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15 gen 2005OPINIONI / CASA DOLCE CASA, MA QUANTO MI COSTI ! ++di Dino Nardi++

 
Nella sua rubrica “Immigrazione & dintorni” in AREA, settimanale svizzero di critica sociale, in edicola oggi, Dino Nardi commenta le conseguenze sugli italiani all’estero della politica fiscale del governo italiano
 
 
CASA DOLCE CASA, MA QUANTO MI COSTI !
 
 
(Italia Estera) - ZURIGO - Ridurre le tasse! Ecco una promessa sempre vincente in campagna elettorale. Poi, evidentemente, non è sempre facile mantenerla da parte di chi viene premiato dall’elettorato e si ritrova a dover governare il Paese.
Questo è accaduto anche al presidente del consiglio italiano, Silvio Berlusconi, che solo quasi a fine legislatura ha capito il guaio che avrebbe comportato per lui  non aver mantenuto la promessa di ridurre le tasse fatta prima delle elezioni del 2001. Così che, dopo un lungo tormentone con polemiche a non finire ed il tira e molla con il Ministro dell’Economia Siniscalco, il presidente del Consiglio è riuscito a far inserire ed a fare approvare nella legge Finanziaria 2005 una modifica delle aliquote di tassazione per l’imposta sul reddito delle persone fisiche  (IRE, già IRPEF). Attraverso questa modifica il capo del governo ha ritenuto di aver mantenuto con il popolo italiano la sua promessa elettorale di riduzione dell’imposizione fiscale ed ha cercato di convincere in tal senso l’elettorato, con la sua indiscussa dote di grande comunicatore ed il forte supporto mediatico delle televisioni delle quali ha, ormai, il controllo assoluto: vuoi come proprietario, nel caso di Mediaset, o di capo dell’esecutivo in quello della Rai.
 
Ovviamente tutto ciò non è vero o, meglio, lo è solo in parte. Innanzitutto perché con le nuove tre aliquote di tassazione introdotte (23% per un reddito annuo fino a  26 mila euro, 33% fino a 33'500 euro e 39% oltre i 33'500 euro; con un contributo di solidarietà del 4% per i redditi superiori ai 100'000 euro all’anno), e sia pure con le nuove deduzioni per il coniuge e figli a carico, il vantaggio fiscale maggiore sarà per quei contribuenti che hanno redditi medio alti, come stanno a dimostrare le proiezioni fatte da diversi tecnici in materia fiscale. In secondo luogo perché le conseguenze del minor gettito fiscale per le casse del Tesoro comporterà, tra l’altro, una riduzione dei trasferimenti finanziari dallo Stato alle Amministrazioni locali.
Pertanto, per poter mantenere gli impegni finanziari e garantire i servizi pubblici ai cittadini, come la sanità ed i trasporti, tanto per citare un paio di esempi, le Regioni, le Province ed i Comuni saranno poi costretti ad aumentare le imposte locali come già accaduto anche negli ultimi anni. Basti pensare, per esempio, a quanto è avvenuto nella tassazione degli immobili (case e terreni) per i quali, prima (nel 1992) è stata istituita l’Imposta Comunale sugli Immobili (ICI) e, poi, proprio questo governo ha accresciuto notevolmente il peso fiscale di questa imposta, attraverso una forte rivalutazione degli estimi catastali, cioè del valore degli immobili, sul quale viene calcolata. Un carico fiscale che sta preoccupando il settore immobiliare e mettendo a dura prova le famiglie proprietarie della loro abitazione che, in Italia sono la stragrande maggioranza (circa i ¾ delle famiglie).
Ma si è venuta a creare anche una situazione che penalizza notevolmente tutti gli emigrati italiani proprietari di una abitazione in Italia, che specialmente in Svizzera sono molto numerosi. Abitazioni acquistate a suo tempo con mille sacrifici quando, nei primi anni di emigrazione, l’obiettivo di tutti gli emigrati era quello di ritornare poi in Italia per sempre e che oggi, da parte di coloro che non hanno potuto realizzare quel sogno, sono tenute a propria disposizione ed  utilizzate per trascorrervi le ferie o per brevi soggiorni ogni qualvolta se ne presenti l’occasione. Abitazioni che, peraltro, nonostante le ripetute sollecitazioni e richieste dell’associazionismo, dei patronati, dei Comites e del Cgie, non sono considerate “abitazioni principali” dalla legge italiana e quindi escluse dalle facilitazioni fiscali previste, invece,  per quelle abitate stabilmente dai residenti in Italia. Pertanto queste case sono diventate proprietà i cui costi sono sempre più insopportabili per tantissimi emigrati. Infatti, oltre all’ICI, la casa in Italia per gli emigrati comporta anche il pagamento dell’imposta sul reddito (se sfitta, sulla base del così detto reddito catastale) con i relativi impicci burocratici legati alle relative dichiarazioni e pagamenti. Senza poi dimenticare i costi per: gli scarichi delle acque, lo smaltimento dei rifiuti solidi (anche se l’immobile viene utilizzato solo per brevi periodi durante l’anno), oltre alla spesa minima mensile per l’allacciamento alla rete idrica, per quella della corrente elettrica, del gas ed infine per l’abbonamento annuo alla Rai.  E, dulcis in fundo, l’obbligo per gli emigrati italiani o, comunque, per i residenti nella Confederazione e proprietari di un bene immobile in Italia della sua denuncia anche al fisco elvetico ai fini dell’imposta sulla sostanza, conformemente alla convenzione italo-svizzera in materia fiscale del 1976.
 
Come dire: casa dolce casa, ma quanto mi costi!
Ed è proprio questa considerazione che sta spingendo molti emigrati italiani a disfarsi delle loro proprietà in Italia.
Peccato! Poiché quasi sempre è proprio la proprietà di un appartamento o di una casa che tiene legati all’italianità ed all’Italia gli emigrati ed i loro discendenti con tutti i benefici che ne derivano, anche in termini economici, per il Paese e sottovalutati purtroppo dai governanti italiani.
 
Dino Nardi
 
 
 
 

 




 
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