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23 feb 2005Il Convegno dei Missionari in emigrazione, i lavori della seconda giornata

(Italia Estera) - Roma – La seconda giornata di lavori del primo convegno internazionale dei missionari italiani in emigrazione è aperta dall’intervento fuori programma del Ministro per gli Italiani nel Mondo  Mirko Tremaglia che prende la parola per esprimere la sua commozione per i saluti indirizzati dal Pontefice Giovanni Paolo II in persona ai convenuti all’incontro di stamattina. “E’ una enorme gratificazione, perché quando parla il Papa, parla a tutto il mondo”.

 

Modera la prima parte dei lavori Giulio Picheca, Console Generale d’Italia a Charleroi. Un consolato dal grande valore simbolico per la forte componente di immigrazione italiana nella regione (e la presenza di ben 3 Comites) ma soprattutto perché legato alla tragedia di Marcinelle che vide la morte di 136 minatori italiani e della quale ricorrerà il cinquantenario l’8 di Agosto del prossimo anno.

 

Ricco di contenuti l’intervento di Monsignor Luis Demetrio Valentini, Vescovo di Jales in Brasile, che dopo essersi soffermato sul valore inestimabile dell’azione dei missionari  nell’aver creato un vincolo speciale fra l’Italia e il Paese latinoamericano, racconta all’assemblea l’esperienza del Forum Sociale Mondiale dell’Emigrazione tenutosi a Porto Alegre nel Gennaio di quest’anno. Un evento da cui è emersa una riflessione fondamentale: “Senza i flussi migratori l’assetto mondiale non avrebbe funzionato, i migranti sono profeti di cambiamenti salutari e necessari dell’umanità”.

A questa riflessione si somma quella sugli effetti dannosi della situazione irregolare di molti migranti: “Ci specula il paese d’origine perché questi lavoratori non possono investire i loro soldi nei paesi in cui si trovano ed inviano maggiori rimesse, e ci specula il paese di destinazione perché può sfruttare il lavoro in nero”. Il prelato ricorda infine quanto sia importante l’apporto delle comunità migranti nella trasformazione della condizione demografica di un paese e cita il caso della sua stessa famiglia che da sola ha quasi ripopolato il Brasile: “Mio nonno aveva quattordici fratelli ognuno dei quali ha avuto una famiglia di almeno dieci figli”. “I Migranti – conclude Monsignor Valentini - sono portatori di vita”.

 

Il Console Generale d’Italia a Vancouver Giorgio Visetti spiega come la stima così profonda che nutre nei confronti dei missionari proviene dalla sua esperienza personale in Angola dove “in una situazione di guerra in cui non si poteva neanche più parlare di società civile, tutti scappavano e loro erano gli unici a rimanere”. Rispetto alla sua attuale esperienza di console Visetti fa notare come i missionari siano fondamentali nell’intento di “mettere in rete il sistema di associazioni italiane all’estero con il cosiddetto sistema-Italia”.

 

Fuori programma l’intervento di Monsignor Giuseppe Orlandoni, Segretario della Commissione Episcopale per le Emigrazioni (CEMI) e Vescovo di Senigallia che ci tiene a ringraziare i missionari “perché confermano l’identità della Chiesa italiana che è una Chiesa di popolo e quando il popolo è in mobilità si muove anche la Chiesa”. Allo stesso tempo il Vescovo fa notare come l’età media dei missionari presenti sia piuttosto alta ed esprime l’augurio che “ci siano delle forze giovani a prendere il testimone dalle vostre mani”.

 

Quasi a dare compimento all’augurio del Vescovo interviene subito dopo la voce più giovane presente al convegno: quella di Don Andrea Fulco, classe 1975, missionario da due anni presso la St. Peter Church di Londra. Ed è appunto di giovani che parla il sacerdote pallottino: “Il nostro problema attuale è il distacco delle nuove generazioni dalla religione in una città così multiculturale e secolarizzata come Londra”. D’altra parte il sacerdote segnala il fenomeno di un nuovissimo flusso di italiani che arrivano a Londra in cerca di lavoro e, scontrandosi con le difficoltà della vita nella capitale britannica, trovano nella Chiesa che parla la loro madrelingua un punto d’appoggio. “Porto anche l’esperienza di molti ragazzi italiani sieropositivi che hanno trovato la fede prima di morire e altri giovani italiani che hanno avuto il loro avvicinamento alla chiesa proprio nelle carceri inglesi”.

Segue l’intervento di Giovanni Marocco, Console Generale d’Italia a Rosario che ringrazia il Ministro Tremaglia per il suo interessamento costante verso l’Argentina e i missionari scalabriniani con i quali sente di condividere, in quanto console, un destino comune. “Missionari e Consoli, anche se su molte questioni possono non essere sempre d’accordo, sono legati dallo stesso obiettivo di fondo: lavorare per l’identità italiana”.

 

Padre Piergiorgio Bartoli porge il saluto della Famiglia religiosa dei Passionisti, un ordine che non ha come compito specifico quello dell’assistenza ai migranti ma di fatto possiede anche questo tipo di esperienza come nel caso di Padre Bartoli che ha trascorso molto tempo in Indonesia come missionario. Il suo ringraziamento va agli emigranti italiani per essersi fatti apprezzare, fra le altre qualità, proprio per la fede fervente che li ha aiutati nei momenti più difficili.

 

TAVOLA ROTONDA

La tavola rotonda intorno al tema “A servizio di una formazione integrale” è introdotta e moderata dal Console Generale d’Italia a Chicago Eugenio Sgrò. Il Console ricorda l’importanza storica della Chiesa come fulcro dell’attività associativa e il suo ruolo nel tenere vive l’identità e la lingua italiana. La missione dei Padri Scalabriniani negli Stati Uniti non si è limitata al portare la fede ma è stata una vera e proria missione di guida che ha contribuito a formare negli italiani la mentalità di leadership che li ha portati così in alto. L’azione degli Scalabriniani ha seguito quattro linee principali: l’assistenza agli anziani…

 

Inizia con i toni di una leggera polemica l’intervento di Padre Gabriele Parolin delegato delle missioni cattoliche in Germania e Scandinavia che riporta le parole di un emigrato italiano che si chiedeva “Cosa valiamo oggi per l’Italia noi emigrati?”. Negli anni sessanta, ricorda il sacerdote, valevano esattamente la quantità di sacchi di carbone che riuscivano a riempire, “solo i missionari non li consideravano forza lavoro ma persone”. Oggi la situazione è cambiata, ma se è stato difficile diventare cittadini tedeschi lo è anche essere cittadini italiani. Il sacerdote parla della passione che deve avere ogni missionario nel dedicarsi alla sua comunità. “Una passione che, grazie a Dio, ha intaccato anche un nostro ministro” conclude indicando Mirko Tremaglia che siede alla sua sinistra.

 

Padre Paolino Amedeo porta la sua testimonianza di missionario fra gli italiani in Svezia e racconta del suo rammarico quando l’Ambasciata italiana nel Paese scandinavo ha negato i finanziamenti alla sua associazione perché oltre agli italiani, raccoglieva emigrati di altre nazionalità.

 

Il missionario Padre Alberto Vico tesse gli elogi della comunità italiana a Londra che ha dimostrato la sua generosità nel finanziare la costituzione di Villa Scalabrini, la “Casa degli anziani italiani in Inghilterra”.

 

Padre Antonio Simeoni riporta le lamentele della comunità presso cui è in missione in Lussemburgo in merito a due questioni tecniche: la soppressione di alcune linee ferroviare che portavano direttamente in Italia da vari punti nevralgici dell’Europa e il fatto che molti programmi della televisione italiana siano criptati, in particolare questo si verifica con i cartoni animati ed il calcio.

 

Padre Savino Bernardi affida al Ministro Mirko Tremaglia la preoccupazione espressa dai 300 missionari italiani nelle Filippine di cui è delegato. Il Governo di Manila ha limitato a tre anni, prorogabili a sei, il permesso di permanere nelle Filippine per gli stranieri.

 

Padre Silvano Ridolfi interviene per fare un bilancio del Convegno per il quale esprime soddisfazione. L’unica nota negativa l’eccessiva presenza di “capelli bianchi e teste pelate”. Un riferimento ad uno dei problemi più attuali della Chiesa europea, più volte toccato nel corso dei lavori, quello della mancanza di nuove leve, della crisi di vocazioni. Un problema che sembra riequilibrato dall’esperienza africana, quella che riporta Padre Aldo Viti, missionario in Costa d’Avorio, che parla di un paese giovane (il 70% della popolazione non raggiunge i trent’anni) e di recente evangelizzazione in cui la vocazione raggiunge anche i giovani e soprattutto le giovani locali, la cui presenza è sempre più indispensabile in ospedali, scuole e in tutti gli ambiti del sociale.

 




 
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