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21 feb 2005Laspro:''Lasciamo che i veri emigranti ci rappresentino in Parlamento''

(Italia Estera) - BUENOS AIRES - Gaetano Cario (nella foto) intervista l'avv. Antonio Laspro Consigliere del CGIE : ''Lasciamo che i veri emigranti ci rappresentino in Parlamento'' L'avvocato Antonio Laspro è, certamente, una delle figure più note nella nostra collettività come lo provano gli incarichi che gli sono stati affidati: consigliere del CGIE; membro del Comites del quale è stato in due mandati, presidente; presidente della Federazione delle Associazioni Lucane in Brasile e membro della Consulta dell'Emigrazione della Regione Basilicata, consigliere della Federazione Unitaria della Stampa Italiana all'Estero (Fusie).

D.- Si avvicina la prima riunione plenaria del 2005 del CGIE. Non è difficile prevedere che, all'ordine del giorno, ritorneranno i soliti insoluti problemi. Le ormai multidecennali questioni lasciano indifferenti i politici che si sono susseguiti al governo negli ultimi lustri. Qual è la tua opinione in merito?
R.- Son stato membro del CGIE nel precedente mandato, sono stato rieletto in questo e ho partecipato alle prime riunioni del nuovo Consiglio Direttivo e, nuovamente, siamo stati costretti, per l'incompimento delle promesse, a ridiscutere sui temi di sempre. Ho riletto, recentemente, gli atti della seconda Conferenza nazionale dell'Emigrazione, svoltasi a Roma nel 1988, ebbene, non sono stati fatti passi in avanti. La colpa non è di questo o dei governi precedenti, semplicemente, alla classe politica italiana manca la volontà politica di soddisfare le istanze degli italiani all'estero. Prendiamo, per esempio, la questione della dichiarazione dei redditi chiesta dall'INPS ai beneficiari all'estero: chi non l'avrebbero inviata ? minacciarono ?
avrebbe sofferto la sospensione del beneficio, invece, sono stati puniti quelli che hanno ottemperato a quest'obbligo che hanno visto decurtata la tutt'altro che ingente cifra che riscuotevano e, poi, chi ci va di mezzo? I Patronati accusati di informare male.

D.- Non ritieni che sia indispensabile una riforma della legge che istituisce il CGIE dato che è assurdo che un organismo che deve rappresentare le comunità all'estero sia formato, in gran parte, da consiglieri residenti in Italia nominati dai partiti, dalle associazioni per gli emigranti operanti in patria i quali obbediscono alle forze
politiche italiane?
R.-Certamente, soprattutto se si considera che, oltre ai consiglieri residenti in Italia, molti di quelli che vengono dall'estero sono nominati dai partiti per cui non godono della necessaria indipendenza di criteri. E' così che gli autentici rappresentanti degli emigrati si riducono a una sparuta minoranza. E' naturale che le loro opinioni non abbiano peso alcuno al momento delle decisioni. Allora, è proprio necessaria una riforma della legge per dare ai veri italiani all'estero
il ruolo di interlocutori tenendo in conto, pure, che i membri residenti in Italia hanno la possibilità di avere contatti permanenti con le istituzioni dello Stato, governo, ministeri, parlamento e, quindi, di usufruire di una maggiore influenza rispetto a coloro che vivono fuori
dalle frontiere a decine di migliaia di chilometri di distanza e che, pertanto, in patria viaggiano solo sporadicamente.

D.- C'è un altro aspetto che va rimarcato: i consiglieri che vengono eletti per il Comitato di Presidenza e come vicesegretari di aree continentali, vengono scelti dall'assemblea plenaria nella quale, come abbiamo detto, i "romani" sono maggioranza e votano senza conoscere i candidati. Lo stesso discorso vale anche per i consiglieri provenienti da altri continenti che ignorano, per forza di cose, i valori di coloro che vengono da altre aree. E' necessario cambiare la legge in modo che,
a votare i vicesegretari di area continentale, siano solo i consiglieri di quella zona. Che ne pensi?
R.- C'è di più: l'elezione a queste cariche avviene nella prima riunione del CGIE, quando, cioè, i rappresentanti dei vari paesi e continenti non conoscono pregi e difetti dei candidati. E' un'esperienza che ho vissuto personalmente quando ho dovuto dare il mio voto a persone che io non conoscevo affatto. E' così che, a decidere, in definitiva, sono sempre quelli di Roma.

D.- Siamo già, praticamente, in piena campagna elettorale per l'elezione dei diciotto deputati che ci rappresenteranno a Montecitorio.
Dall'Italia è già`cominciata la processione dei partiti italiani, specialmente quelli dell'Ulivo, impegnati a preparare le liste di candidati. Come è la situazione in Brasile?
R.- Non ho mai visto venire in Brasile tanti dirigenti di partiti come negli ultimi tempi. Per rendermi conto di cosa bolle in pentola, ho assistito ad alcune delle riunioni convocate da questi delegati in missione elettorale. Io mi domando: perché, noi italiani all'estero non
ci organizziamo per scegliere dei rappresentanti che difendano i nostri diritti e non gli interessi dei partiti italiani? E' giunto il momento di formare una lista di veri emigrati.

D.- La comunità italiana, qui a San Paolo, ha cominciato a respirare aria di elezioni?
R.- Nel Patronato che io dirigo, ho modo di parlare quotidianamente con molti connazionali i quali esprimono, in ogni caso, il desiderio di essere rappresentati da persone che vivono in carne propria i problemi dell'emigrazione. Essi conoscono quei dirigenti che si sono
costantemente e veramente occupati dei loro problemi, che hanno lavorato per risolverli, al di là di eventuali tessere di partito in tasca.

D.- Ho un'altra questione da proporti: coloro che ci rappresenteranno a Montecitorio in carattere di deputati, dovrebbero essere italiani nati in patria e non dei discendenti naturalizzati che della realtà della nostra comunità conoscono poco e della politica italiana quasi nulla.
Costoro dovrebbero, invece, cercare di occupare posti di rilievo nella politica locale, cioè del Paese dove sono nati e dove hanno i loro interessi. Cosa ne pensi?
R.- Su questo punto, non dovrebbe esserci dubbio alcuno. Non è possibile servire due padroni, come l'Arlecchino di Goldoni e, quindi, essi devono scegliere: o di qui o di là. Lasciamo che coloro che sono venuti come emigranti dall'Italia ci rappresentino, anche come riconoscimento del loro lungo impegno a favore della collettività.

D.- C'è una tendenza, almeno nella collettività italiana in Argentina, alla quale appartengo, a ritenere che sia ormai giunto il tempo di cedere alle nuove generazioni la responsabilità di dirigere le nostre associazioni. Io sono convinto che ciò sia ineluttabile, ma, prima, devono prepararsi.
R.- Ci sono dei presuntuosi ? non tutti, fortunatamente ? che si ritengono capaci di dirigere le nostre società. Grazie a Dio la maggior parte dei nostri giovani sono consapevoli dei propri limiti e della necessità di prepararsi facendo tesoro delle esperienze dei "vecchi".

D.- Parliamo della comunità italiana in Brasile in relazione alle difficoltà che si vivono nell'America del Sud...
R.- Dicono che noi, in Brasile, stiamo meglio di voi in Argentina. Io vivo da 38 anni in questo Paese e posso dire che i ceti più bassi qui stanno male.

D.- Io mi riferisco alla collettività italiana...
R.- Purtroppo ci sono molti connazionali che soffrono grandi penurie. Come consultore della Basilicata, ho chiesto aiuti alla mia Regione e, devo riconoscere, che, negli ultimi tre anni, sono venuti incontro alle nostre richieste. Lo fanno anche altre Regioni, come quella della Calabria, della Sicilia, del Veneto. Ci sono dei connazionali che vivono in una miseria totale.

D.- I contributi per l'assistenza che riceve il Consolato Generale sono sufficienti?
R.- Servono per alleggerire i bisogni più urgenti, non bastano per risolvere molti problemi.

D.- Allora, è necessario insistere sull'istituzione dell'assegno sociale o come lo si voglia chiamare...
R.- Certamente. A Roma ci fanno osservare che, chi ha lavorato all'estero, deve ricevere una pensione locale e anche l'assistenza, al che noi obiettiamo che, in questi Paesi dell'America del Sud, le pensioni sono assolutamente insufficienti alla sopravvivenza e che, in conseguenza, l'Italia deve venire incontro ai bisogni dei propri cittadini all'estero. La pensione sociale, pertanto, deve essere estesa anche ai cittadini fuori dalle frontiere dato che si tratta di cittadini
di serie A come quelli residenti in patria.

D.- Ho constatato che, ultimamente, si registra un maggiore interesse per la stampa di collettività. Sono sorte numerose iniziative di carattere editoriale. Tu pensi che siano sufficienti per riempire la carenza di informazioni?
R.- No, la collettività ha bisogno di una maggiore informazione, soprattutto in vista delle elezioni politiche.. Io, per abbonarmi al cavo che trasmette i programmi di Rai International, devo pagare 100 dollari al mese, ma non tutti sono in grado di pagarli. Ben vengano,
quindi, nuove iniziative nel campo delle comunicazioni e lo Stato italiano deve sostenerle finanziariamente. La Fusie sta lottando intensamente a questo scopo e il presidente De Sossi è riuscito a ottenere della pubblicità per la stampa all'estero, ma non basta.

D.- Io insisto da anni che le multinazionali italiane che operano in questi Paesi, e che spesso sono a partecipazione statale, devono aiutarci con la pubblicità. Lo stesso devono fare i moltissimi imprenditori che dirigono imprese commerciali e industriali, piccole e medie.
R.- Hai ragione. Tutte queste aziende fanno pubblicità sui giornali e sulle riviste locali e non su quelli della collettività.

D.- Come funziona il Comites di San Paolo? Sino alle ultime elezioni era composto da 24 membri, l'ultimo è stato ridotto a 12. Come mai?
R.- La colpa è nostra perché moltissimi connazionali non si sono iscritti all'Anagrafe e molti altri non sono stati trascritti nell'AIRE.
Purtroppo, molti Comuni non hanno personale sufficiente per questa operazione e non c'è molto interesse a compierla perché temono rientri in massa. Per quanto riguarda il funzionamento, la consapevolezza di essere solamente un organo consultivo e non decisionale, frena un poco l'entusiasmo col quale i Comites erano stati visti al principio. Mancano pure i fondi per iniziative di spessore.

D.- Cosa pensi del console generale, il dottor Bertinetto? Ho sentito che ci sono state delle critiche.
R.- E' un console che si occupa veramente dei problemi della comunità. Le critiche, se sono costruttive, ben vengano, ma quelle a cui tu ti riferisci, non lo erano affatto. Non spetta al console intervenire sull'operato di una multinazionale, è un dovere della magistratura. Da
quando vivo in Brasile, questo è uno dei consoli fra i migliori che ho conosciuto.

D.- La nuova sede consolare è adeguata alle necessità di una collettività grande come quella della circoscrizione?
R.- Da tempo si veniva discutendo su questo problema senza, però, mai arrivare a una soluzione. E' arrivato questo console che ha posto la parola decisiva, merita, quindi, un applauso.

D.- Mi hanno detto che sono calate le domande di doppia cittadinanza. E' vero?
R.- Il console generale, Bertinetto, è riuscito a eliminare lo spettacolo poco edificante, delle code in strada, davanti al Consolato.
Purtroppo, con la scadenza dei contratti a termine degli impiegati contrattati per l'emergenza cittadinanza, si rischia di tornare ai tempi lunghissimi per le pratiche di questo genere.
Ci auguriamo che, con la nuova sede e con la collaborazione del Comites, delle Associazioni italiane, dei Patronati, si possa rimediare alla mancanza di personale.


D.- Che altro vuoi dire?
R.- Che è necessario che i politici italiani cambino di mentalità. Per esempio: ci invitano a diffondere la lingua e la cultura italiana e, poi, ci lesinano i fondi per farlo. Ora che abbiamo il voto devono capire che siamo cittadini alla pari di quelli che vivono in patria.
Io vorrei, inoltre, lanciare un appello alla comunità italiana affinché si unisca per eleggere dei rappresentanti in Parlamento capaci di portare in quella sede i nostri problemi con forza. Bisogna scegliere le persone che hanno dimostrato di voler difendere , con competenza e
impegno, i diritti degli italiani all'estero e, in particolare, quelli dei connazionali che vivono in Brasile.
                                                                                 
Gaetano Cario

 

 




 
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