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01 mar 2005MADE IN ITALY: Dobbiamo preoccuparci ? ++di Franco Santellocco++

(Italia Estera) - ALGERI - Il 26 Febbraio si è tenuta a Roma la Conferenza dell’Istituto per il Commercio Estero: occasione di incontro tra gli imprenditori italiani presenti nel mondo e le Istituzioni, per cercare di fare, insieme, il punto della situazione. Inutile ribadire che la situazione che si prospetta non è delle più rosee: l’Italia continua a perdere competitività, negli ultimi dieci anni siamo rimasti il Paese europeo con il più basso tasso di crescita, e come se non bastasse l’invasione asiatica preoccupa a ragione la nostra classe imprenditoriale. L’analisi del Vicepresidente di Confindustria Alberto Bombassei è ben poco confortante nella sua lucidità: “Il modello italiano non è più vincente come una volta: qualcosa si è inceppato. Siamo in presenza di segni di preoccupante debolezza: un trend questo che non è più congiunturale ma strutturale. L’Italia ha perso peso a livello internazionale, ed è minacciata dalla contraffazione”.

D’altro canto, buona parte del Governo si mostra ottimista, e considerando i problemi attuali come il risultato inevitabile di una fase di transizione congiunturale si proclama fiducioso nel fatto che si è nella giusta direzione.

Al di là dei legittimi tentativi di tenere il morale più in alto possibile, è assolutamente condivisibile l’analisi dell’economista Innocenzo Cipolletta: sia che si tratti di una situazione transitoria e congiunturale, sia che si tratti del frutto di un problema strutturale di più ampia portata, resta il dato di fatto che siamo rimasti indietro, e che a prescindere dalla spiegazione che vogliamo dare a questa circostanza ci troviamo nella necessità impellente di reagire con forza, con determinazione, per evitare di restare schiacciati in una spirale al ribasso che rischia di tagliarci fuori da un mercato ormai mondiale.

Il punto è ben centrato dal Ministro degli Esteri Gianfranco Fini, forse il relatore in maggior sintonia con la platea, quando afferma: “La situazione è delicata, ma non drammatica”. E ancora: “Possiamo sottrarci al confronto, chiudere le frontiere, ma è una scelta suicida perché i nostri prodotti non avrebbero più sbocchi”.

Il messaggio è chiaro: al di là delle previsioni sull’andamento futuro, che dipendono inevitabilmente dalle idee e dalla sensibilità di ciascuno, dobbiamo pensare ad agire nel migliore dei modi nel presente, e di portare avanti un’azione coordinata per rimettere in moto una macchina produttiva di cui non bisogna lasciar aggravare il rallentamento.

Certo è vero quanto affermato dal Ministro delle Attività Produttive Antonio Marzano, che “anche gli imprenditori devono fare la loro parte”, ma il Governo da parte sua non deve in ogni caso dimenticare l’essenziale ruolo propulsivo che esso può giocare in questa difficile e delicatissima fase della nostra storia economica. Non si vogliono mettere in dubbio i meriti del Governo, che ha fatto importanti passi sulla strada del maggior sostegno alla nostra piccola e media imprenditoria, soprattutto con le misure, attuate ed in cantiere, sulla competitività, nonché attraverso la creazione di uno sportello che consentirà un’azione più rapida ed efficace di denuncia contro gli atti di concorrenza sleale da parte delle imprese. Ma la strada è ancora lunga, e gli interventi che possono, e devono, essere realizzati sono ancora tanti, soprattutto per quanto riguarda le garanzie di rispetto delle regole, l’internazionalizzazione delle produzioni e la promozione nel mondo del Made in Italy, ancora eccessivamente affidata alla creatività ed allo spirito d’iniziativa individuale.

Come ha fatto notare il Ministro Fini, con un paragone calzante: “L’apertura dei mercati è come un’onda che solleva tutte le barche, ma se è troppo forte, affonda le più piccole”.

Allora, è giunto il momento di cominciare a rafforzare, insieme, la nostra flotta, affinché possa resistere senza danni né perdite all’impatto con questo cambiamento economico epocale che ci troviamo a vivere da protagonisti.  

 

 




 
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