un effetto decisamente sciogliente (scusa, d'Adamo, si dice sciogliente? Credo di no, ma che ci vuoi fare, in questo mondo dove chi fa la censura si fa gran cassa di chi accusa quell'altro di fare censura, in questo mondo dove le agenzie non danno la notizia ma solo la reazione alla notizia, in questo modo dove Tu senti di doverti sgravare la coscienza di un italico carico altrui, .... beh in questo mondo a gambe all'aria anche sciogliente credo ci possa stare).
E per tornare alla censura, ora mi divertirò a vedere chi deciderà di pubblicare questa "reazione" alla notizia. Avanti i censori e Arrivederci a Friburgo!

 

 




 
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